
di Marco Sferini
La domanda è questa: ma i capannoni dove sono rimasti sepolti i lavoratori modenesi, migranti o italiani che fossero, erano agibili o no dopo l’ultimo terremoto? Rispondere a questa domanda farebbe certamente gravare su alcune coscienze il peso di una parte della morte di questi lavoratori che oggi si contano tra i morti di un martedì di fine maggio dove la terra non ha dato alcuna sosta in un balletto di distruzione e morte reso ancora più macabro dai mancati sensi di colpa di chi avrebbe potuto adeguare strutture e territorio ad eventi di questa natura e non l’ha fatto.
Non sono le colpe qui che mi interessano come elemento di sottolineatura di una negligenza o del padronato o dello Stato. Mi interessa di più domandarmi che tipo di economia è quella che sfrutta la mano d’opera, il lavoro salariato, qualunque lavoro fino all’osso e non si cura nemmeno minimamente delle condizioni in cui fa tutto questo.











