di Antonello Patta* -

È un’Italia ben diversa dall’immaginario mondo di Giorgia quella che emerge da una serie di rapporti pubblicati ieri dalla Commissione Europea;

I dati, oltre a mettere in evidenza le persistenti fragilità dell’economia italiana alle prese col rischio di una nuova fase di deindustrializzazione, svelano impietosamente cosa si cela dietro i successi occupazionali millantati dal governo delle destre.

Per l’Italia Il confronto su lavoro, salari e occupazione, anche solo con le medie europee, tralasciando i Paesi più virtuosi, è avvilente.

È vero che il tasso di occupazione è cresciuto, anche perché si partiva da una situazione molto arretrata, ma rimane ben 9 punti percentuali sotto la media europea; preoccupante il divario occupazionale tra uomo e donna: 19,5%, il doppio della media Ue; Drammatico il tasso di occupazione nel sud e nelle isole: 25% inferiore ai valori medi del continente; il tasso di giovani che non studiano e non lavorano è del 16,1%, 5 punti peggio della media dei 27.

A spiegare cosa si nasconde dietro il presunto successo del governo concorrono anche i dati forniti da Eurostat che confermano il progressivo calo dei salari italiani certificato da tempo da tutti gli organismi nazionali e internazionali: negli ultimi 15 anni, i salari italiani sono scesi del 6% mentre nella media degli altri paesi europei sono aumentati dell’11%.

La diffusione estrema del lavoro povero rappresenta la causa principale dell’aumento della povertà attestato da Bruxelles che ricorda quanto sia alta nel nostro Paese la quota di popolazione a rischio povertà: il 23%, il 27,1% quella dei bambini, entrambe ben al di sopra delle medie europee.

Negli stessi rapporti sempre a proposito dell’Italia si può leggere: “la percentuale di persone colpite da gravi privazioni materiali e sociali è aumentata, in linea con l’elevata e stagnante quota di persone che vivono in povertà assoluta”, pari al 9,8 per cento nel 2023.
Le ragioni di questa situazione drammatica sono note e rimandano a un sistema economico malato, che perde quote nei settori industriali più avanzati e tiene in comparti come l’edilizia il turismo e il commercio dove notoriamente sono ampiamente diffusi bassi salari, lavoro precario e irregolare come testimoniano i dati europei secondo cui il numero delle persone occupate a tempo determinato in Italia è tra i più elevati d’Europa, più del 15%;

La precarietà lavorativa e la diffusione della povertà secondo l’Europa determinano “la cultura always on”, cioè la disponibilità ad essere attivi 24 ore su 24 come testimonia un sondaggio condotto da Eurofound in Belgio, Francia, Italia e Spagna secondo cui oltre l’80% degli intervistati si è dichiarato disponibile ad accettare di lavorare oltre il normale impegno lavorativo.

Una situazione conseguenza di decenni di leggi che hanno aggravato la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori con la diffusione di mille forme di precarietà e lavoro irregolare funzionali a renderli sempre più ricattabili e imporre lavori sottopagati, privi di tutele e diritti e più sfruttamento.

Di fronte a questa situazione aggravata anche dal taglio del reddito di cittadinanza il governo delle destre si comporta come se i drammatici problemi della struttura produttiva del paese non lo riguardassero; vara una finanziaria che non solo non fa nulla per salari, pensioni e redditi dei ceti popolari, ma taglia ancora la spesa pubblica mettendo cinicamente in conto un’ulteriore riduzione dei diritti, dei salari e dei consumi, con la naturale conseguenza di deprimere ancora di più l’economia e aumentare il disagio sociale.
I sovranisti nostrani quando parlano di patria, pensano agli interessi del capitale e dei ceti che si arricchiscono sulle rendite speculative, sull’evasione fiscale e sullo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori.

Solo le lotte potranno restituire dignità al lavoro, diritti e reddito alle cittadine e ai cittadini e arrestare il drammatico declino del Paese.

