Nessuno si aspettava certo un'inversione di tendenza di questi tempi, ma i dati di bankitalia fanno comunque impressione.
Nel 2011 la crisi economica ha ridotto la ricchezza netta delle famiglie italiane del 3,4% in termini reali. Il dato aggregato era pari a circa 8.619 miliardi di euro, corrispondenti a circa 140 mila euro pro capite e 350 mila euro in media per famiglia. Significa che siamo tornati sui livelli di fine anni Novanta. Rispetto al 2007, quando la ricchezza raggiunse il suo valore massimo in termini reali, la riduzione è pari al 5,8%. Se confrontiamo questi dati con quelli degli altri paesi emerge che le famiglie italiane ancora mantengono «un'elevata ricchezza netta» e risultano «relativamente poco indebitate», con un ammontare dei debiti pari al 71% del reddito disponibile (in Francia e in Germania è di circa il 100%, negli Stati Uniti e in Giappone del 125%, in Canada del 150% e nel Regno Unito del 165%).
Ma quello che più impressiona è senz'altro la distribuzione di tale ricchezza: «è caratterizzata da un elevato grado di concentrazione». Alla fine del 2010 la metà più povera delle famiglie italiane deteneva il 9,4% della ricchezza totale, mentre il 10% più ricco deteneva il 45,9% della ricchezza complessiva.
Paolo Ferrero: «I dati di Bankitalia sulla distribuzione della ricchezza ci parlano di un’Italia in cui aumenta il gap tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Un Paese in cui il 10% più ricco detiene oltre il 45% delle ricchezze è un Paese in cui semplicemente si cronicizzano le disuguaglianze e l’ingiustizia sociale. Questa situazione drammatica è frutto della recessione e delle misure di austerity, prese da Monti col sostegno di Pd, Pdl e centro, che ne stanno peggiorando gli effetti sulle fasce più deboli. È una vergogna, ci vuole assolutamente una tassa patrimoniale sulle grandi ricchezze».