di Giulio Marcon

Dalle discussioni estive sulle alleanze politiche in vista delle prossime elezioni e sulle prospettive di governo sta mancando completamento il merito: il programma e gli obiettivi che sarebbe necessario darsi per fronteggiare la crisi e avviare un modello di sviluppo radicalmente diverso da quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi. E scompaiono - dal dibattito politico - da una parte la società con le sue sofferenze e dall'altra i soggetti (il lavoro, i movimenti, la società civile) che dovrebbero essere il perno di un cambiamento radicale del paese.
Prevale, per parafrasare il detto gramsciano, una logorante "guerra di posizionamento" in cui a farla da padrone sono le continue mosse e giravolte tattiche, le battute e la loro esegesi, il detto e il non detto, gli equilibrismi sul nulla, i minuetti che cambiano di tonalità ogni giorno, le foto più o meno sfocate: cioè il rito di una politica autoreferenziale a destra come - ahinoi - a sinistra.

Nella migliore delle ipotesi con l'obiettivo di andare a governare (ma per fare cosa?), nella peggiore di prendere qualche voto in più e garantire posti, prebende, accontentare clientele e cordate.
Nel merito, tutto il dibattito (quando c'è) si sta riducendo ad essere a favore o contro il "montismo" (la scelta è scontata), come se si trattasse di una sorta di mantra che ci evita di affrontare le questioni concrete che abbiamo sul tappeto e che Sbilanciamoci ed altri hanno posto in questi mesi: il modello di sviluppo che vogliamo (i Suv a Mirafiori o i bus della Irisbus, il Ponte sullo stretto o le piccole opere, i treni per i pendolari o i trafori delle alpi, i pannelli solari o il carbone, i diritti del lavoro o la flessibilità?), la redistribuzione necessaria della ricchezza contro le rendite e la finanza (la patrimoniale, la Tobin tax, ecc), una politica economica espansiva e keynesiana invece di un'austerity tutta sulle spalle della povera gente.
Tra un inconcludente programma elettorale di 281 pagine (quello dell'Unione del 2006) e una generica "carta d'intenti" (quella del Pd - e forse del centro sinistra - di un mese fa dove accanto a belle parole come uguaglianza, beni comuni e lavoro sono riproposte le vincolanti compatibilità europee dell'austerity) ci dovrà pur essere una "terza via".
È quella che Sbilanciamoci prova ad avanzare (con proposte specifiche e concrete) nella tre giorni della sua Controcernobbio a Capodarco di Fermo (per info: www.sbilanciamoci.org) mettendo al centro, da una parte la critica ed il superamento del paradigma neoliberista (quello che, dopo un po' di restyling verrà riproposto negli stessi giorni a Cernobbio) che ci ha portato alla crisi e che ancora ne sta dominando l'orizzonte e dall'altra la costruzione di un'economia diversa fondata sul lavoro, la qualità sociale ed i diritti, la sostenibilità ambientale, i saperi. Quello che interessa sono i contenuti e le scelte di merito, gli schieramenti vengono dopo. La stagione delle cooptazioni e dei collateralismi - per una gran parte dei movimenti - è finita per sempre. Non ci si può che associare alla Fiom quando dice che non vuole dar vita ad una forza politica, nè tanto meno dare un endorsement a qualcuno dei soggetti in campo.
Magari facendo molta più attenzione a quello che succede in Europa e cominciando a dire che il problema non è se continuare o meno la politica di Monti, ma se fare o meno quella di Hollande e a capire che si sta propagando un diffuso rifiuto delle politiche di austerity, come ci daranno testimonianza (dopo la Grecia) le prossime elezioni nella ultraliberista Olanda. Ed è proprio per questo che l'agenda dei contenuti e delle proposte che Sbilanciamoci rilancerà a Capodarco per un "cambio di rotta" si ricollega ai due forum promossi in collaborazione con il manifesto il 28 giugno ed il 9 luglio scorsi per un'altra Europa. Si esce dalla crisi - in Italia ed in Europa - rimettendo al centro il lavoro ed i diritti, il welfare e la conoscenza, la sostenibilità e l'ambiente. Il neoliberismo e le politiche di austerity hanno fallito: si tratta di mettere in cantiere un progetto di radicale cambiamento dell'economia e di costruzione di una vera democrazia in Italia come in Europa. Sono queste le sfide - più che le schermaglie politiciste e i tatticismi sugli schieramenti - che ci piacerebbe affrontare nei prossimi mesi.

 

il manifesto 5 settembre 2012

 

 

 

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