di Guido Scorza
Ormai è diventato un autentico tormentone parlamentare che rimbalza dalla Camera al Senato e da un banco all’altro di Montecitorio e Palazzo Madama con frequenza quasi settimanale.
Stiamo parlando della famigerata legge ammazza-internet attraverso la quale si vorrebbe estendere l’applicabilità dell’intera vecchia legge sulla stampa, quella datata 1948, a tutti i “siti internet aventi natura editoriale” il che vuol dire, più o meno, a tutti i siti internet giacché è pressoché impossibile stabilire quando ad un sito internet possa essere attribuita “natura editoriale”.
102 caratteri, spazi inclusi, per stabilire che chiunque gestisca un blog, un sito internet, una piattaforma di condivisione di contenuti, una web tv, un forum di discussione, una pagina su un social network o un aggregatore di informazioni altrui è tenuto a registrare in tribunale una testata, a nominare un giornalista direttore responsabile, a rettificare entro 48 ore dalla richiesta a pena di una salatissima sanzione pecuniaria ed ad adempiere alle altre decine di formalità e regole prescritte dalla vecchia legge sulla stampa per chi intenda fare dell’informazione un’impresa ed un mestiere.
L’ultimo di un interminabile sequenza di disegni di legge di identico contenuto porta la firma dell’On. Enrico Costa (PdL), è stato presentato alla Camera dei Deputati lo scorso 13 maggio – e, quindi, giusto una settimana dopo il penultimo dei suoi antenati, a firma dell’On. Pino Pisicchio (Gruppo misto) – e sembra destinato ad essere esaminato in Commissione Giustizia, già in settimana.
La storia di questo disegno di legge, però, è più grottesca e paradossale di quelle delle altre analoghe iniziative che lo hanno preceduto ed è una storia che racconta di una miscela esplosiva di ignoranza, confusione e/o malafede. Bastano poche date ed un pugno di parole per convincersene.
Lo scorso 16 maggio – e, dunque, appena tre giorni dopo la presentazione del disegno di legge in questione – l’On. Costa, viene intervistato a proposito dell’annunciata idea di riproporre il famoso disegno anti-intercettazioni, re-inserendovi un comma già presente nel vecchio ddl Alfano, battezzato “ammazza-blog”, perché volto ad estendere anche ai blog l’obbligo di rettifica previsto dalla vecchia legge sulla stampa.
Ecco uno stralcio di quell’intervista realizzata, al telefono, da Fabio Chiusi:
“C’è anche la parte che riguarda l’obbligo di rettifica per i blog?
Sì, c’è. Ma quella parte comunque già in fase parlamentare era stata cancellata. Questa è una mera riproposizione. Guardi, il testo lo dovrò mettere a punto la prossima settimana. Se mi richiama la prossima settimana le dico come lo metto a punto. Possibile che quella parte magari la espungiamo subito, perché tanto comunque c’era un consenso a espungerla.
Lei di suo sarebbe d’accordo a eliminarla?
Sì. E comunque anche da relatore ero tra quelli per cui l’emendamento Cassinelli, nella scorsa legislatura, avrebbe dovuto essere accolto. [n.d.r. il c.d. emendamento Cassinelli mirava a limitare l’ambito di applicazione dell’ammazza blog].”.
Tre giorni dopo aver presentato alla Camera dei Deputati un disegno di legge attraverso il quale propone di applicare a tutti i siti internet, l’intera legge sulla stampa – compreso evidentemente l’obbligo di rettifica – l’On. Costa, dichiara di non essere intenzionato ad estendere l’obbligo di rettifica ai blog.
Ogni altra parola sarebbe di troppo.
Meglio lasciare che ognuno arrivi alle proprie conclusioni scegliendo tra una delle opzioni sul tavolo: ignoranza, malafede o tanta confusione.
Quale che sia la verità e quali che siano le ragioni per le quali, di settimana in settimana, ci si ritrova a dover segnalare un disegno di legge volto a limitare la libertà di manifestazione del pensiero sul web, il problema è serio ed il rischio che di carambola in carambola, prima o poi, l’ammazza-blog o l’ammazza-internet diventino legge estremamente elevato.
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