di Roberto Gramiccia

La trasmissione dell’Annunziata dal titolo che non mi piace – “Leader” – è stata, temo, un’occasione mancata per Rivoluzione civile. Lo dico, come al solito, in spirito costruttivo. Perché ormai il dado è tratto, sulla lista Ingroia abbiamo giocato tutte le nostre carte e non c’è più tempo per distinguo e per esitazioni. Dobbiamo sostenere questa lista con tutte le nostre forze e fino in fondo. Il punto è che in corsa dobbiamo capire come aggiustare il tiro. Perché il tempo a disposizione è poco e le regole della comunicazione sono implacabili. E allora a proposito della prima grande occasione televisiva che abbiamo avuto a disposizione, ci sono da dire due cose.


La prima è che la costruzione e la gestione della trasmissione, a partire dalla selezione degli invitati, ha obiettivamente danneggiato Rivoluzione civile. Fino al punto che, alla fine, persino l’Annunziata si è dovuta scusare, promettendo che in futuro farà meglio. Insomma ci hanno tirati una “sòla”, come si dice Roma.
Ma la seconda cosa è che ci siamo difesi male. Non era facile, mi rendo conto. Ma ci siamo difesi male, non protestando del fatto che i tre quarti del tempo a disposizione non sono stati utilizzati per consentire a Ingroia di spiegare il suo programma, ma per dare spazio ai suoi detrattori. Il prevedibile killeraggio di Sallusti è stato solo la punta dell’iceberg. Poi c’è tutto il resto: il fratello di Borsellino, l’intervista alla giovane esclusa dalle lista, il lavoratore incazzato della sanità che sembrava fosse stato licenziato proprio da Ingroia, la giornalista avvelenata, il tentativo di creare un problema Ingroia-De Magistris e tanto altro ancora. Davanti a tutto questo si doveva alzare la voce e protestare perché quella trasmissione non si intitolava “Processo a Ingroia” e allora era soprattutto lui che bisognava far parlare, senza sottoporlo a una specie di tiro incrociato.
Invece ciò che si è determinato, in scala, è l’esatto contrario di quello che è successo a Spazio Pubblico, dove, in una trasmissione che doveva mettere sotto botta il caimano, gli hanno fatto guadagnare due o tre punti nei sondaggi. Ma allora non è che noi dobbiamo essere più fessi degli altri. E poi, finalmente, tutti lo sanno che Ingroia è un magistrato che ha a cuore i problemi della legalità e della lotta alla mafia, non c’è bisogno di insistere su questo. Bisogna spiegare alla gente che Rivoluzione civile aspira anche ad altro. Che è una lista antiliberista, che ha a cuore i problemi del lavoro, della disoccupazione giovanile, della precarietà, della ridistribuzione della ricchezza, della difesa dello stato sociale, della pace e così via.
Noi possiamo pure passare sopra al fatto che Rifondazione comunista non sia stata mai nominata e che non c’era, crediamo, nemmeno un comunista fra tutta quella gente urlante che affollava lo studio televisivo ma, almeno, ci aspettavamo che fossero dette le cose che ci stanno a cuore, quelle che stanno nel programma. L’unico nome che è stato usato come un martello è stato quello di Di Pietro, con gli argomenti che era facile immaginare. Insomma, ci hanno tirato dentro una trappola. Ma potevamo difenderci meglio. Dobbiamo imparare a farlo presto. Perché nessuno ci regalerà niente. Anzi.

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