di Moni Ovadia
Moltissimi italiani hanno visto indiretta o in differita il provocatorio gesto autolesionista di un minatore della CarboSulcis asserragliato con i suoi compagni nella miniera imbottita di esplosivo. Quel minatore ha mostrato a tutti noi il colore del suo sangue proprio lì nel cuore del terminale della virtualità mediatica, lo schermo del televisore e, di colpo ha riportato al centro del nostro sguardo la realtà prima e ultima: «L’essere umano è fatto di carne e sangue, di affetti e di sentimenti, di dignità, di pensiero, ma anche di budella. Prima di infliggersi la ferita al braccio quel minatore ha detto che non si sarebbe fatto togliere la vita da chi detiene il potere su quella miniera che è fonte del suo lavoro e quindi della sua vita e di quella dei suoi cari.
E ha dichiarato di essere pronto a togliersela da sé la vita, se questo è ciò che si vuole da lui. In quel gesto dimostrativo estremo seguito a quelle parole c’è tutta l’affermazione radicale della dignità di chi vive del proprio lavoro. Sono donne e uomini che non hanno alle spalle bonus, rendite, amicizie che contano, privilegi, fringe benefit, proprietà. Sono esseri umani che contano su se stessi, sulla famiglia, sui compagni e che sperano di contare sulle organizzazioni del lavoro che ne difendano i diritti senza cedere. Le parole e il gesto di quel minatore, la determinata presenza dei suoi compagni sono diretti in prima istanza alla proprietà della miniera, ma immediatamente dopo a tutto il potere economico, al governo in carica, ma soprattutto sono un messaggio drammatico indirizzato a quelle forze politiche che dovrebbero rappresentare le istanze del lavoro.
Una forza che rappresenta le istanze del lavoro esiste nel nostro Paese è la Fiom, una forza con una visione chiara del proprio posizionamento, una forza responsabile che non si lascia sedurre dalle sirene di false innovazioni del mercato del lavoro, ma la Fiom non può essere lasciata sola ed esposta ad ogni tipo di aggressione pretestuosa da parte dei pseudo Soloni del liberismo. Il sedicente fronte progressista deve assumersi fino in fondo le proprie responsabilità, fare scelte chiare, impegnarsi a riportare la questione del lavoro al centro del proprio progetto politico, ma non solo a parole concedendo contentini alla retorica delle circostanze. Al di là delle chiacchiere da talk show sulla fine delle differenze fra destra e sinistra esiste ancora una demarcazione netta ed inequivocabile come bene ha spiegato Vittorio Zucconi in un dibattito sulla 7: i progressisti ritengono il welfare state irrinunciabile e si propongono di promuoverlo, i conservatori vogliono comprimerlo per demolirlo. E il welfare si fonda sulla dignità della persona, del lavoro e sulla giustizia sociale.
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