di Francesca Schianchi

«Esprimo una parola di gratitudine e di sbigottimento nei confronti di Berlusconi. Talora faccio fatica a seguire la linearità del suo pensiero». Sono le undici e tre quarti del mattino. In piedi davanti alle bandiere italiana ed europea, completo grigio e cravatta azzurra, nella piccola e affollatissima sala polifunzionale di Palazzo Chigi, con il consueto, algido aplomb britannico che lo porta a fare considerazioni velenose rimanendo impassibile (e sul Cavaliere non ne lesina), il presidente del Consiglio ormai dimesso Mario Monti affronta la sua seconda conferenza stampa di fine anno. Attesissima: un anno fa, era quella di un premier tecnico nuovo alla scena politica, chiamato a togliere dai guai un Paese tanto in difficoltà

che, confida lui, «nelle mie prime uscite europee ho spesso pensato alla frase di De Gasperi: “Tutto qui tranne la vostra personale cortesia è contro di me”»; ieri invece era quella di un presidente del Consiglio ormai dimesso e dato vicino vicino a una candidatura politica.
Dopo giorni di tormentone sui giornali, ieri non si aspettava altro che la sua decisione.
E lui la comunica, deludendo qualcuno per i margini di ambiguità delle spiegazioni, invitando i giornalisti a non correre troppo in avanti, traccia un percorso possibile prima nelle due ore di conferenza, poi ospite di Lucia Annunziata a “In 1/2 ora”. «Altro che passo indietro, sono due passi avanti», ride al termine della conferenza un acuto osservatore della politica.
Già: perché il professore della Bocconi non si mette alla testa di uno schieramento preciso, non offre il suo nome a non ancora scritte liste di Casini, Fini o Montezemolo.
No: propone la sua agenda, la cosiddetta agenda Monti («non siamo stati noi a introdurre questo concetto») a chi la voglia seguire: un documento intitolato “Cambiare l’Italia, riformare l’Europa, agenda per un impegno comune” a disposizione di tutti, «erga omnes», dice lui. Se poi ci fossero «forze che danno un’adesione convinta e credibile a quest’agenda, sarei pronto a dare il mio apprezzamento, il mio incoraggiamento e, se richiesto, la mia guida».
Per una candidatura, quindi, tutto ancora in sospeso (ma per niente esclusa): certo, non potrà in ogni caso essere una candidatura in un collegio perché l’ex commissario europeo è senatore a vita, ma «potrebbe accadere che alcune forze politiche vogliano qualcosa più che delle idee da parte mia: ad esempio, che mi indichino candidato premier sulla loro lista. Se questo avverrà, vedrò se ci sono sufficienti garanzie di credibilità e di impegno di queste forze perché io aderisca a questa cosa». Insomma, come da fulminante sintesi della Annunziata: «Sta facendo consultazioni pubbliche e aperte». Consultazioni che hanno l’ambizione di cambiare, e neanche poco, il quadro politico.
Il professore della Bocconi lo spiega: per le emergenze che il Paese ha davanti - «crescita e rinnovamento delle istituzioni», giudica - «ci vogliono spalle larghe e sinistra-destra non sono il più proficuo asse di riferimento». No, dice lui, sono le parole «volontà di cambiare» ed «Europa» quelle che potrebbero mettere insieme una «unione dei fautori del cambiamento»: una unione a partire dalla sua agenda, che potrebbe anche determinare la scomposizione di altre forze politiche, «non è il mio obiettivo, ma se questo passaggio fosse necessario per dare massa critica a chi vuole riformare, ben venga». Un possibile terremoto dà già le prime avvisaglie: ieri sera il senatore del Pd Ichino annunciava che «sono pronto a collaborare per il successo di una lista Monti e anche a guidarla, in Lombardia, se mi verrà chiesto», e altri quattro parlamentari democratici hanno lasciato il partito per aderire all’agenda Monti.
La sua iniziativa vuole essere un modo, spiega l’intento il professore della Bocconi all ’Annunziata, per «intercettare il disagio» del «difficile rapporto tra la politica tradizionale e la gente», coinvolgendo anche la società civile, sottraendo voti all ’astensione e magari anche «a quelle forze efficaci nell’intercettare la rabbia della gente, ma non si sa quanto efficaci nell ’azione di governo». Leggi, anche se lui non lo dice, il Movimento di Grillo.
