linkedi Tonino Bucci
Inutile girarci attorno. Chi esce sconfitto alle elezioni per il Landtag in Bassa Sassonia non è la Cdu. Anche se esce fortemente ridimensionato - sei punti e mezzo in meno in percentuale rispetto alle precedenti consultazioni - il partito della cancelliera Angela Merkel rimane pur sempre il primo partito nel Land con il 36 per cento dei voti. E' vero che la Cdu perde la guida del governo locale, ma per effetto di un solo seggio in meno rispetto a quanti ne totalizza la coalizione Spd-Verdi. L'arretramento del partito di Angela Merkel è compensato, per altro, dall'ottimo risultato dei propri alleati, i liberali della Fdp, che contrariamente alle attese della vigila sfiorano il dieci per cento. A maggior ragione non si può parlare di sconfitta della Spd che porta a casa il 32,6 per cento e si aggiudica il governo della Bassa Sassonia. Dalle file dei socialdemocratici viene il neopresidente del Land, Stephan Weil, avvocato e (ormai ex) Bürgemeister di Hannover.

Anche se, di nuovo, la vittoria della Spd non è smagliante come appare a prima vista. Il sorpasso nei confronti della Cdu non c'è stato e l'incremento rispetto alle elezioni di cinque anni non va oltre il 2,3. Chi, invece, ha guadagnato molto da queste elezioni sono i Grüne che crescono del 5,7 per cento. E' solo grazie all'ottima performance dei Verdi che la coalizione rosso-verde ha conquistato la maggioranza nel Landtag, sia pure per un solo seggio.
Chi perde - non c'è dubbio - sono i due partiti della protesta che sinora rappresentavano, bene o male, le uniche anomalie del sistema politico tedesco: la Linke e i Pirati. La prima ambisce a rappresentare la critica economica, vale a dire, l'alternativa alle politiche economiche dominanti, al liberismo, all'austerità, alla logica del capitalismo finanziario e del mercato. I secondi, invece, sono cresciuti nel giro di poco tempo sull'onda della critica politica, della critica alla democrazia della delega e ai partiti tradizionali - con accenti non molto dissimili dal Movimento 5 Stelle in Italia. Negli anni passati entrambe queste forze - la Linke prima, i Pirati dopo - sono cresciute fino a toccare percentuali di tutto rispetto e al punto da irrompere a pieno diritto nel sistema politico tedesco, “alterandone" gli equilibri tradizionali. Se le elezioni in Niedersachsen possono insegnare qualcosa, è che la scena politica tende ad espellere le forze ritenute anomale in vista del voto per il Bundestag in autunno. Quello tedesco si conferma un sistema imperniato su quattro soli partiti, la Cdu e la Fdp, da un lato, la Spd e i Grüne, dall'altro, organizzati nelle due sole coalizioni accreditate a giocarsi nel prossimo autunno la conquista della Cancelleria. Per quanto ci si possa sforzare a trovare le differenze tra i due candidati contrapposti di Cdu e Spd, Angela Merkel e Peer Steinbrück, tra chi è più sensibile alla coesione sociale e chi meno, nessuna di queste forze è disponibile a derogare dall'essenziale: vale a dire, dalle politiche nazionali di rigore del bilancio e dalle misure di austerità sostenute all'interno dell'Ue.
