di Giorgio Salvetti

Di questi tempi avere una pensione è già una fortuna. Almeno rispetto a chi non ha lavoro e a chi una pensione non l'avrai mai. Ma certo non sono i pensionati quelli che dovrebbero fare ulteriori sacrifici per aggiustare i conti dello stato. E invece è proprio ai loro danni che da troppo tempo il governo ha deciso di fare cassa. Dal primo gennaio 2013 scatta l'aumento del 3% delle pensioni per l'adeguamento al costo della vita. Ma per il secondo anno consecutivo la rivalutazione non è valida per le pensioni che sono tre volte superiori alla soglia minima. Significa, spiega in uno studio la Spi-Cgil - che ben 6 milioni di pensionati avranno un blocco dell'adeguamento e che dunque il loro potere d'acquisto

ancora una volta è destinato a scendere.
Il blocco della rivalutazione è stato introdotto dal ministro Elsa Fornero e non riguarderà certo i pensionati d'oro. Sarà un aumento irrisorio anche per chi ne usufruirà. Infatti chi ha una pensione minima da 481 euro al mese passerà a 495,43 euro, la miseria di 14,43 euro in più. Chi invece ha una pensione da 1.000 euro al mese salirà a 1.025 euro. Ma basterà avere una pensione di 1.217 euro al mese per non ottenere alcun adeguamento al costo della vita. In pratica questa fascia di pensionati che l'anno scorso in questo modo ha già perso 363 euro, quest'anno ne perderà 776. E chi invece prende 1.567 euro netti (2000 lordi) l'anno scorso ha perso 478 euro e quest'anno ne perderà 1.020. Insomma quasi una mensilità in meno a fronte dell'aumento di tutte le tasse, a cominciare dall'Imu, e con gli anziani che troppo spesso devono tenere da parte i soldi per mantenere i figli e i nipoti che non trovano lavoro o che guadagnano anche meno di loro.
«In questo anno - ha detto il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone - abbiamo assistito a un accanimento senza precedenti sui pensionati, che più di tutti hanno dovuto pagare sulla propria pelle il conto della crisi. L'aumento annuale delle pensioni che scatterà nei prossimi giorni è risibile e non garantisce il pieno recupero del loro potere d'acquisto. Oltretutto da questo meccanismo automatico sono stati estromessi per decreto sei milioni di pensionati, la maggior parte dei quali non possono di certo essere considerati ricchi o privilegiati. Il governo ha scelto deliberatamente di colpire la categoria dei pensionati lasciandone in pace tante altre che potevano e dovevano contribuire al risanamento dei conti, ed è per questo che per noi la cosiddetta Agenda Monti non può di certo essere la ricetta giusta per la crescita e lo sviluppo del Paese».
Il mancato adeguamento è solo l'ennesimo risparmio ai danni dei pensionati. Non stupisce infatti che nei primi undici mesi del 2012 l'esborso delle pensioni liquidate dall'Inps, comprese quelle dell'ex Inpdap, sia calato del 18,5%. E questo è semplicemente il frutto dell'introduzione nel 2011 delle cosiddette finestre mobili e dello scalino previsto sempre per il 2011 dall'ex ministro Damiano. Il calo ben più cospicuo dovuto alla riforma Fornero deve ancora arrivare. Lo ricorda soddisfatto il presidente dell'Inps Antonio Mastropasqua che parla di «dati positivi» e di «conti in sicurezza». Per l'Inps, ma non certo per i pensionati italiani.
Dal 2013, inoltre, scatterà l'adeguamento automatico dei requisiti pensionistici alla crescita della speranza di vita e aumenteranno i requisiti per andare in pensione anche per chi fa lavori usuranti. Per effetto della riforma Fornero le donne potranno andare in pensione di vecchiaia a 62 anni e tre mesi (63 e 9 mesi per le lavoratrici autonome) e gli uomini a 66 anni e tre mesi. Si potrà smettere di lavorare prima con la pensione di anzianità solo se si hanno maturato 42 anni e 5 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e cinque mesi per le donne. Per queste ultime che non avranno i requisiti necessari nel 2013 l'età della pensione si allontanerà progressivamente sempre di più fino al 2018 quando sarà equiparata a quella degli uomini.

da il manifesto

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