*Responsabile nazionale lavoro del Prc

Si chiamava Giovanni Battista Macciò l'operaio della Culmv morto schiacciato la scorsa notte nel porto di Genova mentre lavorava: un'altra vittima sacrificata al primato del profitto
Non si parli di nuovo di fatale incidente o di non rispetto delle procedure di sicurezza che sono tali solo se reggono in qualsiasi condizione; se non lo fanno, non sono tali e non possono essere usate come scusante, il tappeto sotto cui nascondere turni e doppi turni, cottimi e precarietà, uniti a controlli insufficienti e mancati investimenti sulla sicurezza.
La verità è che anche questa tragica morte è figlia della ricerca del massimo di sfruttamento col minimo dei costi: si sono deregolamentate e privatizzate le banchine, si è spezzettata la gestione del lavoro, si impongono turni e carichi di lavoro che di per sé producono insicurezza e rischi continui per la vita dei lavoratori.
Ora siamo al film già visto della sequela di messaggi di cordoglio farisaici che non durano lo spazio di una giornata; che nel loro susseguirsi nel corso dell’anno senza che nulla cambi davvero, invece che suscitare rabbia e mobiitazione durature contro il sacrificio di vittime sull’altare del profitto, finiscono per produrre un’assuefazione che fa il gioco di politici e governi che il cambiamento non lo vogliono.
Nel dichiarare i nostro più completo sostegno al giusto sciopero dei portuali, alla loro lotta per un lavoro garantito e sicuro, non possiamo non ribadire la necessità di controlli che facciano rispettare le leggi sulla sicurezza esistenti e l’attuazione di nuove norme a partire dall’introduzione nel codice penale del reato di omicidio sul lavoro.
Rifondazione Comunista si stringe attorno alla famiglia e ai colleghi di lavoro di GB Macciò e dell’altro lavoratore rimasto ferito, per il quale auguriamo una rapida guarigione.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Gianni Ferretti, segretario della federazione di Genova
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Oggi si sta svolgendo regolarmente lo sciopero generale indetto da Usb contro il governo, le politiche neoliberiste e la guerra.
Ha avuto successo la coraggiosa fermezza del sindacato di base che ha mantenuto lo sciopero in opposizione al solito ministro leghista Salvini che aveva disposto la precettazione illegittima dei lavoratori pubblici e dei trasporti riducendo da 24 a 4 le ore di sciopero.
Il Tar del lazio, accogliendo il ricorso di Usb, ha bocciato infatti il nuovo atto liberticida di Salvini perché totalmente arbitrario “in assenza della segnalazione della predetta Commissione” (di garanzia) e “tenuto conto della vincolante presenza di fasce orarie di garanzia di pieno servizio”.
Ora il vicepresidente del governo di destra scarica la sua frustrazione contro i magistrati e continua la sua crociata contro il diritto di sciopero annunciando modifiche della legge che regolamenta gli scioperi in senso ancor più restrittivo; lo fa spacciandosi senza pudore come paladino dei cittadini contro il caos degli scioperi proprio mentre il governo taglia i servizi, per esempio nei trasporti, che lui millanta di voler difendere.
Ma, oltre alla democrazia, è l’insieme dei diritti ad esser sotto l’attacco portato avanti congiuntamente dalle politiche neoliberiste del governo e da un sistema di imprese basato su precarietà, bassi salari e sfruttamento.
Per questo, mentre sosteniamo lo sciopero odierno, ribadiamo con forza la necessità di un rilancio delle lotte e l’unificazione di tutto il mondo del lavoro pubblico e privato, delle organizzazioni sindacali e dei movimenti di lotta in una nuova grande stagione di lotte che rimetta al primo posto i diritti dei cittadini e la dignità del lavoro
Intanto oggi per il Prc, per le lavoratrici e i lavoratori e per chi ha a cuore i diritti sanciti dalla Costituzione, il diritto di sciopero è tra questi, oggi è una buona giornata.

Maurizio Acerbo segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista Sinistra Europea

Antonello Patta*, Andrea Ilari** -

La vicenda dei precari del Cnr può essere assunta per tante regioni a metafora di un paese il cui futuro è messo in crisi da politiche che sprecano risorse e competenze pubbliche straordinarie mentre distruggono la vita delle persone.
Nel CNR ci sono 4000 precari della ricerca giovani e meno giovani, assegnisti e tempi determinati. Questi uomini e queste donne si sono laureati e molti di loro (quelli che lavorano nella ricerca) hanno conseguito il dottorato. Sono tutti formati per lavorare nel campo della ricerca e sviluppo. Poiché i governi italiani in modo miope investono poco nella ricerca molti di loro vanno a lavorare all’estero. Un sondaggio informale promosso dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel 2021 tra le diverse Sedi diplomatiche italiane ha contato circa 33mila ricercatori italiani all’estero. Il gruppo più grande è quello degli Stati Uniti, dove è stimato lavorino più di 15.000 scienziati italiani.