La competizione che si terrà in autunno avrà come posta in gioco non solo la Cancelleria, ma anche la possibilità o meno che nel futuro Bundestag sia rappresentata una posizione alternativa in materia di politica economica. Se questa possibilità dovesse sfumare, il margine di scelta degli elettori tedeschi si ridurrebbe a due soli partiti - Cdu o Spd - entrambi favorevoli, chi più, chi meno, al rigore e ai tagli alla spesa pubblica. Il rischio - concreto - è che in Germania alle prossime decisive elezioni per il Bundestag non sia rappresentata una posizione alternativa in materia di politica economica. Nel parlamento tedesco potrebbe non esserci neppure un partito contrario al fiscal compact. L'unica forza antiliberista - la Linke - potrebbe rimanere al palo. Una prospettiva che ha dell'inverosimile se si raffronta lo stato attuale del partito con la Linke di un paio d'anni fa. Basta pensare che già al momento della fusione tra la Pds di Gregor Gysi e la Wasg di Oskar Lafontaine, nel 2005, la Linke ottiene alle elezioni per il Bundestag l'8,7 per cento e si rivela come il quarto partito tedesco. Due anni più tardi, a Berlino, si celebra il congresso della nascita ufficiale del nuovo partito. Lo guidano Lothar Bisky e Oskar Lafointaine. Un mese prima, ancora in veste di cartello elettorale, la Linke ha ottenuto a Brema l'8,4 per cento. Da qui in avanti la neoformazione inanella una serie di successi. In tutte le elezioni regionali - a eccezione della Baviera - viene superata la soglia di sbarramento del cinque per cento. Nel 2008 esplode un caso politico nel Land Hessen. La Linke si dichiara disponibile a sostenere dall'esterno un governo di minoranza rosso-verde guidato da Andrea Ypsilanti (Spd). Maggioranze alternative non ce ne sono. Ypsilanti tentenna e, sebbene in campagna elettorale avesse respinto ogni ipotesi di collaborazione con la Linke, ci ripensa. Ma il suo partito non la segue e quattro parlamentari della Spd negano il proprio sostegno all'operazione che fallisce definitivamente. L'anno dopo, nel 2009, le elezioni si ripetono. La Linke entra di nuovo in parlamento, ma stavolta la Cdu e la Fdp ottengono una larga maggioranza per governare. Alle europee del 2009 c'è un leggero calo. Il partito si ferma al 7,5. Ma da qui a breve, nella Turingia - all'est - la Linke incassa uno dei migliori risultati della sua storia. Il proprio candidato Bodo Ramelow prende il 27,4 per cento, poco al di sotto della Cdu (31,2 per cento). Di nuovo, si avviano le trattative per un governo regionale a tre, Linke-Spd-Grüne, ma poi la Spd ci ripensa e opta per una coalizione con la Cdu. Alle elezioni per il Landtag nel Saarland il candidato è Oskar Lafontaine e con lui la Linke prende il 21,3 per cento. Anche stavolta prende corpo l'ipotesi di un governo rosso-rosso-verde, ma alla fine i Verdi si defilano e preferiscono una coalizione con Cdu e Fdp. Alle elezioni del 2009 per il Bundestag la Linke sale ancora e ottiene l'11,9 per cento dei voti, conquistando 76 seggi. Contemporaneamente al Landtag del Brandenburgo la candidata della Linke Kerstin Kaiser prende il 27,2 e va a formare un governo regionale con la Spd. Anche nel Land occidentale dello Schleswig-Holstein il partito riesce a superare lo sbarramento e a entrare nel Landtag. Nel 2010 Oskar Lafontaine si dimette da deputato e dalla presidenza del partito. Alla guida della formazione subentrano Klaus Ernst e Gesine Lötzsch. E qui iniziano i conflitti interni. Lötzsch, a causa di un articolo pubblicato sul quotidiano “Junge Welt" con il titolo “Le vie verso il comunismo", viene investito dalle critiche di mezzo partito. Qualcosa si incrina e i risultati alle elezioni regionali del 2011 si fanno scostanti: bene ad Amburgo e, soprattutto, nel Sachsen-Anhalt, male invece nel Baden-Württemberg e nel Rheinland-Pfalz, dove la Linke rimane al tre per cento e manca l'ingresso nei due parlamenti. Nel giro di un paio d'anni gli iscritti calano da 78mila a 70mila. Il 2012 è un anno ancora più disastroso. Altri quattromila iscritti abbandonano la Linke. In due elezioni regionali, nello Schleswig-Holstein e nel Nordrhein-Westfalen, il partito subisce un tracollo e scende attorno al 2,5 per cento, ben al di sotto della soglia di sbarramento. Unica eccezione, il Saarland, praticamente la roccaforte di Lafointaine, dove la Linke incassa il 16,1 per cento. Nel giugno dello scorso anno si tiene il settimo congresso annuale del partito e alla presidenza sale il tandem Katja Kipping e Bernd Riexinger.
