di Vladimir Luxuria
«Professorè, a Vladimir ci piacciono i masculi!». Mi sentii raggelare quando il mio compagno lo disse alla maestra, tra i risolini complici degli altri. L’ insegnante mi fece alzare in piedi e mi domandò se fosse vero. Non ebbi il coraggio né di confermare né di smentire, abbassai lo sguardo sul banco e arrossii in volto, desiderando che il pavimento si aprisse e mi inghiottisse.
Mi fece andare alla lavagna e mi dette una bacchettata sulle mani davanti a tutti. Quando ero alle elementari non esisteva l’espressione “bullismo omofobo”: era normale prendere di mira chi veniva considerato diverso. Se confessavi a casa le vessazioni subite ti prendevi uno schiaffo anche dai genitori, se lo denunciavi alla polizia ti facevano capire che te l’eri andata a cercare, se lo confessavi in chiesa eri tu il peccatore, se un giornalista intendeva trattarne parlava di “torbido mondo omosessuale”.