di Veronica Albertini
Alessio Butti, deputato del Pdl, ha presentato nei giorni scorsi un disegno di legge con cui si intende limitare il diritto di utilizzare o semplicemente riprendere contenuti presenti in Rete provenienti da altre fonti, subordinandolo ad un accordo vincolante con le grandi "associazioni degli editori delle opere da cui gli articoli medesimi sono tratti".
Il nostro giudizio è che tutto ciò sia semplicemente irricevibile. Che la presenza in rete di determinati contenuti possa dipendere dal raggiungimento di un accordo è privo di ogni logica. Se non una logica censoria inaccettabile.
E poco vale iscrivere questo caso nella lamentela tutta italiana contro i partiti della destra berlusconiana o post-berlusconiana. Il problema, più profondo, è la cultura trasversale della censura, delle lobby dei poteri forti e dei grandi oligopoli dell'informazione. Una partita a risiko tra grandi gruppi imprenditoriali che tanto si combattono per la conquista del mercato dell'opinione (e tramite questa via del consenso elettorale a questo o quello schieramento) quanto si accordano nel limitare tutto ciò che sfugge alla loro avidità e al loro controllo totalitario.
La prima vittima designata è proprio la rete, la sua immensa capacità di intessere relazioni e fornire notizie in tempo reale, in un circuito virtuoso di informazione, formazione e auto-formazione senza precedenti nella storia della comunicazione di massa e senza pari.
È per questo che oggi una sinistra moderna e senza complessi d'inferiorità (con una vocazione egemonica e un'apertura mentale che la proietti nella relazione vera e diretta con i nuovi attori sociali, a partire dai popoli del web e dalle nuove generazioni che all'interno di questi crescono) non può non porsi come tema prioritario di battaglia politica quello della lotta per la libertà digitale.
Una lotta che contiene in sé innanzitutto la rivendicazione per il libero accesso alla rete, fondamentale come mezzo diretto di contrasto al monopolio delle lobby e come leva indiretta per contrastare i rigurgiti di autoritarismo (di cui le nuove forme di censura sono soltanto un aspetto particolare); e per la libera condivisione dei saperi, per l'open source e per il copy-left, che va assunto nel nostro vocabolario e nella nostra agenda politica come vero diritto inscindibile dalla teoria dei diritti sociali che tradizionalmente rivendichiamo.
Il primo passo di questa lotta è superare il muro del silenzio, diffondendo il più possibile la notizia, per sensibilizzare su queste tematiche un'opinione pubblica ancora troppo poco attiva.
A questo primo passo ne devono però necessariamente seguire altri cento, altri mille. La lotta per il cambiamento passa anche da qui, dalla rete, dal luogo virtuale ma così reale in cui ormai un miliardo e settecentomila persone (un quarto dell'umanità) sono connesse. Connettiamoci a loro, connettiamoci anche noi.