di Martina Castigliani
Esistono ma nessuno ne parla. È la storia dei tanti acquedotti rurali presenti nell’appennino reggiano e che rappresentano una vera e propria rivoluzione in termini di gestione dell’acqua come bene pubblico. Era il secondo dopoguerra e i contadini, piccone e pala alla mano costruirono acquedotti là dove c’erano fonti e corsi d’acqua: strutture efficienti, che dopo mezzo secolo funzionano ancora. 40 euro circa, la spesa annua per ogni abitante, che deve semplicemente far fronte alle spese di gestione e manutenzione.
A mettere in luce questa realtà, due cittadini di Villa Minozzo, Graziano Malvolti e Benedetto Valdesalici, e Tommaso Dotti, membro del Comitato Acqua Bene Comune di Reggio Emilia.