latorrefrancodi Rachele Gonnelli
Si presenta con Rivoluzione civile, anche se ha ancora in tasca la tessera del Pd, Franco La Torre, figlio di Pio. «È scaduta, mi è rimasta attaccata al portafoglio, un fatto sentimentale di cui non voglio parlare ».
E si candida con la cosiddetta “sinistra radicale” o “massimalista”?
«Io non sono massimalista e non lo è Flavio Lotti o Gabriella Stramaccioni di Libera. Sono anche siciliano. Prima, quando all’estero qualcuno mi diceva Sicilia uguale mafia, mi arrabbiavo. Ora nella campagnaelettorale è naturale che si alzino i toni con i competitori, mi rifiuto di chiamarli avversari. Nella lista di Ingroia è rappresentata una vasta area e anche quattro partiti che in passato sono stati anche su posizioni contrapposte».

Cosa la lega a Ingroia? L’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia?
«Nulla nel dettaglio, nonsono appassionato di cronache giudiziarie nonostante mio padre sia stato ucciso dalla mafia e il procedimento a carico di esecutori e mandanti sia durato anni e mi ci siano voluti anni per elaborare il lutto. Ingroia l’ho incontrato a quattr’occhi il 28 dicembre. Mi lega a lui un comune sentire per i diritti fondamentali che sono alla base del patto costituzionale della Repubblica nata dalla Resistenza».
Suona come formula. Allegato all’armistizio con gli Alleati c’era una lista di intoccabili, molti mafiosi. E i mafiosi non appoggiarono il golpe Borghese. È storia, anche se i libri di testo non ne parlano e invece dovrebbero.
«Il potere politico-mafioso - perché non è solo un’organizzazione criminale - è sempre contro i diritti fondamentali e contro ogni istanza di progresso, dalle lotte per la riforma agraria ad oggi. È come la Santa Alleanza, un’élite politico- economica reazionaria che grazie ad un patto scellerato e a una sua parte istituzionale cerca di conservare potere e privilegi. Non era un golpe l’omicidio di Piersanti Mattarella e l’azzeramento delle istituzioni siciliane? L’Italia è nata dalla guerra di Liberazione ma fu siglato un patto scellerato tra settori delle classi dominanti, non De Gasperi non Mattei, mentre gli americani si comportarono come in Iraq, presero dei rifugiati negli Usa come referenti. Si affidarono a Lucky Luciano come oggi a Karzai a Kabul ».
In Sicilia al Senato il Pd candida Mineo e Sel Forgione, però dite cose simili.
«È assurdo mettere in contrasto Grasso con Ingroia, me con Forgione. Si rischia di fare come a Palermo negli anni ‘80, prima dell’articolo di Sciascia sui professionisti dell’antimafia, un gioco a chi è più antimafia che fa un grande regalo alla mafia. L’antimafia è di tutti, fortunatamente saremo in molti nel prossimo Parlamento e dobbiamo collaborare. Come per “fare del Mediterraneo una piattaforma di pace”. La legge sull’esproprio dei beni mafiosi che porta il nome di mio padre va aggiornata. È fondamentale colpire i mafiosi nella roba, dare lavoro mettendo a frutto le confische, seguire le tracce dei soldi come faceva Falcone. Ingroia ha pronta una legge, alla quale ho dato il mio contributo, per aggredire i capitali di origine mafiosa, corruttiva e da evasione. Mi auguro che il Pd collaborerà, Olivero delle Acli ci sta. Sono 300 miliardi l’anno, il 10 percento del debito pubblico italiano».

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