di Antonello Patta* -
È un’Italia ben diversa dall’immaginario mondo di Giorgia quella che emerge da una serie di rapporti pubblicati ieri dalla Commissione Europea;
I dati, oltre a mettere in evidenza le persistenti fragilità dell’economia italiana alle prese col rischio di una nuova fase di deindustrializzazione, svelano impietosamente cosa si cela dietro i successi occupazionali millantati dal governo delle destre.
Per l’Italia Il confronto su lavoro, salari e occupazione, anche solo con le medie europee, tralasciando i Paesi più virtuosi, è avvilente.
È vero che il tasso di occupazione è cresciuto, anche perché si partiva da una situazione molto arretrata, ma rimane ben 9 punti percentuali sotto la media europea; preoccupante il divario occupazionale tra uomo e donna: 19,5%, il doppio della media Ue; Drammatico il tasso di occupazione nel sud e nelle isole: 25% inferiore ai valori medi del continente; il tasso di giovani che non studiano e non lavorano è del 16,1%, 5 punti peggio della media dei 27.
A spiegare cosa si nasconde dietro il presunto successo del governo concorrono anche i dati forniti da Eurostat che confermano il progressivo calo dei salari italiani certificato da tempo da tutti gli organismi nazionali e internazionali: negli ultimi 15 anni, i salari italiani sono scesi del 6% mentre nella media degli altri paesi europei sono aumentati dell’11%.
La diffusione estrema del lavoro povero rappresenta la causa principale dell’aumento della povertà attestato da Bruxelles che ricorda quanto sia alta nel nostro Paese la quota di popolazione a rischio povertà: il 23%, il 27,1% quella dei bambini, entrambe ben al di sopra delle medie europee.
Negli stessi rapporti sempre a proposito dell’Italia si può leggere: “la percentuale di persone colpite da gravi privazioni materiali e sociali è aumentata, in linea con l’elevata e stagnante quota di persone che vivono in povertà assoluta”, pari al 9,8 per cento nel 2023.
Le ragioni di questa situazione drammatica sono note e rimandano a un sistema economico malato, che perde quote nei settori industriali più avanzati e tiene in comparti come l’edilizia il turismo e il commercio dove notoriamente sono ampiamente diffusi bassi salari, lavoro precario e irregolare come testimoniano i dati europei secondo cui il numero delle persone occupate a tempo determinato in Italia è tra i più elevati d’Europa, più del 15%;
La precarietà lavorativa e la diffusione della povertà secondo l’Europa determinano “la cultura always on”, cioè la disponibilità ad essere attivi 24 ore su 24 come testimonia un sondaggio condotto da Eurofound in Belgio, Francia, Italia e Spagna secondo cui oltre l’80% degli intervistati si è dichiarato disponibile ad accettare di lavorare oltre il normale impegno lavorativo.
Una situazione conseguenza di decenni di leggi che hanno aggravato la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori con la diffusione di mille forme di precarietà e lavoro irregolare funzionali a renderli sempre più ricattabili e imporre lavori sottopagati, privi di tutele e diritti e più sfruttamento.
Di fronte a questa situazione aggravata anche dal taglio del reddito di cittadinanza il governo delle destre si comporta come se i drammatici problemi della struttura produttiva del paese non lo riguardassero; vara una finanziaria che non solo non fa nulla per salari, pensioni e redditi dei ceti popolari, ma taglia ancora la spesa pubblica mettendo cinicamente in conto un’ulteriore riduzione dei diritti, dei salari e dei consumi, con la naturale conseguenza di deprimere ancora di più l’economia e aumentare il disagio sociale.
I sovranisti nostrani quando parlano di patria, pensano agli interessi del capitale e dei ceti che si arricchiscono sulle rendite speculative, sull’evasione fiscale e sullo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori.
Solo le lotte potranno restituire dignità al lavoro, diritti e reddito alle cittadine e ai cittadini e arrestare il drammatico declino del Paese.
*Responsabile nazionale lavoro del Prc