di Benny Calasanzio Borsellino

E dunque, considerando un sondaggio per quello che è, ovvero un sondaggio, la lista Rivoluzione Civile e il suo portabandiera, Antonio Ingroia, sono passati da uno 0,5 per cento nelle intenzioni di voto, rilevato da Swg a metà dicembre, al tondo 5 per cento di Piepoli diffuso in questi giorni. E con tutti i guanti felpati del caso, qualche riflessione si può già fare. Quattro sono gli aspetti fondamentali che mi fanno pensare che questo 5 per cento sia solo il primo gradino di una scalata che può portare Rivoluzione Civile laddove nessuno può immaginare.

 1) Boom a tempo record. Non ho ricordi di altre formazioni politiche che a pochi giorni dalla nascita abbiano sfondato

l’ipotetico muro del 5 per cento. Molti ancora non sanno nemmeno che Ingroia abbia accettato e che sia candidato.

Con una campagna elettorale condotta con intelligenza è fisiologico che quella percentuale possa tranquillamente raddoppiare, visti anche i cali di altri schieramenti.

 2) Il profeta Mastella. Quando l’ex pm Luigi de Magistris lasciò il comodo scranno a Bruxelles dichiarando di voler fare il sindaco di Napoli, sfidando sia Pd che Pdl, il coro di pernacchie politiche fu unanime. Clemente Mastella, un vecchio esemplare politico che i più giovani non ricorderanno già più, si spinse a dire: “Se Luigi de Magistris va al ballottaggio mi suicido, ma non ci arriverà, non si è mai visto un magistrato che arriva a fare il sindaco di una grande città”. De Magistris è riuscito in un’impresa titanica parlando una lingua comune, dialogando ma non sottostando ai partiti e chiedendo l’aiuto di migliaia di giovani che sono arrivati a Napoli anche dal Nord Italia per sostenerlo. Se Ingroia è il leader della formazione, de Magistris è il padre nobile; entrambi non soffrono di primadonne e insieme stanno lavorando molto bene. Non riesco a vedere nubi all’orizzonte.

 3) I “dissuasori per affetto”. Già alla firma del manifesto “Io ci sto” era nell’aria che Antonio Ingroia avrebbe accettato le molte richieste di scendere/salire/spostarsi in campo da parte dei movimenti e dello stesso sindaco di Napoli. E immediatamente si sono moltiplicati gli appelli che gli chiedevano, invece, di non farlo, di rimanere in magistratura. Nel 99 per cento dei casi si trattava di persone perbene, di giovani, di uomini e donne impegnate sul quotidiano fronte antimafia. Voce migliore e più attendibile è stata quella di Nando Dalla Chiesa, un galantuomo amico di Ingroia, che con grande sofferenza ha spiegato perché l’ex pm abbia fatto una scelta sbagliata; Dalla Chiesa, nella sua intervista alla Stampa, si è fatto portavoce di tutte quelle persone, note e meno note, che più o meno apertamente speravano fino alla fine che Ingroia facesse un passo indietro, non perché “inadatto”, ma per preservare il suo patrimonio professionale fatto di inchieste e indagini delicatissime che sarebbero potute risultare delegittimate da un impegno politico. Ma ora che l’ex pm palermitano ha ufficialmente accettato la candidatura, è difficile pensare che tutte quelle persone, che sono davvero tante e che gli riconoscevano integrità morale e capacità, ora che il dado è tratto alle urne, scelgano di non sceglierlo. Che, avendo la possibilità di spedirlo in Parlamento per seminare panico e disperazione tra i vari Dell’Utri e Cosentino, scelgano altro. Suppongo che nella maggior parte dei casi, proprio in virtù della stima che nutrono nei confronti di Ingroia, gli accorderanno la propria fiducia e inviteranno altri a farlo: “non avresti dovuto, ma ormai che ci sei…”. Così penso che farà (senza conoscerlo bene) Nando Dalla Chiesa, e così penso faranno tutti gli altri che, quasi con affetto, gli chiedevano di finire il suo lavoro in Guatemala e poi tornare a Palermo.

 4) Movimento 5 Stelle. Prima di Rivoluzione Civile, per chi, come me, non avrebbe voluto rinunciare al voto, non ci sarebbero state molte scelte. Turandosi il naso per una gestione putiniana del dissenso, io stesso avrei votato per il M5S, non per Grillo: conosco la maggior parte dei candidati alla Camera e al Senato e per me erano e sono garanzia di serietà e, spero, di indipendenza. Oggi, invece, per chi crede che dall’estirpazione delle mafie dipenda gran parte della soluzione al problema socio-economico “Italia” e che la cultura (dagli asili alle università) in questo giochi un ruolo fondamentale, per chi chiede una politica coraggiosa e senza timori reverenziali nei confronti di banche e poteri forti, c’è un’altra possibilità. Non faccio il sondaggista e non so se il calo vertiginoso del M5S nei sondaggi sia da attribuire a questa nuova possibilità, ma di certo, almeno in un misero caso (il mio), mi viene offerta una proposta che mi appaga senza se e senza ma: si parla di scuola, di diritti, di economia, di lotta alla mafia e alla corruzione, non si butta fuori chi dissente, non si manda a quel paese nessuno. A questo scenario si aggiunge l’enorme popolo del non voto: se Ingroia li convincerà la storia potrebbe prendere un altro corso.

Queste personalissime riflessioni, partorite senza alcun criterio scientifico e figlie unicamente della mia logica, mi fanno sperare che quel 5 per cento possa diventare molto di più, consentendo di riempire i rami del Parlamento di persone che riflettano le battaglie e gli ideali di chi, avendo perso ciò che di più caro aveva a causa della violenza mafiosa, spera ora di restituire quello schiaffo a cosa nostra tramite Antonio Ingroia.

da Il Fatto Quotidiano

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