Si chiamava Giovanni Battista Macciò l'operaio della Culmv morto schiacciato la scorsa notte nel porto di Genova mentre lavorava: un'altra vittima sacrificata al primato del profitto
Non si parli di nuovo di fatale incidente o di non rispetto delle procedure di sicurezza che sono tali solo se reggono in qualsiasi condizione; se non lo fanno, non sono tali e non possono essere usate come scusante, il tappeto sotto cui nascondere turni e doppi turni, cottimi e precarietà, uniti a controlli insufficienti e mancati investimenti sulla sicurezza.
La verità è che anche questa tragica morte è figlia della ricerca del massimo di sfruttamento col minimo dei costi: si sono deregolamentate e privatizzate le banchine, si è spezzettata la gestione del lavoro, si impongono turni e carichi di lavoro che di per sé producono insicurezza e rischi continui per la vita dei lavoratori.
Ora siamo al film già visto della sequela di messaggi di cordoglio farisaici che non durano lo spazio di una giornata; che nel loro susseguirsi nel corso dell’anno senza che nulla cambi davvero, invece che suscitare rabbia e mobiitazione durature contro il sacrificio di vittime sull’altare del profitto, finiscono per produrre un’assuefazione che fa il gioco di politici e governi che il cambiamento non lo vogliono.
Nel dichiarare i nostro più completo sostegno al giusto sciopero dei portuali, alla loro lotta per un lavoro garantito e sicuro, non possiamo non ribadire la necessità di controlli che facciano rispettare le leggi sulla sicurezza esistenti e l’attuazione di nuove norme a partire dall’introduzione nel codice penale del reato di omicidio sul lavoro.
Rifondazione Comunista si stringe attorno alla famiglia e ai colleghi di lavoro di GB Macciò e dell’altro lavoratore rimasto ferito, per il quale auguriamo una rapida guarigione.
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Gianni Ferretti, segretario della federazione di Genova
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea