di Costantino Cossu

Natale di lotta per gli operai ex Rockwool di Iglesias, asserragliati nella galleria Villamarina della miniera di Monteponi, i cui ingressi sono stati murati alcuni giorni fa. Una giornata di festa e di protesta, all'insegna della speranza e della solidarietà. Il 25 mattina hanno ricevuto la visita del vescovo di Iglesias, Giovanni Paolo Zedda. Nel piazzale antistante l'ingresso della galleria occupata, insieme con i lavoratori ci sono anche i giovani che sostengono la lotta dei genitori. Cristian Strina, laurea in Scienze politiche e in procinto della specialistica, è il figlio di Nunzio, ex minatore Bariosarda passato poi alla fabbrica di lana di roccia della Rockwool. «Cristian ha seguito tutte le nostre battaglie - ha raccontato

il padre Nunzio - Sulla nostra protesta all'università lui ci ha fatto un esame e ora si occuperà di noi anche nella tesi specialistica». A dare solidarietà anche tanti cittadini. L'attenzione ora è tutta rivolta all'incontro che si svolgerà oggi nella sede dell'assessorato regionale dell'industria a Cagliari. Vertice al quale parteciperanno i delegati dei lavoratori e che dovrebbe servire a tastare la possibilità di un l'accordo sulla stabilizzazione delle maestranze ex Rockwool, attualmente in mobilità.
La mobilitazione per salvare dal crollo l'apparato industriale del Sulcis getta un ponte tra le generazioni. Hanno trascorso il Natale sotto il palazzo del consiglio regionale i «Figli della crisi», i giovani del Sulcis che hanno deciso di presidiare, nelle tende e nei gazebo, il palazzo dell'assemblea legislativa sarda sino al 2 gennaio. Tanta solidarietà dalla gente, poca per ora dalla politica. I ragazzi hanno organizzato la protesta per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla crisi pesantissima del loro territorio. «Le persone si fermano - spiega Ivano Sais, ventiduenne di Villamassargia, portavoce della protesta dei «Figli della crisi» - ci portano di tutto, capiscono la nostra rabbia. Qui ci alterniamo, siamo una cinquantina, ma le adesioni stanno aumentando, non solo dal Sulcis». Per domani si sta organizzando un'iniziativa con operai, artigiani, commercianti. «E poi siamo sempre in contatto con i lavoratori della Rockwool che stanno lottando come noi - dice ancora Ivano Sais - A casa i nostri genitori ci seguono con preoccupazione, ma anche tanto orgoglio. Sono ovviamente giù, avrebbero voluto passare con noi le feste, ma condividono la nostra decisione. Dobbiamo stare qui, lottare e far capire che questa è la nostra terra e da qui non vogliamo essere costretti ad andare via». Insomma, in Sardegna la giornata festiva non ha fatto dimenticare la crisi. Che è drammatica, con tante aziende in difficoltà o chiuse, oltre 20 mila i cassintegrati e una disoccupazione che supera il 15 per cento. Le difficoltà sono grandi in tutta l'isola. Nel Nord, a Porto Torres, la giornata del 25 dicembre è stata segnata dalla manifestazione dei lavoratori Vinyls: davanti alla torre aragonese - che per oltre un anno è stata un simbolo, insieme con «L'isola dei cassintegrati», dove nel carcere dell'Asinara hanno vissuto gli operai che hanno cercato di far vivere gli impianti - è stata appesa una croce al «Disoccupato ignoto». Nel centro Sardegna, nella zona industriale di Ottana, si vivono le ansie per un lavoro che, senza infrastrutture ed energia, è legato alla precarietà.
Per tornare alla Rockwool, l'incontro di oggi potrebbe aprire un tavolo di trattativa decisivo. Dai delegati della Rsu parte un segnale di apertura verso la Regione e l'assessore dell'industria, Alessandra Zedda: «Sentiremo le proposte dell'esecutivo regionale - spiegano Salvatore Corriga e Ignazio Pala, delegati Rsu Cgil e Cisl - Siamo aperti al dialogo e al confronto, ma chiediamo la massima trasparenza. Vogliamo il rispetto degli accordi siglati quando gli operai della Rockwool sono stati messi in mobilità. E cioè la loro ricollocazione in una azienda partecipata dalla Regione Sardegna». Gli operai che si sono murati dentro la miniera annunciano: «Dalla galleria si esce soltanto quando ci sono atti concreti, altrimenti restiamo qui». Una strada tutta in salita, un altro tentativo di fare argine a un collasso del tessuto industriale che in Sardegna ha assunto le dimensioni di un disastro.

da il manifesto

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