di Daniela Preziosi
Sarebbe «inaudito che la Gran Bretagna scegliesse la via di forzare l'ambasciata ecuadoriana», per prendere l'hacker Assange, ma «è un'eventualità che il governo inglese ha ormai saggiamente escluso». Anche perché «neanche l'esercito del golpista Pinochet, in Cile, decise di violare le residenze diplomatiche che si riempivano di perseguitati politici». Lo racconta l'ambasciatore Emilio Barbarani, del gruppo di formidabili diplomatici guidati da Tomaso de Vergottini che, benché non accreditati (l'Italia non riconobbe il governo nato dal golpe cileno dell'11 settembre 1973), salvarono oltre 700 persone accogliendole nell'ambasciata di Santiago, in Calle Miguel Claro. Un'esperienza che Barbarani racconta nel libro Chi ha ucciso Lumi Videla (Mursia).
Care compagne e cari compagni,
ci rivolgiamo al Coordinamento Provinciale, lo spazio che ci siamo dati per condividere la costruzione di SEL a Roma;
ci rivolgiamo alla Presidenza Nazionale, poiché crediamo che il gruppo dirigente nazionale per troppo tempo non abbia assunto la responsabilità di costruire SEL come corpo vivo, aperto, democratico e partecipato;
ci rivogliamo anche alle e agli iscritti e i simpatizzanti di SEL, perché crediamo che la responsabilità della costruzione di questa esperienza sia di tutte/i, senza esclusioni.
Lo scorso 26 giugno abbiamo partecipato a un’assemblea di compagne e compagni di SEL provenienti da storie e percorsi molto diversi, ma accomunati dall’affetto per la nostra impresa comune e dalla preoccupazione di fronte al rischio di vederla rattrappirsi.
La Sicilia vive uno dei momenti più drammatici della sua storia. Il cuffarismo e il lombardismo ne hanno decretato la bancarotta economica, il degrado morale e civile, la frantumazione sociale, il crollo degli assetti produttivi.
E’ necessario dare da subito una risposta credibile alle domande di cambiamento al lavoro che vengono avanti dai territori a difesa dei beni comuni, del diritto al lavoro, e contro il riproporsi dei meccanismi di accumulazione mafiosa. Occorre non solo evitare che la disperazione sociale imbocchi le strade del clientelismo, del qualunquismo, del ribellismo, dell’antipolitica. Serve che essa si trasformi in una grande risposta di massa per battere l’egemonia di Confindustria Sicilia e la subalternità neocorporativa dei gruppi dirigenti sindacali.
Nella serata di venerdì attraverso le pagine di un giornale locale, ( 7 giorni a Tortona), siamo venuti a conoscenza dell’ avvenuta denuncia da parte dei carabinieri nei confronti di alcuni braccianti, di alcuni sindacalisti e di alcuni attivisti politici e partecipanti ai presidi e alle attività di lotta svoltesi nei mesi scorsi in sostegno alla vertenza contro l’ azienda Lazzaro di Castelnuovo Scrivia, relativa al riconoscimento dei più elementari diritti dei lavoratori che vi prestavano opera.
Abbiamo ritenuto utile attendere almeno un giorno per scrivere questo comunicato per permettere ai diretti interessati di verificare l’ attendibilità di tale notizia, cosa poi rivelatasi impossibile nelle giornate di sabato e domenica.
di Maurizio Zoppi
Si è fatto attendere, il sostegno dell'Italia dei valori, ma alla fine la benedizione è arrivata: «Riteniamo opportuno candidare Claudio Fava». Così ieri il leader dell'Idv Antonio di Pietro e il sindaco di Palermo Leoluca Orlando hanno ufficializzato, con una conferenza stampa nel capoluogo siciliano, la scesa in campo del giornalista catanese nella corsa alla presidenza della Sicilia.
Una scelta incerta fino all'ultimo, visto che le opzioni sul tavolo dei dipietristi erano diverse. La più ambita fra tutte, quella del procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, corteggiato per mesi da Orlando. Alla fine Di Pietro ha deciso di virare su Fava, sebbene tra quest'ultimo e l'uomo più forte dei dipietristi in Sicilia, Leoluca Orlando, ultimamente non corresse buon sangue. L'appoggio di Sel alla candidatura di Fabrizio Ferrandelli a sindaco di Palermo in occasione delle ultime elezioni comunali, vinte da Orlando, aveva guastato il rapporto di amicizia tra i due fondatori, nel '91, del movimento La Rete.