di Claudia Fusani

Un tempo erano dalla stessa parte, l’antimafia dei fatti e non delle parole, quella che vuole cambiare un modo di fare la politica in Sicilia. L’emozione e la forza di un film come I Cento passi del giornalista scrittore e politico Claudio Fava. La grinta del sindaco gay comunista e cattolico Rosario Crocetta che si prende Gela e la sottrae alle cosche denunciando al Tar i brogli del voto e facendo arrestare 350 boss. Era l’inizio del millennio, tra il 2000 e il 2003. Il sodalizio, o meglio la condivisione della stessa squadra, è andato avanti fino a un paio d’anni fa. Ora sono uno contro l’altro in una battaglia che dovrebbe invece vederli alleati, quella per voltare pagina in Sicilia.


Fava, perché questa ostilità contro Crocetta? Venite dalla stessa famiglia.
«Non si tratta di essere ostili alla persona. Con massimo rispetto dico che Crocetta è una candidatura che guarda al passato della Sicilia e non è una svolta. Ha promesso di fare la rivoluzione che però è durata un giorno. Poi il rivoluzionario si è alleato con l’Udc. Crocetta sul piano politico rappresenta la continuità con il partito di Cuffaro prima e di Lombardo poi. Significa la continuità con quel modo di fare politica che ruota solo intorno all’assistenzialismo, alla spesa pubblica, ai comitati d’affari e alle clientele. La rivoluzione, quella vera, è quella che fa piazza pulita di tutto questo. Si può fare. I siciliani hanno un’occasione storica: far diventare l’isola un modello di avanguardia economica e di nuova politica».

L’Udc di Gianpiero D’Alia non ha più nulla a che fare con quella di Cuffaro.
«Falso. In tutti i sensi. Per i nomi che l’appoggiano, profughi dell’Mpa e del Pdl come Francesco Musotto e vecchi amici di Cuffaro come Antonio Dina. E questo solo per stare alle prime file. E vedremo poi chi saranno i candidati nel territorio. Falso soprattutto per i metodi, per quel modo di intendere la politica che ruota solo intorno alla spesa pubblica e alla ricerca di consenso personale. È il sistema che è riuscito a spendere solo il 7% dei fondi di Agenda Duemila che ammontavano a circa 20 miliardi di euro. Un sistema portato avanti da Lombardo, con l’appoggio del Pd, con metodi ancora più perfetti e spregiudicati. Io sono contro questo sistema. E tutta la gente che incontro è contro questo sistema. Vorrei che si ragionasse sul fatto che gli ultimi due governatori di questa regione, Cuffaro e Lombardo, hanno chiuso il mandato per gravi guai giudiziari. Il motto di Cuffaro era: “La mafia fa schifo”. E poi però c’è finito dentro, per mafia. Se non voltiamo pagina ora, quando lo dobbiamo fare?».

La storia di Crocetta è antitetica al sistema che lei traccia. Che succede allora: i soliti trasformismi siciliani?
«Credo che la sua sia una scelta dettata dalla vanità. Altrimenti non sarebbe andato con il piattino in mano a cercare appoggi e consensi un po’ ovunque. Poi bisogna vedere chi si ritrova dietro di lui: di certo larghi pezzi di quel potere parassitario e consolidato e trasversale, quello che ha mollato in capo alla Regione 9 mila formatori, 28 mila forestali, 21 mila dipendenti».

L’appello all’unità del centro sinistra di Crocetta cade nel nulla?
«Il centrosinistra in Sicilia non esiste più. Il suo scalpo è stato consegnato a Lombardo due anni fa quando il Pd decise l’appoggio all’allora governatore. Due mesi fa avevo detto: “Facciamo le primarie, purché con candidati che non abbiano ammiccato a Mpa e Udc”. Il Pd, quel che ne rimane in Sicilia, ha fatto una scelta passatista. E ha scontentato la base».

Lei è il candidato di Sel al governo dell’isola. Farà un cartello di sinistra dura e pura?
«Sto lavorando nel territorio, incontro i comitati contro il gassificatore di Melilli, quelli contro la discarica di Motta Sant’Anastasia, i ventimila precari a cui è stata rubata la vita. Noi diciamo di sostituire tutti i consiglieri di amministrazione delle 54 società partecipate dalla Regione con risorse interne e con risparmi di centinaia di milioni di euro. Credo di poter riunire forze che vorranno prima di tutto riscrivere il bilancio della Regione con idee concrete».

Se il voto siciliano è laboratorio di quello nazionale, che fine fa il patto Bersani-Vendola, il cantiere dei progressisti?
«Quel patto prescinde dalla realtà siciliana che è molto particolare. Non ci sto con questo parallelismo tra il voto siciliano e quello nazionale».

E Sel farà in Sicilia quello che non fa a livello nazionale, l’accordo con l’Idv? Lei e Orlando, la stagione della Rete alle spalle, potreste essere un ticket vincente...
«L’accordo con l’Idv è probabile oltre che utile. Da un pezzo stiamo dicendo cose molto simili senza averle concordate. Abbiamo scoperto di avere una parola chiave comune: alternativa».

Montante, presidente di Confindustria Sicilia, scrive su L’Unità che questo voto può essere un’occasione unica: se saprà rinnovarsi, l’isola puó diventare avanguardia di un modello di sviluppo nazionale. Condivide?
«Montante dice di affrancarsi da spesa pubblica e assistenzialismo. Di puntare sulla creatività per valorizzare le risorse che abbiamo, sul mercato e sullo sviluppo. Ne abbiamo parlato finora. Condivido riga per riga».

Procura di Palermo, inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia , polemiche con il Quirinale. Da che parte sta?
«Sto dalla parte della verità nel senso che i siciliani e l’Italia sono stati derubati di un pezzo importante di verità che ora pretendono. Trovo che da parte del Quirinale ci sia stato un eccesso di zelo nella vicenda delle intercettazioni e un po’ di timidezza nel difendere il lavoro dei magistrati».

E I suoi colleghi Lumia e Alfano che vanno in carcere dai boss a suggerire il pentimento?
«Sono rimasto allibito».

 

da l'Unità.it

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