di Francesco Piccioni
Nelle botti piccola sta il vino buono. In tempi di lettori deboli, il vino buono è costretto a stare in testi brevi. Ma ci vuole arte.
L'operazione è riuscita a Giovanni Mazzetti, economista orgoglioso della sua eterodossia, con un illuminante critica del pensiero unico (Ancora Keynes? Miseria o nuovo sviluppo?, Asterios, euro 8). In meno di 90 pagine propone una corsa nella teoria economica e tra i pilastri delle grandi crisi del secolo scorso per illuminare «l'idiozia» - letterale - delle politiche applicate in piena recessione, a cominciare da quel «pareggio di bilancio» che è stato inchiodato a forza nella Costituzione.
Quel «pareggio» è stato «una conquista borghese» al tempo della lotta contro la monarchia assoluta.
Intervista a Gianni Rinaldini
di Stefano Galieni
Questa mattina un vasto comitato promotore si è recato presso la Cassazione di Roma per depositare per richiedere il ripristino integrale dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori e la soppressione dell’art. 8 emanato a suo tempo da Berlusconi in finanziaria. Del comitato promotore, in cui oltre a personalità si ritrovano molte forze della sinistra, fa parte Gianni Rinaldini, coordinatore nazionale dell’area programmatica “La Cgil che vogliamo”. A lui chiediamo le ragioni di questa campagna.
«L’iniziativa del referendum è su quesiti di grande rilevanza. L articolo 8 che annulla di fatto i contratti nazional. Prevalgono quegli aziendali in ogni aspetto, dal rapporto fra committente e appaltante alle telecamere che potranno vigilare sui lavoratori, fino alle modalità di applicazione di ciò che resta dell’art.18. Non era mai accaduto neanche negli anni 50 e tutto all’insegna delle liberalizzazioni. Un esempio? Monti ha emanato un decreto per la non applicazione contratto nazionale nelle ferrovie. Questo significa che sui treni di Montezemolo il contratto non vale, su quelli di Trenitalia finora si. Sull’art. 18 bisogna ottenerne il ripristino integrale dopo che per anni si è smantellata la sua portata. I due quesiti hanno poi una forte valenza politica: riportano al centro le questioni del lavoro con un fronte ampio che su altri temi è spesso diviso. Fa irrompere il lavoro nella campagna elettorale e questo è un fatto estremamente positivo visto che sappiamo quanto queste – da ultime le vicende dell’Alcoa ce lo confermano – sono esplosive».
di Loris Campetti
Caschi bianchi, gialli, arancione, blu. Bandiere sindacali, bandiere e fazzoletti dei 4 mori avvolti intorno al viso. Li indossano gli operai del «Sulcis in lotta» che cantano «Fortza Paris», operaie con t-shirt che anninciano: «Fiere di essere sarde». E tutti: «Non molleremo mai». Sono 500, sono tornati a Roma con il carico di rabbia di chi non vuole assistenza ma lavoro. Uno striscione a cento metri dall'ambasciata americana ricorda le origini dell'azienda che si vuole disfare di loro e della «loro» fabbrica: «Alcoa = U.S.A. e getta». Con loro ci sono i sindaci di un'isola a cui padroni e politica stanno togliendo il tappo per farla inabissare definitivamente.
di Lo. C.
Metti una sera a cena, con la Fiom. In realtà le cene sono una decina e i dibattiti ancora di più, dallo scorso venerdì fino a domenica prossima. I metalmeccanici della Cgil stanno chiamando a rapporto a Torino la politica - diciamo la sinistra in tutte le sue varianti, comprese quelle a cui il termine sinistra va stretto - e la società per capire se è possibile costruire un percorso comune, e con chi, per tirare il paese fuori dalle secche della crisi senza lasciarsi alle spalle il lavoro e i diritti.
Quello in corso a Torino è il primo appuntamento dopo l'assemblea del 9 giugno, quando il sindacato di Landini chiamò a confronto i segretari dei partiti antiberlusconiani, parlamentari ed extra, per sapere se il lavoro c'entri qualcosa con i loro programmi di governo.
di sbilanciamoci.info
Pubblichiamo il documento finale decimo forum di Sbilanciamoci! tenuto a Capodarco di Fermo 7-9 settembre 2012
La crisi italiana si fa più grave, la recessione è estesa in tutta Europa, la disoccupazione supera il 10% e colpisce un terzo dei giovani. È questo il risultato di cinque anni di crisi e delle politiche di austerità imposte dalla finanza e dall’Europa. Il governo Monti le sta realizzando in Italia all’insegna di un neoliberismo ideologico che non risolve i problemi, aggrava la crisi, minaccia la democrazia. È necessario un cambio di rotta.
Dalle iniziative di questi mesi e dalle discussioni alla “contro-Cernobbio” di Sbilanciamoci di Capodarco sono emerse sette proposte: