Si pone sempre più pressante il problema di unificare il mondo della scuola intorno ad obiettivi che salvaguardino prioritariamente la sicurezza e la qualità, creando le condizioni per una profonda riflessione su “quale formazione per quale società”.

E’ necessario riprendere temi che negli ultimi decenni sono stati sempre più marginalizzati, allo scopo di subordinare la scuola all’impresa e al mercato, alle loro esigenze, cioè ai loro interessi.

Il sistema d’istruzione è oggi sempre meno in grado di formare la cittadinanza indicata dalla Costituzione, di offrire saperi a ciascuno e ciascuna a prescindere dalla condizione di partenza, di garantire il pluralismo culturale che dovrebbe essere affidato alla libertà d’insegnamento.

La pandemia potrebbe fornire l’occasione per ripristinare e rilanciare i principi costituzionali relativi al sistema d’istruzione, ma con un governo e un Parlamento legati a doppio filo alla Confindustria la situazione può peggiorare ulteriormente.

Il progetto di integrazione scuola pubblica enti privati, attraverso “patti di comunità” e quant’altro, punta a ripetere l’operazione andata in porto con la sanità: una progressiva sottrazione di funzioni alla Scuola pubblica per portare nel mercato ciò che ne sta ancora fuori.

Tuttavia la nuova attenzione sulla Scuola, prodotta dai problemi segnalati dalla pandemia, potrebbe creare le condizioni, in presenza di nuove ed evidenti forme di selezione di classe, per un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi decenni.

La lotta all’abbandono scolastico, accelerato dalla didattica a distanza, acquista perciò in questa fase un valore strategico.

Le politiche degli ultimi decenni hanno già prima della pandemia portato ad un aumento della dispersione dal 2017, in controtendenza con gli anni precedenti, in cui il dato si presentava invece in diminuzione, come è avvenuto nei paesi dove le risorse per l’istruzione incidono in modo consistente sul PIL.

In Italia, gran parte dei tagli di risorse alla Scuola sono stati prodotti con l’aumento del numero degli alunni per classe e con il dimensionamento scolastico, che ha lasciato vuoti interi edifici, territori privi di scuole e ha permesso una significativa riduzione del personale docente e ATA.

Una delle conseguenze dei tagli sono di conseguenza le così dette “classi pollaio”, che spesso comprendono anche più di un/a disabile, eludendo la norma che anche in presenza di uno/a solo/a prevede il numero massimo di 20, come recentemente sancito da una sentenza del TAR.

Le classi affollate sono diventate tra i problemi più urgenti da affrontare sul piano sanitario, stante la durata della pandemia e le più che probabili possibilità dell’arrivo di nuovi virus, come previsto dagli esperti, che già avevano annunciato l’arrivo di questa.

Non solo per la sicurezza è necessario garantire un contesto sano a studenti e insegnanti, ma anche perché solo un numero limitato di alunni/e consente la cura necessaria per garantire il diritto allo studio. Rifondazione Comunista pone come obiettivi di questa fase, propedeutici alla rimessa in campo della scuola della Costituzione:

– Un aumento delle risorse al sistema d’istruzione pari almeno a un punto di PIL, per recuperare i tagli, prodotti nel corso degli anni da governi di centrodestra e centrosinistra – pari a circa 10 miliardi- e raggiungere almeno la media europea.
– Una drastica riduzione degli alunni e alunne per classe, che porti lo spazio a disposizione per ciascuno ad almeno 3 mq e comunque per un numero non superiore ai 18 nella scuola secondaria e 15 nella primaria.
– Assunzione del personale docente e ATA necessari per coprire l’aumento dell’organico, derivante dalla riduzione del numero degli alunni e delle alunne per classe.
– Abolizione della differenza tra organico di diritto e organico di fatto, con l’immediata immissione in ruolo di tutti i precari che ne hanno i requisiti.
– Ridefinizione del dimensionamento, riportando le Istituzioni scolastiche a un massimo di 900 alunni e una soglia minima che tenga conto delle zone montane e le isole.
– Finanziamento e programmazione di un piano straordinario di edilizia scolastica, per garantire finalmente edifici a norma e la creazione di spazi adeguati per tutte le attività, che si svolgono nelle scuole, a partire dai laboratori.
– La reintroduzione del medico scolastico e di tutti quei servizi, che un tempo garantivano un supporto molto importante ai tanti problemi sociali, per i quali le scuole sono state lasciate sole a farsene carico
– Un sistema di trasporto efficiente e adeguato alle necessità delle scuole.

