di Mario Pianta
Tre possibili scenari. C'è un deficit pubblico intorno ai 1.100 miliardi di dollari, pari al 7,5% del Pil.
L'incertezza adrenalinica del martedì elettorale non è nulla a confronto dell'incertezza che segna l'economia Usa. La campagna elettorale ha insistito sulla disoccupazione scesa al 7,9% (Obama) e sulla crescita ferma quest'anno al 2% (Romney). Si è parlato del «dirupo fiscale» che incombe sul bilancio federale: se non ci saranno accordi al Congresso, il 1 gennaio scatteranno automaticamente 600 miliardi di dollari di tagli di spesa e nuove tasse, una manovra enorme (dell'ordine del 15% della spesa pubblica Usa) che precipiterebbe il paese nella recessione. Una prospettiva che ha preoccupato più il G20 che gli elettori Usa. I democratici controllano il Senato mentre alla Camera dei rappresentati la maggioranza è dei repubblicani più estremisti, che hanno bloccato ogni mossa di Obama e difendono gli sgravi fiscali ai più ricchi.