Quindi con i soldi delle nostre tasse formiamo giovani ricercatori che poi saranno accolti da altri paesi dove le condizioni di lavoro sono senz’altro migliori.
Parte dei soldi del PNRR, una piccolissima parte sono stati spesi in ricerca e sviluppo e sono stati assunti molti ricercatori a tempo determinato con la promessa di una futura stabilizzazione, ma alle promesse come spesso accade non ha fatto seguito nessuna azione concreta. Non solo; la bozza della legge di bilancio prevede un blocco del 25 % del turn over e un aumento dell’età pensionabile che ridurrebbero ulteriormente le possibilità di impiego dei lavoratori del CNR. È in risposta a tutto ciò che ha ripreso vita il movimento precari uniti del CNR che ha cominciato a mettere in atto delle azioni di protesta.

Il 28 novembre 2024 le OO.SS. FLC CGIL e Federazione UIL Scuola RUA, insieme al movimento dei Precari Uniti, hanno indetto un’assemblea nazionale dei precari del CNR. L’evento ha registrato una partecipazione così straordinaria , sia precari che strutturati, provenienti da tutta Italia, che l’incontro, è stato spostato in uno spazio più grande dove si sono visti anche numerosi esponenti politici e rappresentanti degli organi di stampa.
Dietro questa grande spinta dal basso FLC CGIL e Federazione UIL Scuola RUA hanno rinnovato con forza la richiesta alla Presidente di avviare una ricognizione puntuale dei lavoratori precari in possesso dei requisiti previsti dalla normativa Madia (Dlgs 75/2017) per dare seguito al processo di stabilizzazione. Cosa possibile solo con un cambio di rotta rispetto alle previsioni contenute nella prossima Legge di Bilancio, che taglia fondi e personale.

La Presidente, dopo un breve e iniziale incontro avvenuto nell’atrio del CNR con le OO.SS. e una rappresentanza dei lavoratori precari, ha dichiarato che l’Ente, al momento, non intende procedere con le stabilizzazioni.
Questa posizione, ritenuta insufficiente e inaccettabile dall’assemblea, ha portato alla decisione di proseguire la mobilitazione, proclamando un’assemblea permanente presso il CNR. L’obiettivo è ottenere risposte chiare e concrete, sia dalla Presidente sia dal Governo, per porre fine alla condizione di precarietà che mina la dignità dei lavoratori del CNR.

Con questi obiettivi la lotta, con il presidio sulla scalinata della sede centrale del CNR, continua, forte della solidarietà delle lavoratrici e lavoratori a tempo indeterminato della CGIL e della UIL e del sostegno manifestato dal segretario della CGIL Maurizio Landini e dalla segretaria dell’FLC CGIL Gianna Fracassi
Come Prc sosteniamo questa lotta che rappresenta un esempio importante per i milioni di lavoratrici e lavoratori assunte/i con contratti precari, bassi salari e scarse tutele; sono ben 3 milioni in Italia, 500 mila nel pubblico, gli occupati a termine impiegati in tutti i settori pubblici e privati e considerati oramai come un fenomeno fisiologico nonostante le scarse tutele e i bassi salari con retribuzioni medie intorno ai 10 mila euro.

Numeri che fanno ben capire l’importanza della costruzione di un fronte di lotta di tutto il vario mondo dellle lavoratrici e dei lavoratori precari, un passaggio decisivo per la riunificazione di tutto il mondo del lavoro contro questo governo che continua a portare avanti le politiche neoliberiste che hanno frantumato la classe in lavoratori di serie A e di serie B per ridurre salari e diritti di tutte e tutti.

*responsabile nazionale lavoro del Prc
*Primo ricercatore del CNR, Direttivo FLC-CGIL Rieti-Roma Est -Valle dell’Aniene

Due morti, nove feriti (due in gravi condizioni) e 3 dispersi, grave inquinamento del territorio da fumi tossici nocivi per la salute: è il bilancio provvisorio dell'esplosione di un deposito Eni avvenuta poco dopo le 10 di questa mattina a Calenzano, in provincia di Firenze.

