di Norma Rangeri
«Sono certo che il prefetto De Gennaro, nel suo nuovo incarico istituzionale, potrà efficacemente portare avanti il suo impegno...», così Massimo D'Alema, l'11 maggio, salutava la nomina a sottosegretario del governo Monti dell'uomo che ai tempi del massacro alla Diaz era il capo della polizia. La stessa persona che nelle motivazioni della Corte di Cassazione interpreta il ruolo del fantasma del palcoscenico, l'ispiratore di una repressione disumana, segnata da efferatezze che ancora oggi si fatica a leggere nei particolari descritti dai giudici. Quel poliziotto d'Italia che non volle fermare le squadracce spinte, invece, a emulare un clima cileno, nel cuore dell'Europa, quando l'Italia berlusconiana sospese la democrazia con il sangue di ragazzi inermi. Lo stesso uomo che la Cassazione ritiene responsabile di aver sollecitato il meccanismo della pura violenza nel tentativo di riscattare l'onore perduto di una polizia che non aveva saputo vigilare sull'ordine pubblico nei giorni del G8.











