Maria Elena Scandaliato
È distaccato, Nanni Balestrini. Quasi indifferente. Parla della sua città –Milano –come se non gli appartenesse, come se fosse parte di un presente troppo distante dai suoi ricordi. «Io sono contro ogni forma di identità», puntualizza, prima di iniziare a registrare. «Non mi considero milanese più di quanto non mi consideri romano, o parigino, o moscovita».
Eppure, Balestrini a Milano c’è nato, 77 estati fa. E c’è cresciuto, muovendo i primi passi come poeta e intellettuale d’avanguardia. Prima tra i “Novis - simi”, poi nel “Gruppo 63”, che riuniva scrittori della neoavanguardia come Umberto Eco, Edoardo Sanguineti, Elio Pagliarani e Achille Bonito Oliva.
Un’epoca, quella, in cui Milano era la capitale indiscussa dell’editoria, e un editore coraggioso come Feltrinelli affidava la sua sede romana proprio al giovane Nanni, che da allora avrebbe fatto la spola tra il Tevere e i navigli lombardi. Ciononostante, Balestrini ha raccontato Milano in tante sue opere, dal recentissimo Liberamilano (2011) alla ruvida narrazione di Vogliamo tutto (1971), senza dimenticare il prezioso saggio L’Orda d’oro , sui movimenti politici e sociali del decennio ’68- ‘77, scritto con Primo Moroni e pubblicato nel 1988.D’altron - de, qualche frammento di Milano Balestrini se lo porta inevitabilmente addosso: il contegno borghese, il sorriso sincero e la gestualità discreta. E, ovviamente, un lungo cappotto di lana: grave e malinconico come la sua città. Partiamo dal presente. La Lombardia si è scoperta nelle mani della‘ndrangheta e di politici e affaristi della peggior specie. Del “primato morale ” di Milano e della regione sembra rimasto ben poco…
Quasi nulla. Un tempo Milano aveva la sua spiccata moralità perché c’era una borghesia piuttosto rigida. Adesso, quella borghesia è completamente scomparsa, perché è stata corrosa da soggetti politici e sociali nuovi, emersi a partire dagli anni Ottanta. Berlusconi e la Lega ne sono un esempio. E comunque Milano non poteva restare quello che era stata, perché né le forze produttive, né l’impianto culturale erano più gli stessi.
E quindi?
E quindi si è involgarita. È diventata la città del lusso, della moda. Certo, in questo momento di crisi sono gli unici comparti a rendere ancora qualcosa, a funzionare. Ma Milano non ha saputo approfittare del vantaggio. Si è appiattita lo stesso, ha perso la sua identità. E sebbene l’identtà non mi appassioni mi rendo conto che una città deve avere dei connotati che la identifichino. Anche perché i connotati di Milano rischiano di diventare il malaffare e la criminalità organizzata... Io penso che i fatti emersi di recente abbiano contribuito a schiacciare ulteriormente Milano e l’intera regione. La città non ha reagito come avrebbe dovuto. E questa mi sembra la cosa più grave, che la avvicina ad altri luoghi d’Italia dove c’è l’abitudine a questi fenomeni. Beh, a Milano si parla da decenni di mafia e cridella minalità organizzata. Ma non è la stessa cosa. Invece di produrre un’ondata di opposizione, di rifiuto, di sdegno... non c’è stata reazione. È un segnale negativo. Una rinuncia, da parte di Milano, a voler giocare un ruolo diverso.
Niente di buono, quindi?
L’elezione diPisapia.Quella sì, è stata una reazione. Ma sono fiammate che hanno bisogno di essere alimentate, altrimenti si spengono. Come lo immagina lei il futuro di Milano e della Lombardia?
Difficile dirlo. Se quanto emerso in questi ultimi mesi servisse a capire che si è toccato il fondo; che si è al capolinea di una condizione di corruzione che era stata accettata senza rendersi conto delle conseguenze…Ecco, questa consapevolezza potrebbe produrre una ripresa in
senso positivo. Ma non è facile, perché ci troviamoin una situazione di crisi economica generale, di depressione e infelicità diffuse. Ma delle aspettative? Cosa si potrebbe volere per questi territori, che oggi sembrano così intristiti? Milano ha una grande energia, una enorme capacità di concretizzare. Quando vuoi realizzare dei progetti, a Milano riesci a farlo. Non trovi troppi ostacoli, è un terreno in cui le idee maturano facilmente. Milano era fertilissima un tempo, era piena di iniziative interessanti. Oggi un po’ meno. E il problema è che queste iniziative dovrebbero scaturire dalle generazioni più giovani. Ma oggi i ragazzi sono frustrati, penalizzati …
Negli ultimi trent'anni, a Milano le iniziative le hanno avute soprattutto a destra. Senza contare che proprio qui sono nati fenomeni come il berlusconismo, o il formigonismo. Ma il berlusconismo è stata un’illusione! In fondo, non faceva che spingere le persone verso un attivismo simile al liberismo di Reagan e cridella Thatcher. «Arricchitevi, fate da soli!…Po - tete diventare imprenditori di voi stessi!»,dicevano loro. E Berlusconi ripeteva: «Fate come me!Avete visto? Io sono venuto su dal niente e sono riuscito a diventare l’uomo più ricco d’Ita - lia…La stessa cosa può capitare anche a voi!». Tutto questo ha messo in moto un grande entusiasmo. Un sentimento ingenuo, che ci ha portato ad essere governati disastrosamente per anni. Ma la spinta iniziale è stata una spinta di energia. E lo stesso è accaduto anche con il delirio della Lega e con Comunione e Liberazione. Sono delle strade sbagliate, ma che esprimono una certa voglia di imporsi, di fare…il problema è che queste spinte dovrebbero prendere direzioni diverse, invece di degenerare nelle forme di populismo che abbiamo visto.
Anni di tv commerciale, di berlusconismo… Tutto questo è nato qui: nella capitale economica d’Italia, che è stata anche il cuore della ristrutturazione e del riflusso.
E non a caso tutto è avvenuto negli anni Ottanta, dopo la grande repressione del movimento che, nel decennio prima, aveva cercato di cambiare le cose. In quella cesura sono state stroncate due generazioni. Subito dopo, è cominciato il “vuoto craxiano”, e da allora l’Italia è scivolata sempre più in basso. Ecco, a Milano tutti questi cambiamenti sono stati esemplari. Sia per la sua centralità nell’economia, che per la sua tradizione. Lei è contro l’appartenenza, ma come vorrebbe che diventasse questa città, che comunque rappresenta le sue radici?
Ricordo una città di un’energia, di un’intensità, di una pienezza straordinarie: era la Milano degli anniCinquanta e Sessanta. Ora tutto questo si è disgregato…ma ovunque, anche a Roma. Quello che posso sperare è che si torni a costruire delle iniziative forti, coraggiose, incisive, dove c’è il terreno adatto. Dove c’è gente capace, che agisca in modo deciso, senza perdere tempo. Perché questa era l’abitudine di Milano. In Lombardia, a febbraio, il Centrosinistra candiderà Ambrosoli. Ci sono davvero delle idee e dei progetti alternativi, dietro questa candidatura?
Mah. Io non ho questa impressione, sinceramente. Non ho capito esattamente cosa dica Ambrosoli, quali siano le sue posizioni. Certo, so chi è…ma mentre Pisapia era già un personaggio, e aveva espresso immediatamente delle posizioni chiare, anche coraggiose, in questo caso non ho la stessa sensazione. Forse non era facile trovare un grosso personaggio, va bene. Però, qualcosa di meglio…lei che ne dice?
Pubblico - 10.12.12