Gli obiettivi urgenti, di questa fase, devono sgomberare il campo dai problemi più assillanti, per poter riaprire un confronto interno ed esterno alle scuole su come garantire l’accesso all’istruzione a tutte e a tutti, dai nidi all’Università, a partire da un’effettiva gratuità e l’abolizione del numero chiuso.

Deve essere ripensato un sistema di valutazione -l’INVALSI va semplicemente abolito– che, al contrario di una misurazione inutile e falsata, costituisca la guida per elevare il più possibile le capacità di ciascuno/a. Va elevato l’obbligo scolastico fino ai 18 anni, anche come antidoto all’abbandono degli studi.

Vanno ripensati e rilanciati gli Organi Collegiali, per una reale partecipazione di studenti, docenti, personale ATA, territori alla vita delle scuole.

A cura del Dipartimento Scuola PRC-S.E.

Rifondazione Comunista sostiene lo sciopero della scuola indetto dai sindacati della Scuola COBAS, UNICOBAS, USB, CUB per il 6 maggio, data prevista per lo svolgimento dei test di “misurazione delle capacità” nella scuola elementare, solo rinviati negli altri ordini di scuola.

La piattaforma della mobilitazione prevede oltre alla contestazione delle prove invalsi una serie di richieste quanto mai condivisibili come l’aumento delle risorse da destinare alla scuola, la riduzione del numero di alunni per classe, la stabilizzazione dei precari, l’internalizzazione dei servizi in appalto, consistenti aumenti salariali, fine della didattica a distanza da settembre e altre

riguardanti questioni che affliggono la Scuola da anni e che la pandemia ha solo evidenziato.

Lo sciopero è importante perché con le sue proposte vuole introdurre nel dibattito sul pubblico, cresciuto in questa fase idee e proposte alternative a quelle degli attuali governanti.
E’ infatti chiaro che le misure dell’attuale governo, rispetto all’avvio del prossimo anno scolastico, non si discostano da quelle precedenti e le riforme preannunciate si pongono nel solco tracciato dalla “Buona scuola” di Renzi, con un’ulteriore svalorizzazione del lavoro docente, una gerarchizzazione finalizzata a rafforzare la catena di comando che parte da un ministero legato a doppio filo con Confindustria, l’affermazione di un impianto culturale sempre più dipendente dai valori dell’impresa e del mercato.

I soldi ci sono! Rifondazione Comunista ritiene preziosa ogni mobilitazione che vada nella direzione di un uso delle risorse finalizzato ai diritti colpiti in questi anni dalle privatizzazioni e da una ridistribuzione della ricchezza sempre più a favore di una piccola minoranza della popolazione.

Loredana Fraleone – responsabile Scuola Università Ricerca PRC/SE
Nello Patta – responsabile lavoro PRC/SE

Invece di occuparsi del grave problema dell’abbandono scolastico, che in Europa ci relega agli ultimi posti per diplomati e laureati, di che si preoccupa il ministro del “governo dei migliori”? Di far effettuare le prove INVALSI “almeno” nella scuola elementare, da un sistema che da anni cerca di inculcare una valutazione standardizzata per ognuno/a e per ogni dove, come se si volesse far indossare la taglia 52 a tutti/e indipendentemente dalla corporatura, con prove che escludono, se non penalizzano, un pensiero più articolato non collocabile tra il vero e il falso. Un Ente costoso e fallimentare, modellato su criteri made in USA, dove si è cominciato a capire che persino l’innovazione industriale non sa che farsene di menti binarie.

La valutazione a scuola è stata spesso affrontata come un esito naturale piuttosto che un punto di partenza dal quale individuare le strategie migliori, per valorizzare al massimo le diverse capacità, i test INVALSI non fanno altro che esasperare questo criterio.

Va dunque riaperto un dibattito culturale e sociale sulla valutazione, che sgombri il campo da metodiche penalizzanti per allievi/e e insegnanti, espropriati di criteri che solo la conoscenza delle singole situazioni può stabilire e quindi svalutati su una parte rilevante della professionalità docente.

Ben venga allora lo sciopero sui pesanti problemi della scuola indetto dai COBAS, USB, UNICOBAS; CUB della scuola proprio il 6 maggio, nel giorno della somministrazione della prima prova nella scuola elementare, scandaloso oltre tutto in questa situazione pandemica. Ben venga una seria discussione sulla valutazione con l’abolizione, in tutti gli ordini di scuola, di un sistema che ha mostrato di non essere efficace neanche per contrastare l’abbandono scolastico in crescita già prima della pandemia.

Rifondazione Comunista è per una valutazione che valorizzi al massimo le capacità di tutti/e e per la restituzione alla scuola dei suoi compiti costituzionali.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Loredana Fraleone, responsabile Scuola Università Ricerca
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

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