Di nuovo morti, di nuovo lavoratori uccisi vittime di una guerra senza fine contro le persone che lavorano per vivere, ma rischiano sempre più spesso di morire.
Non si parli di incidente o di tragica fatalità, siamo di fronte a un’altra strage annunciata: la pericolosità del deposito petrolifero era nota da anni e nonostante ciò, ancora una volta ha prevalso il primato del profitto rispetto a tutto, vita delle persone compresa.
Carenza assoluta di controlli, riduzione dei vincoli e delle penali a carico delle imprese, spingono queste ultime verso comportamenti illegali allo scopo di risparmiare sulla sicurezza, con la quasi certezza dell’impunità. Anche perché i processi quando arrivano, specie quando riguardano grandi aziende, spesso si risolvono in pene irrisorie o addirittura con la prescrizione.

Di tutto questo e della conseguente tragedia quotidiana delle morti sul lavoro non sono responsabili solo i diretti criminali che vanno puniti. Dietro queste morti c’è la responsabilità morale dei governi degli ultimi 15 anni che hanno deregolamentato sempre più il rapporto di lavoro a vantaggio delle imprese anche rendendo le lavoratici e i lavoratori sempre più ricattabili attraverso la riduzione di diritti e tutele e la diffusione della precarietà; e il governo attuale si muove nella stessa direzione.
Per porre fine a questa tragedia infinita occorre rilanciare le lotte tenendo sempre al centro gli obiettivi sulla sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro a partire dall’introduzione nel codice penale del reato di omicidio sul lavoro.
Dopo le morti nel cantiere Esselunga di Via Mariti la risposta della città e delle organizzazioni sindacali è stata tempestiva e partecipata, occorre una mobilitazione altrettanto pronta di tutto il mondo del lavoro contro questa ennesima strage che colpisce tutto il territorio.

Le stragi devono finire!

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Lorenzo Palandri, segretario della federazione di Firenze
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Il ministro leghista Matteo Salvini ha tradito le classi lavoratrici rimangiandosi l’impegno a cancellare la legge Fornero. Non è mai stato dalla parte di chi lavora e non a caso torna ad attaccare il diritto di sciopero precettando i dipendenti del trasporto pubblico in occasione dello sciopero generale di otto ore indetto da Cgil e Uil e da sindacati di base Cobas, SgB, Cub, Adl per il 29 novembre.

Questa volta Salvini gioca di sponda con la Presidente della commissione di garanzia sul diritto di sciopero nei servizi essenziali, non a caso nominata dal governo, accogliendo il suo invito a limitare lo sciopero, deliberato, guarda caso, in ottemperanza ai diktat contro lo sciopero “selvaggio” lanciati dallo stesso ministro sui social.

Con questo nuovo atto intimidatorio il ministro leghista cerca di diritti dei cittadini utenti e quelli di chi lavora per nascondere le responsabilità sue e del governo per i pesanti disservizi dei trasporti, i gravi problemi di sicurezza delle reti, i tagli dei trasfermenti agli enti territoriali che peggioreranno ulteriormente il trasporto pubblico locale.

Dopo l’analogo provvedimento dello scorso anno, il ddl sicurezza e le misure disumane contro i migranti con questo ennesimo atto liberticida il governo punta a impedire la giusta rivolta sociale contro l’aggravamento delle politiche liberiste di cui questa manovra è solo l’anticipazione.

Con la legge di bilancio si avvia un grande rilancio dell’austerità neoliberista per colpire ulteriormente i diritti, lo stato sociale, la sanità, la scuola, l’università, i servizi pubblici.

Questo governo di ciarlatani usa la demagogia razzista per distrarre le classi popolari dalle sue politiche classiste. Mentre continuano a crescere profitti non si fa nulla a sostegno di salari e pensioni già tra i più bassi d’Europa e da tempo salassati da inflazione. Non si contrasta la precarizzazione del lavoro. Si rifiuta di approvare una legge per il salario minimo per porre fine alla vergogna dei salari da fame. In assenza di un piano per l’occupazione centinaia di migliaia di giovani continuano ogni anno a emigrare. È stato cancellato il reddito di cittadinanza facendo crescere a dismisura le povertà e le disuguaglianze.
Si dice che i soldi non ci sono, ma si aumentano le spese militari a sostegno della lobby delle armi e delle guerre, non si tassano le grandi ricchezze, i superprofitti, si favorisce l’evasione fiscale, si fa pagare meno a chi ha più.

La migliore risposta è l’impegno per una grande riuscita dello sciopero generale del 29 novembre e per fare in modo che sia l’inizio di una grande stagione di lotte indispensabile per riconquistare diritti nella società e nei luoghi di lavoro.

