di Monica Pasquino

Quando ancora non mi ero ripresa dal "ritorno" di Berlusconi e dalla tragicommedia di un Paese che mette in Costituzione il pareggio di bilancio e toglie dal Codice penale il falso in bilancio, ecco pronto il centro-centro. Monti scende in campo e questo crea difficoltà a Bersani, costretto a spostare sempre più a destra l'asse della sua coalizione per togliere spazio al nuovo rivale. Per fortuna ascolto on line Ingroia, che al Teatro Capranica scioglie la riserva sulla sua candidatura e invita i partiti a fare un passo indietro per permettere alla società civile di fare un passo avanti.

Sono a casa. Sfoglio diversi giornali, confesso di essere rimasta un po' indietro con la rassegna stampa di questi giorni.

Ne approfitto per leggere mentre aspetto due amici.

Valentina, mia ex compagna di liceo, dottorato in storia moderna, una delle intelligenze più vivaci che io conosca, di lavoro fa la montatrice televisiva, lavora 10 ore al giorno ma guadagna un quarto di quel che gli spetterebbe. Lunedì deve pagare l'assicurazione della macchina e ha bisogno di un aiuto. Francesco - ricercatore precario in diritto privato - si è offerto di farle un prestito. Lui ha uno stipendio di 500 euro al mese ma ha il vantaggio di venire da "una buona famiglia" e di essere un amico generoso.

Molti dei miei amici condividono questa condizione (materiale, esistenziale): sono laureati, spesso hanno master e dottorati di ricerca, svolgono lavori nei settori della cultura, della formazione e della conoscenza, sono mal pagati e privi di impieghi stabili.

Sono lavoratori autonomi, operatori della comunicazione, attori, freelance e giornalisti che anche quando sfiorano la professione ambita vivono il mondo del lavoro perennemente sotto ricatto. Alcuni hanno provato il concorsone della scuola, ma tanto per tentare, visto l'assurdità del procedimento, raccontata brillantemente nel blog della furia dei cervelli.
Loro, come me, sono privati della capacità di immaginare il proprio futuro. Non abbiamo il problema della rata IMU da pagare, ma conosciamo bene l'emergenza abitativa, tanto ormai da considerarla elemento costitutivo delle nostre vite.
I trentenni che possono permettersi di vivere da soli sono una percentuale esigua, come sempre meno sono gli amori che hanno la possibilità di mantenere i figli senza il sostegno finanziario dei nonni. E si andrà verso un peggioramento, perché la quantità di risparmio messo da parte dalle famiglie va assottigliandosi.

Anche a questo si riferisce il titolo del giornale che ho sotto gli occhi: il 10% della popolazione italiana detiene da sola il 45,9% della ricchezza.

Cambio testata e pensieri. Leggo il bell'articolo di Guido Viale, relativo a Cambiare si può. Una proposta elettorale che «non può essere un taxi per portare in parlamento politici e partiti tradizionali che non hanno più la forza e il seguito per andarci da soli». Condivido la preoccupazione di Viale, spero sia più esile dopo l'intervento di Ingroia al Capranica.

E', quella di Cambiare si può, una proposta politica necessaria. Tantissime sono le persone che hanno aderito all'appello e che stanno partecipando alle assemblee di queste settimane. Esprimono il desiderio e il bisogno di portare in Parlamento un'altra Italia, di conquistare una rappresentanza autonoma dall'Agenda Monti e dalla Carta di intenti del centrosinistra.

E' una partita difficilissima e coinvolgente. Tutto è da costruire. Il dibattito investe il terreno della cultura politica. In ballo c'è la sfida di riuscire a innovare pratiche e metodi, abbandonando le logiche autoreferenziali dei partiti, valorizzando le soggettività consapevoli e le realtà sociali che vogliono partecipare, contare, auto-rappresentarsi. Ma non solo. Il confronto deve esserci anche sui contenuti.
Uno dei punti nevralgici del suo programma è prevedibile sarà il lavoro, ma declinato al singolare non ci basterà.
La lotta alla precarietà che mina le vite, che ci isola e ci mette l'una contro l'altro, che offende le nostre competenze - il rapporto tra welfare, cittadinanza e lavori - la femminilizzazione del lavoro sono temi che non si possono eludere.

Per la selezione delle candidature e per la costituzione dei coordinamenti locali e nazionali ci sono dei criteri quasi obbligati per l'avvio di una stagione che vuole essere inedita:

1) la parità di genere
2) la centralità delle persone piuttosto che delle organizzazioni
3) il protagonismo delle e dei giovani.

Cambiare sarà possibile se avremo una rappresentanza viva - carica di linguaggi, esperienze, talenti, sguardi sul mondo articolati - non una rappresentanza di nominati o suddivisa per categorie stantie e rigide.

Abbiamo bisogno che le donne ci siano, non solo nelle riunioni e nelle liste, ma anche nel dibattito pubblico. Sfoglio questi giornali e mi accorgo che tra i tanti ricchi e interessanti contributi di questi giorni su Cambiare si può non ce n'è uno scritto da una donna. Le ragioni sono ovviamente molteplici e intricate, ma se non cominciamo da qui, nonostante l'impressione sia quella di un buon inizio, cambiare non potremo.
Non è una questione di quote, questo i protagonisti di questo percorso lo sanno bene. Non è responsabilità solo degli uomini, questo anche noi dobbiamo dircelo.

 

da L'Huffington post

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