ingroiarivoluzionedi Alberto Burgio
Il faccione di Pierluigi Bersani si sporge da un manifesto elettorale. «L'Italia giusta dove la politica dice la verità», recita lo slogan. Lo sguardo fiducioso del leader mira a rinsaldare la promessa. Le mani giunte evocano prudentemente un'aura mistica. Il sorriso del buon padre di famiglia rassicura e conforta. Ma lascia trapelare anche un sottinteso beffardo.La «verità»? I suoi rapporti con la politica sono, da sempre, difficili e sarebbe prudente non sbilanciarsi sul punto. Dire la verità non è agevole quando si tratta di tattiche complesse in un ambito altamente aleatorio. Bersani chiede i voti degli elettori di Rivoluzione civile ma li considera di serie B quando etichetta la lista Ingroia come populismo
di sinistra rifiutando ogni richiesta di confronto. E poi si sa, non tutto è pubblicamente confessabile.

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mpsdi F. Man.
«Negli ultimi anni la sinistra italiana è stata subalterna ai poteri finanziari. Ha abbracciato con l’entusiasmo dei neofiti l’idea che il mercato senza Stato fosse la panacea di tutti i mali». Critica doppiamente dura quella di Vladimiro Giacché. Intanto perché arriva da sinistra, visto che si presenta alle politiche con Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia. E poi perché di finanza il candidato arancione, almeno fino a martedì scorso, ne ha masticata parecchia. Cinquant’anni, laurea in filosofia alla Normale di Pisa, Giacchè ha scelto presto il mondo delle banche e dopo un’esperienza al Medio credito Centrale è stato stretto collaboratore di Matteo Arpe al vertice di Capitalia.

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brancaccioemilianoIntervista a Emiliano Brancaccio di Checchino Antonini
«Trovo maldestro, al limite del comico, il tentativo di certi media di valutare il caso del Montepaschi come un effetto di ingerenze politiche nella gestione bancaria. Sergio Rizzo, sul Corsera, ha addirittura candidamente affermato che il problema chiave sarebbe la dipendenza della banca senese dal potere politico. A suo avviso, quindi, per risolvere i problemi di MPS è sufficiente che la politica faccia un passo indietro e lasci la banca alle logiche del mercato. Ma qualsiasi osservatore che non abbia il prosciutto dell’ideologia liberista sugli occhi sa bene che questa è una interpretazione fuorviante e manichea dei fatti.

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f35di Tommaso Di Francesco
Dunque, alla fine è servita la campagna del manifesto - subito aggiornata con nuovi dossier da Sbilanciamoci e sostenuta da Rifondazione comunista e Sel - contro l'acquisto prima di 130, poi di «soli» 90 cacciabombardieri F-35. È di martedì la tutt'altro che scontata dichiarazione di Bersani sulla necessità di tagliare la spesa per gli F-35. «La nostra priorità non sono i caccia - ha detto il leader del Pd e prossimo presidente del consiglio in pectore - ma è il lavoro, bisogna assolutamente rivedere il nostro impegno». Non è da poco, perché è un impegno e un terreno di battaglia politica. Anche perché l'Aeronautica militare e il ministro-ammiraglio Di Paola subito rispondono che no, «gli F35 servono, eccome».

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confindustriadi Antonio Sciotto
«Crescere si può, si deve». Con questo imperativo categorico la Confindustria presenta il suo programma economico per il prossimo quinquennio, gettandolo in pasto ai politici impegnati nella campagna elettorale. Precisando subito - parola del presidente Giorgio Squinzi - che sono «proposte per tutti, perché l'associazione è apartitica». Ma non si può certo ignorare che lo squadrone di Mario Monti contiene ad esempio Luca Cordero di Montezemolo, e Alberto Bombassei, oltre a numerosi altri imprenditori, economisti e perfino diversi sindacalisti (principalmente ex Cisl). Dall'altro lato, non sono più i tempi del «programma fotocopia» di Berlusconi alla ormai mitica assemblea di Parma (era il 2001), ma certamente le richieste colpiranno anche il Pdl.

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