Intervista a Pier Giovanni Alleva
di Stefano Galieni

Il gius lavorista Pier Giovanni Alleva è fra coloro che da tempo prova a definire quelle che debbono e possono essere i rapporti di lavoro in un sistema che è indubbiamente cambiato, mettendo al centro i diritti di chi lavora. Ieri mattina anche lui, insieme agli esponenti politici della sinistra e ad alcuni dirigenti sindacali si è recato alla Corte di Cassazione di Roma, per presentare due quesiti referendari di enorme importanza e antitetici alle offensive portate avanti prima da Berlusconi e ora da Monti
«I quesiti sono due, quello per l’abolizione dell’ articolo 8 imposto in finanziaria dall’allora ministro Sacconi, che consente in qualsiasi azienda, col beneplacito di alcuni sindacati di togliere tutto in materia di diritti.

Quasi ogni ambito della vita di lavoro viene sottoposto a contrattazione aziendale.

Questo per ora si è rivelato essere un proiettile inesploso, ancora non ha trovato le sue potenziali applicazioni ma è li, come una Spada di Damocle sulla testa dei lavoratori. Il secondo quesito  è sull’articolo 18 che è stato spacchettato dalla riforma Fornero. Diventa insomma difficile e complesso procedere alla reintegra in caso di ingiusto licenziamento.

Col referendum vogliamo riportarlo tale e quale era con la sua efficacia dimostrata negli anni. Ad essere sinceri a me sarebbe piaciuto proporne anche altri, ad esempio sull’articolo  32 in cui si parla di precariato. Ma per ora va bene così».


Che valore politico dai a questa battaglia?

«A mio avviso si tratta di un grosso  patto politico, ieri ho rivisto finalmente tutta la sinistra “allineata e coperta”. E in confidenza, per me, che ero forse il più anziano del comitato promotore è stato un bel momento. Ora che partiranno i comitati unitari per la raccolta sono curioso di vedere come faranno a tenersene fuori tanti che fanno riferimento al Pd. Anche in questo senso ritengo la scelta referendaria molto azzeccata. Il merito, secondo il mio parere è stato soprattutto di due persone: Di Pietro e l’Idv che hanno stimolato gli altri, partendo anche da soli e lavorando per un comitato unitario e poi ho trovato preziosissima l’ opera paziente di Gianni Rinaldini. So che riscuote meno “simpatia” di altri dirigenti Cgil ma ha svolto una azione che mostra maturità e capacità di riflettere in cui mi sono ritrovato E tutto questo è accaduto proprio mentre l’asse Bersani – Vendola sembrava aver tagliato fuori tutti. Invece ora c’è un comitato unitario con forze in grado di lavorare molto bene. La Federazione della Sinistra ha un suo peso così l’IdV, la Fiom può pesare in maniera ancora più determinante e la catena dei soggetti interessati non si è affatto chiusa. Penso ad esempio ai lavoratori del pubblico impiego della Cgil, oggi la riforma Fornero non li tocca ancora ma sanno bene che i prossimi a pagare saranno loro e si tratterà di un bagno di sangue. Si tratta di 5 milioni di lavoratrici e lavoratori che potranno decidere se mettere un alt alla Fornero o lasciarla proseguire».

Che differenza trovi rispetto al precedente referendum sull’articolo 18?

«Non sono comparabili. L’altra volta ci fu la congiura del silenzio, in concreto c’è stato chi anche nel sindacato ci ha frenato in tutti i modi. Oggi sono più ottimista, paradossalmente la gente è più sensibilizzata, avverte ovviamente i colpi della crisi e il lavoro diventa il problema centrale. In tal senso, tornando agli aspetti politici, da noi diciamo che il “Pd è sotto scopa”, in difficoltà seria insomma. Io so come la pensano molti di loro, sindaci, amministratori, sindacalisti, molti so come la pensano sindaci, sindacalisti, amministratori, dirigenti e militanti a diverso livello. E questo vale sia per l’articolo 18 che per l’articolo 8. E poi quando si andranno a votare i referendum sarà passato un anno, avremo un nuovo parlamento che si dovrà pronunciare in materia. Speriamo sia un parlamento migliore e più orientato a sinistra. Magari con un Pd e con appoggi diretti o indiretti per riformare seriamente il mondo del lavoro per i lavoratori».

Ma saranno sufficienti i referendum a ricompattare questa sinistra?

«Per la prima volta ieri ho tirato un sospiro di sollievo, ho rivisto il nostro album insieme dopo troppi anni passati a dividersi. Ora bisogna attrezzarsi per una vera rimessa in sesto del mercato del lavoro. Maurizio Zipponi, per l’IdV, mi ha chiesto di lavorarci e visto che mi occupo di queste cose da 42 anni, ci sto provando. Io ho già pronti 8 progetti di legge che non sono frutto di fantasie ma di un impegno che non è mai mancato. Io darò il mio contributo e secondo me, se prevale un ragionamento di merito, la base comune si trova sicuramente. Se uno è realmente di sinistra lo trova, i temi sono quelli del salario minimo garantito, della lotta al mobbing, della lotta al precariato ecc…. Il mio è un contributo concettuale che può e deve essere integrato dal contributo degli altri che c’erano ieri e da soggetti che si aggregheranno».

Oltre al Pd sembra in difficoltà anche il sindacato

«Nel sindacato la vicenda è chiarissima e lineare. È avvenuta una mediazione di Bersani trasmesa alla Camuso. Una mediazione ridicola sulla reintegra ha chiuso il giuoco tanto che su questo tema non si è giunti allo sciopero generale. Le cose sono chiare e oggi c’è un cartello di sinistra che non deve rispettare più “la riserva di caccia” del centro sinistra. L’accordo del 28 giugno è stato un abbozzo che non ha avuto sviluppo. Siamo il Paese con i salari più bassi d’Europa e col potere di acquisto in perenne crollo. Esiste la povertà anche quando si applicano i contratti collettivi. Nel resto d’Europa c’è il salario minimo garantito. Il cartello delle sinistre invade un campo che il sindacato non copre, se il 93% dei contratti di lavoro che vengono stipulati oggi è per lavori precari a che serve il sindacato? Sono prigionieri del patto “Marcegaglia, Bersani, Monti, Napolitano”e questo alimenta nelle persone disaffezione e sofferenza. Occorre un grosso programma di vera riforma, altrimenti le bandiere qualcun altro le agita, in maniera sguaiata e senza proposte. La speranza è in questo cartello, da qui alle elezioni possono accadere molte cose e non è detto che siano tutte negative».

 

 

 

 

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