di Francesco Piccioni
La Fiom era circondata e doveva provare a uscire dall'angolo. Lo fa alla sua maniera, con intelligenza e determinazione, calcolando attentamente i rapporti di forza attuali, sul piano sindacale e su quello politico.
Al di là delle frasi di circostanza, appare infatti chiaro che delle forze politiche convocate a giugno per sottoporre loro il problema della tutela del lavoro, soltanto l'Idv di Di Pietro e gli «extraparlamentari» di Rifondazione, ecc, sono praticamente pronti a mettere in piedi un'iniziativa referendaria (sulla maggioranza del parlamento attuale, e forse anche del prossimo, è bene fare non troppo conto) per annullare la cancellazione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori e l'art. 8 della «manovra d'agosto» 2011, firmata da Maurizio Sacconi, che permette accordi aziendali in deroga ai contratti nazionali, alle leggi e forse anche ai dieci comandamenti.
di Vladimiro Giacchè
È un segno dei tempi che sia un banchiere, anzi IL banchiere europeo per eccellenza, Mario Draghi, a proporre all’opinione pubblica europea il più importante manifesto politico di questi mesi. Perché l’articolo del presidente della BCE pubblicato sul settimanale tedesco “Die Zeit” (con un titolo cretino che la dice lunga sulle ossessioni monomaniacali dell’establishment di quel paese: “Così l’euro resta stabile!”) è un vero e proprio manifesto politico.Certo, tutti i commentatori sono andati a cercare, in fondo al testo di Draghi, le parole sulla BCE e su quello che intende fare per evitare l’implosione dell’area valutaria. E non sono stati delusi. Draghi infatti afferma, a beneficio dei lettori tedeschi, che la BCE “farà quanto necessario per garantire la stabilità dei prezzi. Resterà indipendente.
di Dino Greco
Se si sfronda l'albero delle chiacchiere che infestano il dibattito politico, si scopre che un disegno, nitido, si va affermando. Si è incaricato di portarlo alla luce Francesco Giavazzi attraverso un editoriale del Corrierone, dove si disvela lo scenario seguente. Poche storie – dice senza mezzi termini il guru bocconiano – se si vuole uscire dalle secche della crisi bisogna continuare, dopo Monti, la strada che Monti medesimo ha tracciato: chinarsi al volere dei mercati, “rassicurarli” - dice lui – e per farlo blindare le riforme che hanno illuminato la strategia del governo in carica. Giavazzi ne indica, a titolo esemplificativo, due: il taglio delle pensioni e l'introduzione dell'Imu, ma si capisce bene che l'elenco potrebbe continuare.
di Linda Santilli
Il punto di partenza è la crisi. Il contesto di riferimento, per circoscrivere il campo, è l’Europa delle banche. La postazione specifica da cui osserviamo, in cui viviamo, è l’Italia del governo che risponde all’Europa delle banche. E l’epoca è quella di un in profonda metamorfosi economica, sociale, perfino antropologica avvenuta in questi anni, e di uno spaesamento conseguente complessivo per non saper più connettere i fili di quanto accade sotto i nostri occhi ed averne conoscenza piena per operare cambiamenti.
Ma qui il nostro punto di partenza sono anche le donne. Vediamo perché.
Sono le donne a pagare il prezzo più alto della crisi economica in atto, ed a subire con maggiore intensità gli effetti delle misure adottate dai governi europei per pareggiare i bilanci ubbidendo al diktat delle grandi oligarchie finanziarie internazionali.
di Massimiliano Lombardo
Siamo quelli con meno di 40 anni, cresciuti tra Happy Days e Dawson’s Creek, che hanno nel fallimento il comune denominatore. La prima generazione dal dopoguerra a stare peggio dei propri genitori. I più formati che questo Paese abbia mai avuto, ma anche le risorse che meno ha utilizzato. Per non parlare dei debiti che gentilmente ci sono stati messi sulle spalle e che, nel caso riuscissimo a venire fuori dalle sabbie mobili, ci toccherà estinguere. Tanto per saldare il conto del benessere dei nostri carnefici. Noi che non andremo in pensione e che le parole “mettere su famiglia” o “avere un progetto di vita” ci paiono fantascientifiche. Siamo la Generazione Perduta, tanto per usare le parole del premier Mario Monti che qualche settimana fa, in barba ai proclami d’inizio mandato, ha ammesso di non poter far nulla per noi.