di Giulio Marcon
Dalle discussioni estive sulle alleanze politiche in vista delle prossime elezioni e sulle prospettive di governo sta mancando completamento il merito: il programma e gli obiettivi che sarebbe necessario darsi per fronteggiare la crisi e avviare un modello di sviluppo radicalmente diverso da quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi. E scompaiono - dal dibattito politico - da una parte la società con le sue sofferenze e dall'altra i soggetti (il lavoro, i movimenti, la società civile) che dovrebbero essere il perno di un cambiamento radicale del paese.
Prevale, per parafrasare il detto gramsciano, una logorante "guerra di posizionamento" in cui a farla da padrone sono le continue mosse e giravolte tattiche, le battute e la loro esegesi, il detto e il non detto, gli equilibrismi sul nulla, i minuetti che cambiano di tonalità ogni giorno, le foto più o meno sfocate: cioè il rito di una politica autoreferenziale a destra come - ahinoi - a sinistra.