di Luca Fazio

Non è un corteo, forse è qualcosa di più. E non è solo questione di numeri o di masse oceaniche che sfilano. «Dobbiamo dare voce al mondo del lavoro che appare invisibile, costretto a mettere a rischio se stesso perché il governo lo ignora», dice Susanna Camusso per spiegare le ragioni di questo strano happening che per tutta la giornata trasformerà piazza San Giovanni in un luogo aperto dove il lavoro cercherà di tornare protagonista (ore 10,30-17,30).
Sul palco, prima e dopo l'intervento del segretario generale della Cgil (alle 16), si alternano delegati sindacali, attori, lavoratori, precari e artisti, tra cui Eugenio Finardi; a rappresentare il «villaggio del lavoro», tutt'intorno sono stati allestiti trenta stand regionali per evidenziare come la crisi abbia già lacerato il tessuto produttivo del paese (e troverete anche un banchetto de il manifesto).

L'obiettivo dell'happening è rivoluzionario: «Cambiare da subito l'agenda Monti, che ci sta portando al disastro». Ma come? Protagoniste sono le persone che stanno lottando per non perdere il lavoro, i casi più conosciuti - Irisbus, Vynils, Carbosulcis, Alcoa... - ma anche storie che non vengono raccontate. Vedremo se alle parole seguiranno i fatti, visto che ci sono voluti due anni per tornare in piazza San Giovanni, dopo la manifestazione Cgil del novembre 2010 contro il governo Berlusconi.
A proposito di voci inascoltate - e un pensiero non può non andare a Florin Damian, il disoccupato che giovedì si è dato fuoco per protesta davanti al Quirinale - qualcuno ha idea di quanto forte sarebbe l'urlo dei lavoratori delle 30 mila imprese scomparse nel triennio 2008-2010? O di quel mezzo milione di persone in cassa integrazione che sopravvive con stipendi al di sotto della soglia di povertà? (dal 2008 ad oggi, 4 miliardi di ore di cassa integrazione). Non un settore produttivo è stato risparmiato dalla crisi più sconvolgente.

La meccanica del dopo Marchionne
Le aziende metalmeccaniche del comparto auto, ferroviario e navale registrano le maggiori richieste di cassa integrazione. Sul totale delle ore di cassa, la meccanica pesa per 253.714.842 di ore coinvolgendo 162.638 lavoratori (e anche la cassa integrazione ordinaria è aumentata del 47% rispetto all'anno precedente). Al centro della crisi, ovviamente, la Fiat, e di conseguenza molte aziende dell'indotto come la Pcma Magneti Marelli di Napoli, la Irisbus di Avellino (658 lavoratori di cui 190 «esodati») e la Om carrelli elevatori che ha trasferito ad Amburgo la produzione. Per il settore ferroviario la «preoccupazione» si chiama Finmeccanica, con l'annunciato piano di dismissione che prevede la vendita di Ansaldo Breda ed Sts (un colpo per la Liguria dove Finmeccanica dà lavoro a 7.400 lavoratori, senza contare i 5.000 dell'indotto). Ma a risentire del piano di dismissione ci sono decine di aziende sparse in tutta Italia. Il crollo di ordini e di forza lavoro coinvolge anche la cantieristica navale, con piani industriali «lacrime e sangue» che stanno falcidiando realtà produttive a Castellammare di Stabia e Sestri Ponente (solo per il ridimensionamento di Riva Trigoso è stato fatto un accordo nazionale separato, non firmato dalla Fiom, che prevede due anni di cassa per 3.650 lavoratori).

Si spengono gli elettrodomestici
Sono a rischio chiusura stabilimenti storici come Indesit, Merloni, Electrolux (i produttori delocalizzano in Polonia e Turchia). La Indesit ha già chiuso tre stabilimenti, in bilico ci sono 360 lavoratori in cassa con stipendi ridotti del 30%. La Electrolux ha annunciato 841 esuberi e le vertenze sono ancora aperte. La Merloni ha ceduto tre stabilimenti alla Qs Group, che solo in seguito a un «bonus» statale di 35 milioni di euro si è impegnata a riassumere 700 lavoratori.

L'edilizia è ridotta in briciole
Il settore delle costruzioni, dall'inizio della crisi, ha perso circa 325mila posti di lavoro (500mila se si considerano i settori collegati). Scrive la Fillea Cgil: «Stiamo assistendo alla morte del settore delle costruzioni, fino ad oggi sono sparite 20 Ilva, 100 Termini Imerese e 200 Alcoa». Da nord a sud, impossibile quantificare i nuovi disoccupati. Stessa situazione per il settore delle piastrelle e delle ceramiche (Modena, Imola e Faenza), con la storica azienda Richard Ginori che dopo 277 ha chiuso i battenti.

Il calo di turismo e commercio
Ci sono più di 250 vertenze aperte sul territorio nazionale: solo nel periodo tra gennaio e giugno 2012 sono stati coinvolti oltre 20 mila lavoratori nel terziario e 5 mila nel turismo. Qualche caso eclatante: la catena alberghiera NhHotel che vuole licenziare 400 persone, e la catena francese Fnac che rischia di chiudere tutti i punti vendita lasciando a casa 600 commessi.

L'agroindustria è alla frutta
La situazione è drammatica anche nel settore della forestazione che in Italia occupa circa 60 mila persone (il 93% concentrate al sud): in Campania, solo per fare un esempio, ci sono 4 mila lavoratori che non prendono lo stipendio da 15 mesi...
Per completare il quadro della crisi (ma non basterebbero dieci pagine per elencare chiusure e dismissioni), bisognerebbe aggiungere altri settori strategici dell'economia - telecomunicazioni, banche (i dipendenti), elettronica, siderurgia, energia, chimica, farmaceutica, tessile e moda, trasporti... Milioni di vite in bilico. Non ci stanno tutte in piazza San Giovanni, ma visto che hanno le stesse esigenze da qualche parte bisognerà pure indirizzarle. Il titolo dell'happening é: «Prima di tutto il lavoro». Il manifesto sarà in piazza San Giovanni in Laterano con due gazebo - posizionati accanto alla Scala Santa - per la vendita dei nostri prodotti editoriali. Nel corso della giornata diffusione militante straordinaria dell'edizione speciale di oggi.

 

il manifest0 20 ottobre 2012

 

 

 

 

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