E cosa ci sarà in questa agenda «per un impegno comune», che a breve sarà pubblicata su un sito Internet appositamente creato? Sarà il proseguimento delle politiche portate avanti in questo anno di governo.
Con l’obiettivo di andare ancora più a fondo, visto che, racconta Monti, «blocchi» presenti sia a destra che a sinistra hanno consentito di fare meno del previsto, «abbiamo portato a casa molto meno di quello che avremmo voluto». I blocchi della sinistra sul mercato del lavoro: «Nella riforma c’è stata la frenata di una formazione sindacale che trova difficile evolvere, e questo danneggia i lavoratori», perché ci vuole una «prospettiva moderna» e non «nobilmente arcaica». Così come il leader di Sel Nichi Vendola è un «conservatore per quanto riguarda i temi del lavoro». I «blocchi» della destra sulla giustizia («Meglio fare leggi ad Nazionem e non leggi ad personam»); quelli trasversali sui costi della politica e della pubblica amministrazione.
Mentre, valuta il premier dimesso, sulla giustizia ad esempio ancora molto c’è da fare: «Rafforzare la disciplina del falso in bilancio, ampliare quella sul voto di scambio, lavorare sulla materia della prescrizione, delle intercettazioni, introdurre una robusta disciplina sul conflitto d'interessi».
Insomma, obiettivo della sua agenda è «non distruggere ciò che, con sacrificio di tutti, s’è fatto in questo anno». E due sono i modi «ultrasicuri» per distruggere tutto: Monti li individua e sono altrettante occasioni per tirare frecciate al suo predecessore, Berlusconi. Non è bastato sottolineare all ’inizio della sua relazione, pur formalmente ringraziandolo, che «il quadro di comprensione mentale a me sfugge», ora ricorda che per buttare al vento i sacrifici di questo pesantissimo 2012 basterebbe «sottrarsi alle linee guida dell’Europa: si possono criticare, ma queste linee esistono». Per essere autorevoli in Europa, dove «gli italiani possono ora essere cittadini a testa alta», ci vuole «la durezza delle convinzioni e la capacità di negoziato, altrimenti alla pacca sulla spalla segue il risolino». E se anche nomi non ne fa, il richiamo porta subito alla mente l’immagine del risolino soffocato tra Merkel e Sarkozy.
Ancora, recita Monti, secondo modo per essere sicuri di distruggere il cammino fatto, è «promettere il taglio dell’Imu». Esattamente quello che Berlusconi sta facendo da giorni. Bene, secondo il premier dimesso, «se si farà, dopo un anno, non cinque, chi governerà dovrà mettere l’Imu doppia». L’agenda «cerca di evitare pericolosissimi e illusionistici passi indietro».
Ma l’attacco a Berlusconi arriva in vari passaggi del discorso di ieri: come quando dice che «con tenerezza ho sentito Berlusconi dire “eravamo pronti a fare la legge elettorale ma Monti si è dimesso”», o quando ammette di trovare «orrendo parlare di discesa in politica, al limite è una salita in politica». Chi ha avuto modo di sentire il Cavaliere lo descrive non a caso furibondo.
Ha occasione di esprimersi in tv all’Arena di Giletti, poi in una conferenza stampa: «Auspico che Monti non si candidi. Per chi è stato onorato del senatore a vita, dopo il tempo del governo di tecnici, andare a utilizzare una carica sopra le parti per il contrasto elettorale è immorale». Nel Pdl è il segretario Angelino Alfano a dire che «l’a tteggiamento di Monti preclude ogni forma di collaborazione con noi». «Ascolteremo con grande attenzione e rispetto le proposte di Monti», aggiunge Bersani. «Sono esattamente queste le reazioni che sarà interessante avere», commenta Monti. Ichino e altri quattro democratici già lo seguono. Frattini, dal Pdl, dice che «sosterrò i punti dell’agenda Italia». E il professore sembra convinto possano seguirlo molti altri...

da Pubblico giornale

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