Rifondazione Comunista invita a scioperare e a partecipare alle manifestazioni convocate dai sindacati.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro del Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Care compagne e cari compagni,

vi inviamo, in allegato, il volantino dello sciopero generale del 29 novembre.

Fraterni saluti
Antonello Patta, segreteria nazionale, Resp.le Lavoro Prc-Se

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Domani finalmente, dopo anni di promesse non mantenute da parte di Stellantis e del Governo, tutte le lavoratrici e i lavoratori del settore auto sono chiamati da Fiom, Fim e Uilm a uno sciopero unitario contro la lenta agonia degli stabilimenti e la perdita di posti di lavoro.

È la giusta risposta contro l’uso di soldi pubblici a favore di gruppi come Fiat ieri e Stellantis che invece di rilanciare le produzioni riducono sempre più il numero di auto prodotte con ricorso continuo alla cassa integrazione, riduzione al minimo dell’utilizzo degli impianti, incentivi ai licenziamenti.

È una lotta contro un governo che in Europa sostiene la stessa linea delle aziende che per decenni hanno continuato a puntare su auto inquinanti e obsolete mentre diventava sempre più devastante l’emergenza climatica e per questo oggi registrano un clamoroso ritardo industriale e tecnologico.

È una mobilitazione importante per chiedere che i soldi pubblici siano utilizzati per agire politiche industriali, col controllo diretto dello stato nei settori strategici come l’auto; per rilanciare le produzioni in calo drammatico, salvaguardare l’occupazione e riconvertire le produzioni in direzione ambientalmente sostenibile.
Quella dell’auto richiama una crisi più generale che colpisce tutto il paese, con molti settori a rischio e privo di strategie produttive per l’oggi e per il domani, con un crollo della domanda a causa dei bassi salari che colpisce sia l’auto che gli altri settori.

Per tutto questo occorrono il rilancio del trasporto collettivo e pubblico con veicoli non inquinanti; la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario per compensare l’aumento della produttività e la semplificazione tecnologica che accompagna l’automazione digitale e l’elettrico; l ’introduzione del salario minimo a 10 euro e l’aumento generalizzato dei salari e delle pensioni con l’indicizzazione completa all’inflazione; l’introduzione di un reddito minimo garantito e universale per combattere la povertà; l’abbassamento dell’età pensionabile per permettere ai lavoratori anziani di lasciare liberi i posti di lavoro per i giovani, che vanno formati per le nuove produzioni, il rilancio della sanità pubblica e dello stato sociale.

Con questi obiettivi domani 18 ottobre saremo a Roma alla manifestazione nazionale e per dire che riteniamo questa lotta parte di un percorso per costruire un grande sciopero generale nazionale.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Care compagne, cari compagni,

Finalmente la decima commissione del Senato ha avviato l'esame della proposta di legge di iniziativa popolare per il salario minimo che ha raggiunto le firme necessarie grazie al nostro grande impegno nella campagna che ci ha permesso di parlare al paese incontrando decine di migliaia di persone che hanno che hanno apprezzato la nostra iniziativa.

Ora non ci possiamo permettere che meccanismi istituzionali antidemocratici - la discussione è cominciata senza coinvolgerci e senza nemmeno informarci - ci impediscano di rivendicare il ruolo svolto e i contenuti della legge che è riconosciuta necessaria dal 70% degli italiani.
Noi ci stiamo muovendo chiedendo alla commissione di essere ascoltati in audizione per supportare le ragioni alla base e nel merito della legge, ma non basta per ottenere che la nostra proposta venga ascoltata ed entri nel dibattito pubblico.
Occorre che tutto il partito si mobiliti in primo luogo per una doverosa restituzione alle migliaia di firmatari del risultato che la loro adesione e il nostro impegno hanno permesso di raggiungere. Ribadiamo che la nostra proposta di legge è quella più in grado di rispondere al dettato della Costituzione per un salario dignitoso, non solo per la cifra di 10 euro ma perché prevede l’indicizzazione all'inflazione al contrario della proposta delle opposizioni.

Si apre una fase destinata a culminare con il voto sui referendum nella quale sarà determinante, anche per il risultato referendario, il rilancio o meno delle lotte. Il rilancio della nostra campagna per il salario minimo nel contesto di una lotta più generale per i salari, contro la precarietà e la deindustrializzazione del paese, deve rappresentare il nostro contributo alla riunificazione di tutto il mondo del lavoro, dei ceti popolari e dei movimenti in un grande fronte di lotta che permetta di sconfiggere le politiche neoliberiste, guerrafondaie, antidemocratiche e antipopolari in atto.

