di Luigi de Magistris
La manifestazione indetta dall’Anci per il 24 luglio, a Roma, rappresenta una forma di ‘resistenza democratica’ da parte degli enti locali, in particolare i comuni d’Italia, i quali sono fortemente preoccupati per le politiche decise dal governo, che rischiano di compromettere i diritti dei cittadini poiché costringono gli enti locali all’impossibilità di garantire l’erogazione dei servizi essenziali. Tradotto in parole semplici quanto drammatiche: la sospensione della Costituzione e della piena democrazia.
Dopo i 22 miliardi sottratti dai governi negli ultimi quattro anni, infatti, il decreto di revisione della spesa si trasforma in una nuova stagione di tagli indiscriminati: tagli che nulla hanno a che vedere con la necessità di contrastare gli sprechi che pure si annidano in ogni settore dell’attività pubblica, ma che invece molto hanno a che vedere con il pregiudizio per cui il welfare sia solo una zavorra e lo sperpero si combatta sacrificando il pubblico. Il decreto è poi una misura ingiusta anche nei confronti delle amministrazioni locali, le quali sono in prima linea, in questo frangente di crisi economica, nell’affrontare le comprensibili tensioni sociali, contribuendo a garantire la tenuta democratica dell’intero paese. La spending review, così come viene attuata, si profila inoltre come un intervento normativo irragionevole perchè paralizza anche la macchina amministrativa, negando il principio costituzionale del ‘buon andamento’ e comprimendo perfino il ruolo delle autonomie locali che invece rappresenta un pilastro per la coesione sociale e territoriale nazionale. Si rischia, infine, di assistere ad un dilagare di forme di esternalizzazione e privatizzazione forzate di quelle funzioni istituzionalmente spettanti agli enti locali (come per esempio i servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, per esempio i rifiuti o i trasporti o i servizi sociali), arrivando in qualche modo a favorire l’ingresso opaco della criminalità organizzata in queste stesse tappe di esternalizzazione e privatizzazione poiché, attualmente, le mafie dispongono della liquidità finanziaria necessaria. In proposito ricordo la recente sentenza della Corte costituzionale relativa all’annullamento dell’art.4 della legge 148 del 2011, richiamata anche dai provvedimenti del governo Monti, la quale ristabilisce il principio del rispetto della volontà referendaria del giugno scorso, quando in occasione del referendum circa 27 milioni di cittadini si espressero a favore della difesa dei beni comuni e dei servizi pubblici che li sostanziano. Adesso il Governo dovrà tener conto della sentenza, mentre i comuni ed i sindaci dovranno portare avanti una campagna di “obbedienza civile” alla Costituzione, cioè difendere i diritti dei cittadini da una politica di tagli indiscriminati.
Come amministratori locali siamo pronti a fare la nostra parte per evitare gli sprechi del settore pubblico, ma non siamo disponibili a mortificare la Costituzione e la democrazia, non siamo disponibili a tradire il mandato affidatoci dalle nostre comunità a garanzia dei loro diritti.
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