di Paul Krugman
L’AGENDA DELL’AUSTERITY
“Il tempo giusto per le misure di austerità è durante un boom, non durante la depressione”. Questo dichiarava John Maynard Keynes 75 anni fa, ed aveva ragione. Anche in presenza di un problema di deficit a lungo termine (e chi non ce l’ha?), tagliare le spese quando l’economia è profondamente depressa è una strategia di auto-sconfitta, perché non fa altro che ingrandire la depressione.
Allora come mai la Gran Bretagna (e l’Italia, la Grecia, la Spagna, ecc. NDR) sta facendo esattamente quello che non dovrebbe fare?
Al contrario di paesi come la Spagna, o la California, il governo britannico può indebitarsi liberamente, a tassi storicamente bassi.
di Carmine Fotia
Claudio Fava può vincere in Sicilia? È la prima domanda cui deve rispondere chi ha sostiene la candidatura dell'esponente di Sel alla presidenza della Regione, anche perché in Sicilia si deve rispondere al coro che bolla come "populista" chiunque si differenzi dal conformismo emergenziale. Salvo poi scoprire che sono proprio i drop-outs a interpretare sentimenti dell'opinione pubblica che le oligarchie di partito non riescono ad avvertire.
La prima ragione per cui Fava può vincere è che può ben rappresentare, come ha già fatto Orlando a Palermo, la voglia di rottura con il sistema di potere che opprime la Sicilia e contro il quale (lo ha ricordato Antonio Ingroia nel suo ultimo libro) ciclicamente la Sicilia si ribella, spezzando vecchie complicità che l'attraversano, se intravede una speranza radicale ma concreta.
di Giulio Marcon
Dalle discussioni estive sulle alleanze politiche in vista delle prossime elezioni e sulle prospettive di governo sta mancando completamento il merito: il programma e gli obiettivi che sarebbe necessario darsi per fronteggiare la crisi e avviare un modello di sviluppo radicalmente diverso da quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi. E scompaiono - dal dibattito politico - da una parte la società con le sue sofferenze e dall'altra i soggetti (il lavoro, i movimenti, la società civile) che dovrebbero essere il perno di un cambiamento radicale del paese.
Prevale, per parafrasare il detto gramsciano, una logorante "guerra di posizionamento" in cui a farla da padrone sono le continue mosse e giravolte tattiche, le battute e la loro esegesi, il detto e il non detto, gli equilibrismi sul nulla, i minuetti che cambiano di tonalità ogni giorno, le foto più o meno sfocate: cioè il rito di una politica autoreferenziale a destra come - ahinoi - a sinistra.
di Stefano Caselli, Emiliano Liuzzi e Elisabetta Reguitti
“L’Italia è una Repubblica fondata sulla speranza di lavoro”. Un’ipotetica assemblea costituente di giovani, oggi, il primo articolo della Costituzione probabilmente lo scriverebbe così. In cinque anni gli occupati sotto i 35 anni sono diminuiti del 20 %. Significa che sono 1.386.000 i ragazzi sotto i 35 anni che cercano un lavoro. Chi ha in tasca un diploma, una laurea o una specializzazione e non sa più a che porta bussare e chi un lavoro ce l’aveva ma lo ha già perso o prova a difenderlo con le unghie e i denti. Sono i figli che hanno la (quasi) certezza che ciò che avranno sarà meno di quello che hanno avuto i genitori, ma non solo: in questa Italia del 2012 anche essere figli minori diventa un handicap.
di Patrizia Sentinelli
“Ripareremo: mandaremo Prodi al Quirinale” ha detto Niki Vendola alla festa dell’Unità. Provo a replicare non per gusto della polemica, peraltro in questo periodo abusata da molti in politica, ma per difendere un passaggio particolamente delicato della storia della sinistra italiana e di Rifondazione Comunista che ha influito molto sulle scelte e sul carattere dell’opposizione al “pensiero unico” del centro sinistra che in quegli anni veniva a consolidarsi.
Le parole di Vendola mi sono apparse non solo superficiali e gratuite ma, cosa più grave, ispirate a un bisogno di piacere, di farsi accettare proprio da quel popolo e da quei dirigenti che in quel tornante più ci hanno attaccato duramente e accusato in ogni modo e luogo per aver troncato l’esperienza che consideravano molto progressiva del governo Prodi.