di Marco d'Eramo
Ma è proprio una bestemmia suggerire che la Germania potrebbe o dovrebbe uscire dall'euro? A giudicare dalle stroncature, indignate e beffarde, ricevute dall'ultima esternazione di Silvio Berlusconi, sembrerebbe proprio di sì. Ma non è così sicuro che si tratti solo di un'altra delle strampalate castronerie dell'ex premier. La stessa opinione l'aveva manifestata l'autorevolissimo finanziere, miliardario e filantropo, George Soros in un saggio pubblicato dall'altrettanto autorevole New York Review of Books (27 settembre): «A mio giudizio la procedura migliore è persuadere la Germania che deve scegliere tra divenire un potere egemonico più benevolo, oppure abbandonare l'euro. In altre parole, la Germania deve guidare o lasciare (lead or leave)».
Marco d'Eramo Le parole di Soros sono state riprese con rispetto da tutta la stampa internazionale, anche se il fondo di investimenti Soros Fund Management scommette da anni contro l'euro (Soros accumulò parte della sua fortuna nel 1992 speculando contro la sterlina per farla uscire dal Serpente monetario europeo: la manovra gli fruttò oltre un miliardo di dollari). Sull'argomento è intervenuto uno dei più influenti opinionisti economici del mondo, Martin Wolf. Sull'organo della City , Financial Times , il 26 settembre il richiamo in prima diceva «Aufwiedersehen euro», mentre il titolo dell'articolo è «Perché l'uscita è un'opzione per la Germania». Citando uno studio della London School of Economics («Quel che la Germania dovrebbe temere è il proprio timore»), Wolf dice che Berlino non può sostenere a lungo il disequilibro di un abnorme attivo commerciale con i propri partner dell'euro e un afflusso di capitali da questi stessi paesi: «Peggio ancora, si prospettano (alla Germania) anni di conflitti sui 'salvataggi', sulle ristrutturazioni del debito, su riforme strutturali e aggiustamenti impopolari...» e conclude: «Forse un divorzio per quanto doloroso, sarebbe meglio di tutto questo». Ma vi è un altro protagonista - assai più influente di Soros e di Berlusconi - che propende per un'uscita della Germania dall'euro, ed è una buona metà (se non una maggioranza) dell'establishment finanziario e politico tedesco. Altrimenti il comportamento della Germania sarebbe schizofrenico: il lunedì o martedì di ogni benedetta settimana che dio comanda da due anni a questa parte, ecco un esponente del governo di Berlino che ribadisce la difesa a spada tratta dell'euro, e due giorni dopo, immancabile giunge la smentita di un altro esponente che dice che l'uscita della Grecia non sarebbe un problema e che anche la Spagna in fondo... Un regime di docce scozzesi per niente innocente, perché sui differenziali di spread che questi annunci innescano sono stati realizzati profitti di decine di miliardi di euro. l fatto è che il partito degli euroscettici è forte in Germania, tanto che il suo alfiere è il presidente della Bundesbank, Jens Weidemann. Dal punto di vista monetario, il problema per Berlino è che nel contesto internazionale la Germania non "fa massa" a sufficienza, né come mercato né come Pil. L'area euro ha fornito per 11 anni questa massa. Ma l'andamento delle esportazioni, la struttura del mercato del lavoro tende a far virare la locomotiva tedesca da una rotta sud-ovest a una nord-est. La massa di manovra economica necessaria alla Germania potrebbe venire allora dall'area baltica (Finlandia, Lettonia, Lituania, Estonia, Polonia), più i vassalli cechi, slovacchi, ungheresi, croati, sloveni, austriaci, olandesi (e forse danesi); sarebbe la versione finanziaria del Drang nach Osten. Il dibattito è in corso anche se discreto. D'altro canto è vero che l'economia tedesca è abnorme rispetto a quella degli altri partner: è il gorilla da una tonnellata in mezzo alle scimmiette. Mentre le altre economie dell'euro (Francia, Italia, Spagna, Belgio, Portogallo e Grecia - l'Irlanda è una questione a parte) messe insieme fanno pur sempre 7,5 miliardi di dollari di Pil (dati del 2011), mentre, per fare un esempio, la terza economia del mondo, il Giappone fa 5,9 miliardi di dollari. Ed è anche vero che un euro senza Germania potrebbe svalutare, e quindi da un lato far riacquistare competitività alle imprese e dall'altro ridurre il debito. L'unica certezza è che non si può andare avanti così a colpi di austerità che ci fanno affondare sempre più nella recessione. Ultimo punto: la furbizia politica di Berlusconi sta proprio nel mischiare proposizioni sensate a ricette demagogiche ed espedienti di tornaconto personale. Ma il miglior modo di batterlo non è ricusarne la (episodica) sensatezza: non possiamo regalare a Berlusconi la critica alla Germania né possiamo lasciargli il monopolio della critica alla supina acquiescenza di Mario Monti alle lacrime e sangue imposte da Berlino e dai "mercati".
il manifesto 30 settembre 2012