di Walter Passerini
Eppure è così evidente. Ma perché non se ne accorgono? La priorità è la creazione di posti di lavoro. Direte che è velleitario, in un momento di crisi, ma è proprio nella crisi che si dimostra la capacità di governo. Gli attuali governanti, come spesso quasi tutti i precedenti, pensano che l’occupazione crescerà quando la macchina dell’economia si rimetterà in moto. Ma che cosa fanno perché aumenti la domanda di lavoro? Poco, troppo poco. I provvedimenti sulla domanda, poi, avranno bisogno di tempi lunghi, ben al di là della durata di questo governo, che potrà avere quindi molti alibi al suo arco.
Alla fine, mi pare che prevalga un atteggiamento passivo, in nome di un mercato che da solo non potrà crescere. E’ la solita solfa del liberismo, dice un mio caro e vecchio amico. Magari, dico io. Ma oggi non possiamo soffermarci su dispute ideologiche, anche se credo che dovremmo piuttosto guardare alla lezione di Keynes. Deve essere oggi lo Stato a prendere in mano l’economia, per rispondere con un programma di emergenza a una vera emergenza, che rischia di diventare catastrofe. La domanda non va quindi sollecitata indirettamente, ma direttamente. Lo Stato deve creare da un lato opere pubbliche per far crescere l’occupazione e, dall’altro, deve incentivare direttamente le aziende che assumono. Anche perché il calo dell’occupazione è un moltiplicatore del calo del pil, della ricchezza prodotta. In attesa di vedere i concreti risultati della recente riforma del lavoro e in attesa di un settembre che si presenta molto complicato, giudicheremo il comportamento del governo e dei partiti, che si apprestano a una lunga campagna elettorale. Cercando di capire se governo e partiti hanno a cuore le vere emergenze nazionali, il lavoro in primo luogo, oppure se cercano solo di sopravvivere a se stessi.