votomatitadi Giacomo Russo Spena
“Non so se e chi voto. Deciderò all’ultimo”, è il tormentone prelettorale che accompagna, in questa fase, soprattutto i cosiddetti elettori di sinistra, disillusi in generale, che non sposano nessuno progetto in toto.
Ecco allora cercare di capire i reali progetti di ogni partito, studiare i differenti programmi, scrutare i candidati premier e mettere a setaccio la composizione delle liste. Almeno dovrebbe essere così. In Italia, invece, subentrano fattori esterni e il “voto utile” per arginare la rimonta di Berlusconi a cui si appella il centrosinistra (in primis il segretario Pd Bersani), mai come questa volta sembra una presa in giro. Uno scherzo di veltroniana memoria che nel 2008, in quell’occasione, portò in Parlamento i Calearo e le Binetti.

Così fa ridere che la stessa richiesta venga da Sel dimenticando che il 5 aprile 2008, Nichi Vendola, allora rappresentante della Sinistra Arcobaleno, rispondeva così alla richiesta di voto utile al Pd: “Dateci un voto meravigliosamente inutile, sono visceralmente stufo di vivere nella società dell’utilitarismo. E poi, a chi chiede un voto utile, risponderei: utile a chi? A cosa?”. Ma andiamo per ordine per smontare passo passo la teoria.
Novembre 2011, crisi di governo. Berlusconi cadeva. Lo spread impazzava. Si poteva celermente andare alle urne (il ministro degli Interni Maroni parlava di metà gennaio) per tamponare l’emergenza. Il Centrosinistra – delineato a Vasto – volava nei sondaggi mentre Berlusconi sprofondava sotto il 15 per cento. Per lui sarebbe stata la Caporetto definitiva. Per il centrosinistra una netta vittoria che avrebbe portato – malgrado il Porcellum – una stabilità di governo. E invece la sindrome Tafazzi nel Pd ha prevalso decidendo non la via del voto anticipato ma il sostegno al tecnico Mario Monti (il quale si è rivelato tutto, tranne che un tecnico). “Fossimo andati ai seggi avremmo vinto le elezioni ma, essendo una forza responsabile, abbiamo deciso di sostenere Monti” affermava alla Camera Dario Franceschini.
Ecco allora la parentesi del Professore: 13 mesi di austerity, tagli e macelleria sociale. Debito pubblico salito più che in tre anni di Berlusconi, disoccupazione giovanile in aumento, Pil fermo. A tal proposito interessante è l’articolo dell’economista Forges Davanzati pubblicato su MicroMega.
Ma lo spread si è abbassato ribattono i fautori di un Monti-bis quando sul Sole24ore (non la Pravda) Guido Rossi ci spiega come non sia più possibile negare l’evidenza: le politiche di austerità sono servite a salvare ed arricchire le varie istituzioni finanziarie “too big to fail” senza risolvere, anzi peggiorando, la crisi depressiva dell’economia globale.
Eppure Monti si autonarra come il Salvatore della patria tanto da “salire in politica”, tra l’altro mentendo perché nella conferenza stampa di prenatalizia aveva allontanato ogni ipotesi di candidatura. Crea una coalizione con il Terzo Polo con il super commissario Enrico Bondi costretto a visionare attentamente le liste. Poi le bordate contro il Pd, che invece – e sbagliando – l’aveva sostenuto fedelmente nell’anno di governo. Non solo quindi i democratici hanno voluto SuperMario, l’hanno appoggiato (votando leggi come la riforma Fornero), ora – pur essendo competitors – un giorno sì e l’altro pure un dirigente del partito apre al dialogo postvoto a Monti.
Anche nel caso di maggioranza alla Camera e al Senato “apriremo un dialogo con forze moderate saldamente europeiste” vanno ripetendo i leader democratici. Tafazzi 2, la vendetta. Inoltre a dir poco contestabili sono le liste del partito tra indagati, iperliberisti (in primis Gianpaolo Galli, uomo della Confindustria come n.2 in Lombardia) e vecchie conoscenze (Rosy Bindi capolista in Calabria).
Sembra che il Pd giochi a perdere e faccia di tutto per far scappare gli elettori, eppure chi non vota il centrosinistra farà “un regalo a Berlusconi”. Insomma, se si perde è sempre colpa degli altri. Bah. La coerenza, cosa difficile da trovare in Italia!
“Non so se e chi voto. Deciderò all’ultimo”, è il tormentone prelettorale che accompagna, in questa fase, soprattutto i cosiddetti elettori di sinistra, disillusi in generale, che non sposano nessuno progetto in toto. Ecco allora cercare di capire i reali progetti di ogni partito, studiare i differenti programmi, scrutare i candidati premier e mettere a setaccio la composizione delle liste. Almeno dovrebbe essere così. In Italia, invece, subentrano fattori esterni e il “voto utile” per arginare la rimonta di Berlusconi a cui si appella il centrosinistra (in primis il segretario Pd Bersani), mai come questa volta sembra una presa in giro. Uno scherzo di veltroniana memoria che nel 2008, in quell’occasione, portò in Parlamento i Calearo e le Binetti. Così fa ridere che la stessa richiesta venga da Sel dimenticando che il 5 aprile 2008, Nichi Vendola, allora rappresentante della Sinistra Arcobaleno, rispondeva così alla richiesta di voto utile al Pd: “Dateci un voto meravigliosamente inutile, sono visceralmente stufo di vivere nella società dell’utilitarismo. E poi, a chi chiede un voto utile, risponderei: utile a chi? A cosa?”. Ma andiamo per ordine per smontare passo passo la teoria.
Novembre 2011, crisi di governo. Berlusconi cadeva. Lo spread impazzava. Si poteva celermente andare alle urne (il ministro degli Interni Maroni parlava di metà gennaio) per tamponare l’emergenza. Il Centrosinistra – delineato a Vasto – volava nei sondaggi mentre Berlusconi sprofondava sotto il 15 per cento. Per lui sarebbe stata la Caporetto definitiva. Per il centrosinistra una netta vittoria che avrebbe portato – malgrado il Porcellum – una stabilità di governo.

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