Intervista a Paolo Ferrero
di Marco Palombi
Questa non è una crisi di scarsità, ma di redistribuzione e dunque l’unica via d’uscita è il comunismo, vale a dire una radicale redistribuzione della ricchezza e del lavoro con in più un intervento dello Stato, gestito ovviamente in modo democratico, che avvii la riconversione ambientale dell’economia. Paolo Ferrero, segretario del Prc, non abbandona il caro vecchio Marx (“siamo sempre lì: il superamento del lavoro salariato e la preservazione della natura”), seppure tirato a lucido con aggiornamenti keynesiani e una recente sensibilità ecologista. Eppure, è la domanda, come s’arriva dentro al palazzo d’Inverno nel 2012, anno dei bocconiani? Forse è il vecchio tatticismo elettorale bolscevico, ma la risposta di Ferrero è con “una coalizione dell’alternativa e della sinistra” che vada da Antonio Di Pietro (l’alternativa) ai movimenti per i beni comuni, al sindacato all’associazionismo fino ai vendoliani pentiti (la sinistra). Il punto d’arrivo è, al solito, chiudere la diaspora post-comunista: una lista unica, una sorta di Front de Gauche italiano (quello francese viaggia al 7% circa).