di Domenico Moro

E così siamo arrivati a duemila miliardi di debito. La notizia mette i brividi ma è vera, ed è forse l’ultimo regalo fatto al l ’Italia dai (presunti) risanatori Tecnici. Come può essere accaduto, dopo tanto rigore, dopo dodici mesi di lacrime e sangue? Da più di un anno si è affermata la vulgata secondo cui l’aumento del debito pubblico porta alla crescita degli interessi e dello spread. A questo concetto è connessa l’idea che una politica di rigore, riconducendo sotto controllo il debito, può ridurre spread e interessi. Il Presidente Napolitano, proprio allo scopo di risolvere la situazione di crescita del debito e salvare l’Italia dall’insolvenza e dal baratro, ha nominato Monti che ha applicato una politica di rigore.

Ora, però, a distanza di una anno dal suo insediamento accade una cosa strana: il debito pubblico è aumentato ancora. E di molto: la soglia psicologica dei duemila miliardi è stata sfondata, raggiungendo i 2.014.693 miliardi di euro. La cosa più bizzarra, però, è che nell’anno montiano, tra novembre 2011 e ottobre 2012, il debito è aumentato del 5,3%, mentre tra novembre 2010 e ottobre 2011, Berlusconi presidente, il debito era cresciuto del solo 2%.

In assoluto con Monti il debito è aumentato di quasi 102 miliardi, mentre nell’a nno precedente l’aumento era stato di 38 miliardi. Altro fenomeno, apparentemente inspiegabile secondo la logica imperante, è il fatto che lo spread sia diminuito. Ma andiamo per ordine. Perché il debito è aumentato? La politica di aumento dell’imposizione fiscale di Monti ha portato ad un incremento delle entrate fiscali, tra gennaio e ottobre 2012, di 8,75 miliardi rispetto allo stesso periodo d el l ’anno precedente. In termini percentuali l’aumento delle entrate fiscali è stato del 2,9%, mentre nel 2011 sul 2010 era stato dell’1,5%. Forse allora sono state le spese ad essere aumentate in misura tale da annullare l’effetto positivo sui bilanci delle maggiori imposte? Neanche questo è vero, o meglio non del tutto: perché le spese, tra gennaio e ottobre 2012, sono cresciute di 10,5 miliardi.

In percentuale l’aumento è stato del 3%, mentre tra 2011 e 2010 era stato del 3,7%. Se andiamo a scartabellare il Bollettino della Banca d’Italia ci accorgiamo, però, che c’è una tabella in cui si evidenziano le erogazioni dello stato italiano a favore dei vari fondi salva stati, in particolare attraverso accordi bilaterali o direttamente all’Efsf. Tali erogazioni passano dai 3,9 miliardi del 2010, ai 13,12 del 2011 e crescono velocemente per tutto il 2012 fino ad arrivare alla bella cifra di 30,2 miliardi. Bisogna osservare che, quando uno stato presta all’Efsf, i fondi vengono ascritti come passività al suo debito pubblico, che di conseguenza ne risulta aumentato. Ecco, dunque, che la «povera» Italia, in predicato di finire nel baratro, in realtà si è fatta finanziatrice di altri Paesi, senza ottenere nulla i cambio dall’Europa ed anzi dando un contributo decisivo a mettere le pezze ad un sistema che fa acqua da tutte le parti. Un rituale un po’ strano per un Paese che doveva ridurre il proprio debito innanzi tutto. Un’altra conclusione da trarre è che nei fatti non esiste una correlazione diretta e necessaria tra aumento del debito ed aumento dei tassi di interesse e dello spread, come le vicende di altri Paesi, dal Giappone agli Usa dimostrano. Infatti, nonostante l’aumento del debito in assoluto ed in percentuale sul Pil, spread e tassi d’interesse in quei paesi sono diminuiti.

Tale diminuzione dipende più che da Mario Monti dall’altro Mario, Draghi, che ha deciso l’intervento della Bce mediante strumenti anti-spread ed ha erogato liquidità alle banche dei vari Paesi, che hanno acquistato titoli di stato, riducendone i tassi d’interesse. Infatti, i tassi, scesi subito dopo l’arrivo di Monti, sono risaliti dopo poco, e sono scesi ancora e definitivamente solo dopo i vari interventi della Bce. Comunque, il calo dei tassi di Bot e Btp non ha giovato granché al miglioramento delle condizioni di prestito a famiglie e piccole e medie imprese. Anche la rinnovata fiducia degli investitori internazionali, grazie alla ritrovata credibilità italiana, anche questa attribuita al solito e sobrio Monti, sembra essere alquanto esagerata.

Infatti, i titoli italiani in mano ad investitori esteri sono scesi dai 796,85 miliardi del 2010 ai 721,7 del 2011 e ancora ai 676,5 di settembre 2012. Viceversa, i titoli detenuti dai nostri istituti finanziari sono saliti dai 541 miliardi del 2010 ai 698 del settembre 2012, quelli della Banca d’Italia da 66 miliardi a 99 miliardi, e quelli in mani di altri residenti da 145 a 197 miliardi. Non vogliamo dire che debito, spread o alti tassi d’interesse sono una stupidaggine. Vogliamo dire che sono volutamente esagerati o comunque utilizzati come strumento sia per attaccare le posizioni del lavoratori (salario e stato sociale) e dei settori non monopolistici della società sia per regolare conti interni ai gruppi dominanti. Inoltre, certamente non si risolvono con politiche di rigore del tutto inutili.

Dietro chi appoggia Monti e in genere dietro chi si fa promotore della cosiddetta agenda «europeista» ci sono forze che utilizzano l’Europa per una profonda ridefinizione degli assetti istituzionali, sociali ed economici continentali.

 

Pubblico 15.12.2012

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