Un caro saluto e buon lavoro

Maurizio Acerbo, segretario nazionale Prc-Se
Antonello Patta, segreteria nazionale, Resp.le Lavoro Prc-Se

I dati forniti da Eurostat nel "Quadro di valutazione sociale” smentiscono mesi di trionfalismo del governo su occupazione e salari.

Secondo l’istituto europeo infatti anche nel 2023 in Italia il reddito disponibile reale lordo delle famiglie diminuisce ancora confermando la posizione di fanalino di coda del nostro paese in Europa.

Stabilito a 100 il reddito del 2008, mentre nei 27 paesi dell’Unione la media dei redditi nell’anno scorso sale da 110,12 a 110,82, in Italia si ha un nuovo calo da 94,15 a 93,74. Una diminuzione
di quasi sette punti rispetto al 2008 e un differenziale di ben 17 punti rispetto agli altri paesi europei che confermano la dinamica già registrata dall’Ocse in relazione ai salari che nel nostro paese continuano ad arretrare sia in relazione agli altri paesi che in termini assoluti.

Come testimonia anche la sofferenza in materia di consumi le lavoratrici e i lavoratori italiani non se la passano bene come vorrebbe far credere la retorica del governo che continua a eludere il
problema dei bassi salari, la causa principale del peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e delle loro famiglie.

Siamo l’unico paese al mondo nel quale i salari reali negli ultimi 30 anni sono diminuiti; abbiamo il 30% delle retribuzioni intorno agli 11 mila euro lordi, cioè prossimi alla soglia di povertà lavorativa;
milioni di lavoratrici e lavoratori grazie al ricatto occupazionale, alla precarietà, ai part time obbligati, al lavoro nero e grigio ricevono stipendi da fame. E anche molti contratti regolari prevedono salari insufficienti per garantire quella vita dignitosa prevista dalla Costituzione.

Di fronte a questa situazione insopportabile il governo continua a tenere bloccata, contravvenendo anche al regolamento del Senato, la proposta di legge di iniziativa popolare per un salario minimo
a 10 euro l’ora indicizzato all’inflazione che abbiamo presentato come Unione Popolare, e l’opposizione parlamentare tace.

Solo un grande rilancio delle lotte su una piattaforma che unifichi tutti i soggetti colpiti nei redditi e nei diritti, che rimetta in campo la questione dei salari e l’introduzione del salario minimo, può
sconfiggere la protervia di questo governo e, affiancando un grande impegno a sostegno dei referendum sul lavoro e contro ogni autonomia differenziata, portare a una sconfitta delle destre la
prossima primavera.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Controlli fasulli sulle aziende in materia di sicurezza sul lavoro. E’ questa la risposta ipocrita del governo Meloni alla tragedia infinita di morti sul lavoro che arriva dopo le promesse seguite alle stragi dell’Esselunga, di Brandizzo e Suviana.

