di Claudio Bazzocchi
Da lungo tempo ormai cerchiamo di mettere in guardia dall’azzardo della retorica antipartitica che è stata cavalcata imprudentemente anche a sinistra in Italia a partire da Occhetto, passando per Veltroni fino a Vendola. L’antipolitica travolge prima o poi chi crede di poterla cavalcare, poiché si rende immancabilmente ingovernabile lasciando tutti in balia di un incontrollabile risentimento popolare.
Tale risentimento arriva in questi giorni a mettere in discussione la presenza stessa dei partiti nella democrazia italiana chiedendo la fine di qualsiasi finanziamento pubblico.
Non vogliamo portare argomenti a favore del finanziamento pubblico. Altri commentatori lo hanno già fatto in modo autorevole (si veda Michele Prospero su l’Unità del 12 aprile).
Ci interessa qui rilevare che idea di partito politico abbiano coloro che chiedono la fine di qualsiasi forma di finanziamento pubblico. Ebbene, il modello è sostanzialmente quello del partito di opinione, del comitato elettorale o del soggetto non strutturato che mobilita i ceti medi istruiti su singole issues, per esempio dalla rivolta antitasse alla sicurezza per la destra, dai diritti civili alla green economy per la sinistra.