di Carmine Tomeo
Si può morire anche a 14 anni sul lavoro. È successo ieri, in un cantiere nel leccese, dove un masso ha schiacciato un ragazzino 14 anni e l’ha ucciso. Quindi, vedi che si può morire sul lavoro a 14 anni, anche in Italia? Non lo sapevi? Ed invece è così.
Che dici, che a 14 anni si dovrebbe giocare a pallone? Certo, si dovrebbe. Però c’è pure chi a 14 anni sta in cantiere, mentre altri giocano a pallone. E poi, scusa, non lo sai che a 14 anni si è ragazzini proprio quando si gioca a pallone, mica quando si lavora in cantiere. Là, in cantiere e a quell’età, di solito sei un manovale, e comunque un irregolare, un lavoratore in nero. Me lo racconta pure mio padre, che ha cominciato ad andare in cantiere a 12 anni. Lui era manovale di “mastr’ Andrè” o di “mastr’ Peppe” o di qualche altro mastro… 45 anni fa. Che faceva mio padre in cantiere, ragazzino di 12 anni, 45 anni fa? Preparava la calce, portava sacchi da 50 chili di cemento sulle spalle, si arrampicava sui ponteggi. È pericoloso, sì è vero. E pericolo è pure, ad esempio, lavorare dove ci sono degli scavi, come stava facendo quel ragazzino di 14 anni nel leccese.
di Annamaria Rivera
Era l’alba degli anni sessanta quando un gruppo di adolescenti vide per la prima volta un cadavere: il corpo ricomposto a malapena di un ragazzo, loro compagno di vacanze estive al mare. Per ironia tragica della sorte, lui, campione di tuffi, era precipitato da un’impalcatura del cantiere che costruiva l’Italsider di Taranto. Era una delle prime vittime dell’acciaieria, oltre che di una bocciatura scolastica punita con l’obbligo di un lavoro estivo.
Lavoro nerissimo, controlli zero e neppure il minimo rispetto della sicurezza: era il sistema, che sarebbe diventato sempre più reticolare, degli appalti e dei subappalti, favorito dalla stessa Italsider per tagliare tempi e costi dei lavori e disporre di manodopera sottomessa. Quello fu solo uno degli omicidi bianchi più precoci, destinati a diventare la lunga sequela che avrebbe scandito la vita quotidiana della città.
di Alberto Lucarelli
Il dl n. 95/2012 sulla cd. spending review, in attesa di conversione in legge, contiene diversi elementi di dubbia compatibilità con il quadro costituzionale in materia di servizi pubblici locali, tanto più alla luce della recente sentenza della Consulta n. 199/2012. Ancora una volta il parlamento sta per convertire in legge un decreto del governo, che oltre a violare la volontà referendaria espressa da 27 milioni di cittadini il 12-13 giugno 2011 contro le privatizzazioni selvagge, calpesta la recente sentenza della Corte costituzionale che ha chiaramente affermato il cd vincolo referendario, ovvero che la volontà del popolo sovrano va rispettata da parlamento e governo. Francamente è quasi imbarazzante tornare sull'argomento a pochi giorni dalla sentenza della Corte, per denunciare la riproposizione di norme abrogate ed essere costretti ad invocare di nuovo l'impugnazione di tale atto.
Intervista a Paolo Ferrero
di Giorgio Salvetti
Paolo Ferrero, adesso che il matrimonio tra Bersani e Vendola è ufficiale, e Casini prima o poi sembra destinato a convolare a nozze con il centrosinistra, non rischiate l'isolamento?
Il governo Monti per noi non è una parentesi ma un governo costituente. E' il tentativo di uscita a destra dalla crisi della seconda repubblica, basta guardare allo smantellamento dello stato sociale, all'accettazione oggettiva delle politiche neoliberiste, al rapporto con l'Europa e i poteri forti, e al lavoro. Alcuni di questi provvedimenti sono binari per il futuro, costringono i prossimi governi a seguire la stessa linea: il fiscal compact obbliga l'Italia a tagliare 45 miliardi all'anno per venti anni. L'idea del Pd secondo cui adesso si dice sempre di sì a Monti ma finita la legislatura si riaprirà il gioco democratico è vuota di contenuti se non si chiarisce fin da ora che certi provvedimenti verrano totalmente rivisti: il fiscal compact, la riforma delle pensioni, l'attacco all'articolo 18. Altrimenti il fatto che al governo ci saranno le destre o il centrosinistra costituirà solo una variante ad un quadro prefissato. Per questo Nichi fa un grave errore ad aderire alla proposta del Pd.
Intervista a Giorgio Airaudo
di Riccardo Chiari
«Se si chiedono i voti degli italiani, si deve dire quali politiche si vogliono fare. Perché c'è il rischio che dopo le elezioni ci sia una sostanziale continuità con quello che abbiamo visto in questi anni, e che è stato pagato soprattutto dai lavoratori. Un tempo si diceva: non vogliamo morire democristiani. Oggi io non vorrei morire lettiano». Per Giorgio Airaudo il riferimento al vicesegretario del Pd non è una battuta. Piuttosto riflette la richiesta, che non arriva solo dalla Fiom ma da gran parte della base Cgil, di dire chiaramente quali saranno i punti fondanti del programma elettorale delle forze politiche. «Perché le prossime elezioni - sottolinea il responsabile nazionale auto della Fiom - saranno costituenti di nuovi schieramenti. E anche di nuove soggettività, che devono avere un loro ancoraggio sociale».