Da non credersi, a fronte di una situazione in cui alle imprese è garantita la quasi certezza dell’impunità a causa dello scarso numero di controlli, che peraltro riscontrano percentuali di irregolarità altissime, dal 2 agosto gli ispettori saranno tenuti ad avvisare le imprese 10 giorni prima del controllo:
Se finora la scarsità dei controlli garantiva la quasi impunità alle imprese irregolari con questa norma il valore di deterrenza delle ispezioni viene azzerato: puoi violare le norme o utilizzare lavoratori in nero mettendo tutto sotto il tappeto il giorno dell’ispezione.
Ma i regali non finiscono qui: le irregolarità possono essere sanate in 20 giorni a costo zero e nel caso in cui il controllo non evidenzi criticità l’impresa è esentata da nuove ispezioni per i successivi 10 mesi.
È un liberi tutti, un invito a violare le norme, un’estensione dell’impunità che si aggiunge alla totale insufficienza dei controlli e ai processi che nella stragrande maggioranza finiscono con la prescrizione o con sanzioni risibili.
È l’ennesima manifestazione del sostegno delle destre verso le più brutali forme di sfruttamento indifferenti alla vita delle persone in nome del profitto a tutti i costi. Ciò è confermato dalla ferocia della cosiddetta patente a punti con la quale, dal primo di ottobre, la vita degli esseri umani verrà pagata, come in una lotteria, con la perdita di crediti, ma solo se il processo arriverà a un’improbabile condanna dell’azienda.
Solo con le lotte si potranno imporre a questo governo le misure necessarie per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro a partire dall’introduzione del reato di omicidio sul lavoro accogliendo la proposta di legge di iniziativa popolare depositata in Senato, dall’assunzione di un numero adeguato di ispettori per garantire i controlli necessari, dall’introduzione di una procura nazionale del lavoro.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Sono gli stessi che quand’erano all’opposizione giuravano di difendere la compagnia di bandiera in quanto asset strategico del Paese e di tutelare i 10500 lavoratori ex Alitalia, quelli che, oggi al governo, con grande faccia tosta, svendono Ita a Lufthansa.
Con soli 325 milioni i tedeschi si assicurano il 41 per cento di Ita, smagrita dall’obbligo di cedere un bel po' di slot che garantivano voli dall’Italia verso l’Europa e gli Usa, e il comando della società senza attendere di salire al 100% garantitogli.
In questo modo Lufthansa si assicura un ricco flusso di passeggeri per rimpolpare gli hub tedeschi base dei voli internazionali a discapito degli aeroporti italiani. La Germania fa i propri interessi, ma dove sono finite le promesse elettorali delle destre che fino a due anni fa giuravano sulla difesa degli asset industriali strategici per l’economia del Paese?
Sulla Tim abbiamo visto andare in scena lo stesso film con la rete svenduta al fondo Usa KKR con grave rischio per la tutela dei nostri dati. Quando la Meloni era all’opposizione spergiurava che una volta giunta al governo avrebbe impedito la vendita della rete che “non può essere privata come non lo è da nessuna parte per un fatto di sicurezza e tutela dell’interesse nazionale”.
Ma non si fermano qui; non solo non intendono attuare un intervento pubblico nell’economia che, solo, potrebbe salvare da morte certa industrie strategiche del Paese, ma hanno deciso altri 20 miliardi di privatizzazioni di società decisive per agire le politiche industriali che sarebbero necessarie per fermare il declino dell’Italia e la sua progressiva divergenza dagli stati del centro/nord Europa.

Oramai è chiaro che dietro la retorica della difesa della patria si nasconde la subalternità totale della Meloni e delle destre a un capitalismo distruttivo e predatorio che, approfittando anche delle crisi, da anni fa shopping in Italia a prezzi di svendita; che la difesa dei “nostri” è buona solo per mettere lavoratori contro lavoratori mentre si arriva a festeggiare la (s)vendita, così il ministro Giorgetti, alla faccia dei 2200 lavoratori di Ita licenziati in barba a tutte le promesse di essere riassorbiti.
E’ sempre più chiaro che i lavoratori e il paese si difendono solo cacciando le destre dal governo.

