ingroiaantoniodi Roberto Gramiccia
Comincio col dire, a scanso di equivoci, di essere pienamente d’accordo con il documento approvato dall’ultimo Comitato Politico Nazionale e con la valorizzazione delle opportunità che la lista Ingroia offre a noi e a tutto lo schieramento a sinistra del Pd. Permettetemi di dare per scontate le ragioni di questo consenso che sono le stesse ben note a tutti noi. Detto questo, vorrei osservare due o tre cose in spirito assolutamente costruttivo.
1) E’stata fatta la scelta di enfatizzare nel simbolo elettorale il nome di Antonio Ingroia. Anche volendo sorvolare sulle modalità di questa scelta, bisogna tener conto che questo fatto se, da un lato, attirerà dei consensi, dall’altro, scoraggerà  coloro (e non sono pochi) a cui è venuta a nausea la pratica di una cultura lideristico-carismatica che ha informato di sé, negli ultimi anni, fenomeni come il berlusconismo ma anche il veltronismo, il bertinottismo, il vendolismo, il grillismo e per ultimo il renzismo.

E non è affatto chiaro se il saldo fra questi due opposte tendenze sarà, dal punto di vista elettorale, favorevole a noi oppure no. Questo sia detto con tutta la freddezza analitica che una questione così cruciale richiede.
2) Avendo fatto questa scelta, è chiaro che ogni volta che Ingroia parla, egli si esprime a nome e per contro dell’intera lista e quindi non può non porre la massima attenzione, vista anche la brevità del tempo che ci separa dalle elezioni, a quello che dice in termine programmatici e anche relativamente al giudizio su altri personaggi della politica e della magistratura, sia in chiave polemica che sotto il profilo di possibili alleanze successive all’esito delle elezioni.
3) Per quanto riguarda i nomi che comporranno le liste è indispensabile la stessa prudenza. Altrimenti il rischio è quello di creare un’enorme confusione e di dare l’impressione, magnificata dalla già forte personalizzazione (decisa o subita?) della nostra campagna elettorale, di prestare attenzione più a meri aspetti di marketing elettorale che a questioni di sostanza programmatica e di democrazia. Per esempio, siamo sicuri che corteggiare i grillini espulsi ci convenga? Personalmente ho dei formidabili dubbi che questo sia utile per concorrere sul piano elettorale con Grillo.
In ogni caso, la sensazione che rischiamo di dare è quella che Rivoluzione civile presti attenzione principalmente alla grancassa mediatica piuttosto che al resto. Altrimenti perché corteggiare Favia e magari anche Federica Salsi, i cui meriti non ci appaiono chiarissimi? Forse perché sono passati spesso in televisione acquisendo l’aura catodica dei perseguitati politici? Basta così poco per fare carriera? Oggi più che mai è all’intelligenza della gente che dobbiamo parlare e il primo errore da evitare è di sottovalutarla. Chiarito questo, per il resto: Viva Rivoluzione civile, Viva Ingroia.

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