sanitadi Roberto Gramiccia
“La Sanità italiana può vincere la sfida della sostenibilità e questo nonostante l’apporto importante dato dal settore al riequilibro dei conti pubblici”. Sono parole del ministro Renato Balduzzi, pronunciate alla recente conferenza stampa dedicata al bilancio dell’attività di governo in campo sanitario, che, tradotte dal politichese, significano: “Stiamo facendo a pezzi la sanità pubblica, per rimettere a posto i conti dello stato, mantenendo però l’opzione di una sanità pubblica rabberciata ma ancora sostenibile, nonostante la Bce e i sui diktat”.
Una conferenza stampa sovraccarica di numeri, a partire dal dossier che raccoglie le performance del sistema sanitario nazionale in termini di finanziamento dello stato, fornito a spese del sistema sanitario stesso. Il punto è che i conti non tornano.

Come mai, infatti, Balduzzi sostiene che dal 2012 al 2015 saranno 24,7 miliardi di euro ad essere sottratti alla sanità? Mentre per le regioni questa cifra ammonta a 35,1 miliardi di euro? A chi bisogna credere? Si tratta, per altro, di una differenza che distingue il “cattivo” dal “pessimo”. Perché anche 25 miliardi sono una cifra enorme da sottrarre alle economie già esangui di una sanità ridotta allo stremo.
Il punto è che non c’è limite al peggio e che non c’è dubbio che siano più credibili le stime delle Regioni. Quello che è certo è che la distanza che esiste fra le valutazioni del governo e quelle delle Regioni appare enorme. La differenza di vedute, per altro, non riguarda soltanto le cifre. Per le Regioni, infatti, questi tagli decreteranno la morte del sistema, per il governo, viceversa, quest’ultimo sarà perfettamente in grado di sopravvivere. Anzi di produrre un significativo miglioramento dei percorsi assistenziali.
Come si possano fare le “nozze coi fichi secchi” non è ancora chiaro, anche se è evidente che con questo andazzo non saranno più disponibili nemmeno i fichi secchi. Ricordiamo, infatti, che quello che fino ad oggi ha speso la sanità pubblica rispetto al Pil, pari al 7,1% di esso, è 2 punti al di sotto della media degli standard di spesa europei. E questo al netto degli episodi di corruzione e di clientelismo dilapidatore che riducono ulteriormente la quantità reale di danaro che si trasforma in servizi.
Nella conferenza stampa si è parlato anche di Lea (livelli essenziali di assistenza), di cui è attesa la revisione entro il prossimo 31 dicembre, come previsto dal decreto sanità del ministro Balduzzi. Un passaggio fondamentale che speriamo sia sotto il controllo di un governo diverso da quello attuale. Anche sulla partita dei ticket è ormai chiaro che non sarà il governo Monti a decidere come attuare la norma del decreto Tremonti del 2011, la quale mette in programma 2 miliardi di impegno in termini di nuovi ticket, a partire dal 2014.
Una grave minaccia per la sopravvivenza stessa del sistema il cui profilarsi non è attenuato dall’ipotesi di nuove forme di compartecipazione come quella dell’ipotizzata franchigia sui servizi sanitari pubblici. Se la tara dell’evasione fiscale non verrà rimossa, quella della franchigia rischia di diventare un’ulteriore forca caudina per chi le tasse le paga, e cioè i “soliti noti” lavoratori a reddito fisso.
Per concludere, Balduzzi mente sapendo di mentire. I tagli apportati sono tanti, insostenibili e molto superiori a quelli dichiarati (che sono già insopportabili). E le prospettive sono fosche. A meno che il governo che prenderà il posto di quello Monti non sia completamente diverso dal precedente. E’ quello che ci auguriamo e per cui lavoriamo. Per salvare non solo la sanità pubblica ma la democrazia.

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