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

È diventato visibile Satnam Singh, è diventato un essere umano solo da morto, dopo 3 giorni di agonia, ucciso da un padrone e da un sistema che si regge sullo schiavismo, sulla disumanizzazione e sullo sfruttamento più bestiale.
È giusto che chi col suo gesto criminale ha condannato a morte il lavoratore, paghi duramente, ma è intollerabile che i mandanti politici e morali dei tanti omicidi sul lavoro ancora una volta si permettano di spargere farisaici sentimenti di cordoglio e ipocrite promesse di contrasto al tragico fenomeno puntualmente disattese.
Più di mille morti all’anno, 4, oltre Satnam Singh negli ultimi 2 giorni, fra cui un ragazzo di 18 anni in provincia di Lodi, centinaia di migliaia di infortuni, un numero ancor più alto di malattie professionali sono la conseguenza della mancata applicazione delle buone norme ancora esistenti, dei continui interventi per ridurre i vincoli e le penali per le imprese che non rispettano le norme sulla sicurezza, della riduzione dei controlli che spingono le imprese a risparmiare sulle misure di prevenzione. Per tutto questo e per i processi che spessissimo si concludono con ammende ridicole è infinita la sequela di comportamenti illegali di padroni e aziende che mettono a rischio le vite che dovrebbero tutelare.
In agricoltura come nelle costruzioni e nella logistica la situazione è resa ancor più drammatica da condizioni scientificamente programmate da una politica xenofoba e razzista che crea un esercito di irregolari senza permesso di soggiorno e quindi più ricattabili, e li consegna in condizioni di schiavitù nelle mani di caporali e padroni senza scrupoli.
Sono almeno 250 mila, secondo l’osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil i migranti "irregolari" che lavorano in agricoltura in condizioni di lavoro inumane e con salari da fame, uno o due euro all’ora, o talvolta per l’acqua da bere o un panino per sopravvivere.
Il fenomeno criminale non riguarda, come qualcuno può pensare, l'arretratezza di qualche zona del sud. Sono almeno 400 le “aree di caporalato” accertate e la metà di queste si trovano nel ricco nord del Paese.
Nutriamo poca fiducia nella possibilità che il governo del “lasciar fare alle imprese” faccia quello che non hanno fatto i governi precedenti e per questo sosteniamo lo sciopero indetto dai sindacati per sabato nell’Agro Pontino mentre richiamiamo ancora una volta le necessità di uno sciopero nazionale con i seguenti obiettivi
la ricostruzione dei sistemi di prevenzione e controllo con l’assunzione di almeno 10 mila ispettori; l’inasprimento delle sanzioni penali a carico del datore di lavoro e dei dirigenti per il mancato adempimento degli obblighi relativi alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori; la regolarizzazione a regime dei lavoratori e delle lavoratrici stranieri presenti, e l'immediata assunzione inel rispetto, almeno, dei contratti nazionali di categoria, l’istituzione di una apposita Procura Nazionale sulla salute e sicurezza sul lavoro; l’introduzione nel codice penale del reato di omicidio sul lavoro.

Antonello Patta, Responsabile Lavoro, Stefano Galieni, Responsabile immigrazione, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

Nel silenzio colpevole del governo in Italia continuano ad aumentare gli infortuni, le morti sul lavoro e le malattie professionali. E’ una vera e propria guerra contro chi lavora.
Lo dicono chiaramente i dati dell’Inail, che mettono a confronto i primi quattro mesi del 2024 con il primo quadrimestre del 2023, secondo cui le lavoratrici e i lavoratori che hanno perso la vita nei primi quattro mesi del 2024 sono stati 268 rispetto ai 264 del primo quadrimestre dello scorso anno.
Vale lo stesso discorso per gli infortuni che sono stati 193.979, in aumento di più di 6 mila unità rispetto al periodo gennaio-aprile del 2023.
Va ancora peggio per quanto riguarda le malattie professionali che tra gennaio e aprile del 2024 sono state 30.299, 6.430 (26%) in più rispetto agli stessi mesidel 2023; Un dato ancor più grave nel confronto con gli anni precedenti: +57,1% rispetto al 2022, +62,6% sul 2021, +105,2% sul 2020 e +42,8% sul 2019.
I dati confermano quanto denunciamo da sempre: i rischi maggiori sono nei settori che vedono la maggior presenza di lavoratori precari, più sfruttati e con meno diritti come il commercio, i servizi, la logistica e le costruzioni.
Inaccettabile quanto emerge dall’analisi degli infortuni per fasce d’età: l’aumento maggiore, +20%, si registra tra gli under 15 soprattutto a causa dell’incremento infortunistico tra gli studenti impegnati nell’alternanza scuola lavoro.
I dati dell’Inail raccontano una storia del Paese molto diversa da quella rose e fiori dipinta ad uso elettorale dalla Meloni e dai suoi partners e per questo vengono passati sotto silenzio.
Nell’Italia reale milioni di lavoratrici e lavoratori continuano a subire precarietà, sfruttamento, bassi salari e condizioni di lavoro che non garantiscono la sicurezza e la salute.

Alle elezioni europee invitiamo a votare la lista PACE TERRA DIGNITA’ anche per dire no alla perdita di diritti che da anni va avanti in Italia e in Europa. Il programma della lista propone oltre alla pace la difesa della dignità di chi lavora cancellando in Europa la precarietà del lavoro, imponendo il salario minimo e un reddito per chi è senza lavoro in tutti i paesi compresa l’Italia, si creino finanzi un piano per creare occupazione stabile e sicura si ridistribuisca il lavoro con la riduzione dell’orario a 32 ore a parità di salario.

Invece di finanziare le armi e la guerra bisogna investire nella sicurezza del lavoro costruendo una rete efficace di controlli e prevenzione. I nostri eletti nel parlamento europeo si batteranno per i diritti di chi lavora.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro del Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

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