Il resto è cronaca. Le elezioni in Bassa Sassonia, sulle quali il gruppo dirigente puntava per riportare il partito sulla scena politica nazionale, si sono rivelate l'ennesima delusione. Un paio di giorni fa è stato presentato alla stampa un team di otto persone, incaricato di condurre la campagna elettorale nei prossimi mesi. Ne fanno parte, tra gli altri, il capogruppo al Bundestag Gregor Gysy e Sahra Wagenknecht. Ma per avere un'idea di cosa succeda dentro la Linke, di cosa pensino i suoi elettori e quali siano davvero gli umori, basta gettare un'occhiata nelle discussioni che infuriano su facebook da domenica sera. Quasi non si contano i commenti di militanti esterrefatti dinanzi alla debacle. «Un colpo allo stomaco», «un disastro assoluto», «non ci resta che emigrare», «sono profondamente deluso», «inconcepibile». C'è chi incita a «guardare avanti». «Il mondo non si cambia nel Landtag. Andiamo avanti nelle strade e nelle piazze, nelle fabbriche, nelle scuole e nelle università». Altri segnalano la difficoltà di un partito che non riesce a parlare alla società. «Che cosa è successo in questo paese? La gente vuole salari ancora più bassi, affitti più alti, bollette più care». Qualcuno cita Einstein per inveire contro gli elettori: «Ci sono due cose infinite: l'universo e la stupidità umana». «Non so che dire, semplicemente ci sono troppi cittadini che vogliono farsi prendere in giro. Ma quando crescerà il popolo tedesco?». «In Bassa Sassonia non ci sarà nessuno a votare contro il blocco dei partiti antisociale nei prossimi cinque anni, quando la crisi finanziaria colpirà anche la Germania».
> Poi, si cerca di capire le ragioni della sconfitta. La litigiosità nel partito, il riemergere della conflittualità tra le due anime, l'est e l'ovest. «Complimenti, vi state distruggendo con le vostre stesse mani». Altri additano la responsabilità dei giornali che hanno trascurato la Linke durante la campagna elettorale. «Il mainstream ha ignorato la Linke. Gli elettori sono stati imbrogliati». «Ard [uno dei principali canali della televisione tedesca, ndr] ha intervistato i Pirati. E la Linke?». «Non è colpa né dei media né degli elettori che sarebbero idioti. Il programma non tira, i candidati non ispiravano fiducia, i dibattiti teorici sulla definizione di socialismo sono fuori dalla vita quotidiana delle persone». «L'alibi del cittadino idiota che non sa riconoscere la verità è vecchio e irritante. Bisogna raggiungere le persone. Se nello stesso Niedersachsen avevamo alle ultime elezioni per il Bundestag l'otto per cento e oggi solo il tre, allora bisogna interrogarsi sulla linea e la tattica del partito». C'è chi se la prende con il corteggiamento nei confronti della Spd. «Basta con questi tentativi ruffiani verso socialdemocratici e verdi. Quel che ora occorre è una conseguente e netta politica di sinistra, senza speculazioni su ipotetiche coalizioni di governo». «La Spd è il vostro avversario». Ma c'è chi dice anche il contrario. «Abbiamo lasciato troppi temi in mano alla Spd. Evidentemente l'opposizione frontale non funziona». «Era prevedibile che saremmo usciti fuori anche dal Niedersachsen. Temo che andrà così anche negli altri parlamenti regionali dei Länder occidentali. All'ovest ci manca sia il radicamento sociale (non tanto verso i movimenti, migliore che all'est) quanto il rispetto verso le nostre posizioni. A questo dovranno lavorare urgentemente nei prossimi anni le nostre federazioni nei Länder occidentali, altrimenti finiremo per ritrarci nei soli parlamenti regionali dell'est, il che sarebbe un passo all'indietro,nei tempi della Pds. Speriamo che su questo rifletta anche il nostro gruppo dirigente. P.S.: il partito non ha trovato fino a oggi nessuna soluzione al problema di come possiamo parlare a coloro che non vanno a votare e di come motivarli. E' un errore. Continuiamo a essere percepiti come i cattivi comunisti o come un partito insignificante». «Il 40 per cento degli elettori - dice un altro militante - non sono andati a votare. Dobbiamo trovare il modo di raggiungerli». E ancora: «Bisogna motivare coloro che non vanno a votare. L'astensionismo si trova soprattutto negli strati sociali meno istruiti». «A votare ci vanno gli strati alti della società. La scarsa cultura è causa del disinteresse verso la politica e dell'incompetenza». Poco a poco il quadro si compone, esce fuori il ritratto di un partito stretto in un angolo che, da un lato, non risulta (ancora) affidabile per erodere il consenso della Spd - la quale continua a essere percepita come il partito del governo e del “voto utile" - e, dall'altro, non riesce - per limiti di linguaggio e di analisi - a intercettare il mondo della strada, del non-voto, del malessere o - al limite - di una protesta che, al momento, non s'esprime in nessuno dei partiti esistenti.

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