di ilfattoquotidiano.it

Le assunzioni a tempo indeterminato restano un miraggio: i posti fissi messi a disposizione dalle imprese nel terzo trimestre del 2012 sono in calo. Un dato che conferma il trend negativo di quest’anno. Nel periodo luglio-settembre le assunzioni stabili previste sono appena il 19,8% sul totale delle assunzioni dirette (quasi 159 mila), cioè circa due su dieci. Nello stesso periodo dello scorso anno erano il 28,3%. Il dato è confermato anche tenendo conto della stagionalità. Nel bollettino sui programmi occupazionali delle imprese rilevati nell’indagine Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro, si rileva infatti che, escludendo le assunzioni stagionali, i contratti “stabili” si attestano al 35,8%, mentre nei precedenti cinque trimestri la loro quota oscillava fra il 41% e il 43% circa. Un terzo dei nuovi assunti per il terzo trimestre dell’anno saranno giovani: “Le imprese assegnano ai giovani fino a 29 anni, tra il personale da assumere, una quota del 32,7% del totale, un punto percentuale in più rispetto al trimestre scorso”.

La contrazione delle assunzioni ‘dirette’ sarà poi attenuata dal “maggior numero di contratti di lavoro atipici che le imprese prevedono di attivare nel trimestre”, che complessivamente saranno oltre 66.700, vale a dire 7.850 in più rispetto ai 3 mesi precedenti. Essi riguarderanno quasi 21.600 lavoratori interinali (-4.400), quasi 23.900 lavoratori a progetto (-1.200) e oltre 21.300 tra lavoratori a partita Iva, lavoratori occasionali e altri non dipendenti (+13.450). Nel complesso si avranno quindi 42 contratti atipici ogni 100 contratti di assunzione diretti (25,8 nel 2° trimestre), e 25 contratti di lavoro ‘non dipendentè ogni 100 contratti di lavoro dipendente (diretti o interinali). Quasi il doppio rispetto ai 13 del trimestre precedente

Sul versante delle retribuzioni, l’indagine biennale di Bankitalia, mostra invece come lo stipendio reale netto, dal 2000 al 2010, sia aumentato solo di 29 euro, passando da 1.410 a 1.439 euro (+2%). Risultati su cui pesa la crisi economica e gli interventi che hanno toccato in particolare gli statali, su cui, per il momento, sembra scampato il pericolo di un taglio delle tredicesime. Dai dati emerge che il gap tra centro-nord e sud-isole non arresta la sua corsa: l’incremento è stato del 2,5% contro lo 0,7%. In termini reali al centro-nord si è passati da 1.466 euro del 2000 a 1.503 euro del 2010, con un aumento di 64 euro; mentre nel mezzogiorno le retribuzioni passano da 1.267 euro a 1.276 euro, con una crescita di soli 9 euro.

Le differenze restano notevoli anche tra i due sessi, con gli uomini che sono passati da 1.539 euro a 1.586 euro (+47 euro), e le donne, che partivano da 1.220 euro e sono arrivate e 1.253 euro (+35 euro). Tra il 2008 e il 2010 le retribuzioni reali mensili pro capite dei lavoratori a tempo pieno, al netto di imposte e contributi sociali, spiega Bankitalia, sono cresciute dello 0,8% (2% per le donne). Nello stesso periodo la quota dei lavoratori a bassa retribuzione è salita di tre decimi di punto percentuale, al 9,4%. Palazzo Koch spiega che, proprio a causa dell’espansione del part-time, gli stipendi netti medi per il totale dei lavoratori dipendenti sono diminuiti dello 0,2%.

 

 

 

 

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