di Roberto Gramiccia
Il taglio annunciato ieri di altri 7.389 posti letto a livello nazionale rappresenta un’ulteriore odiosa tappa di un processo di smantellamento della sanità pubblica che, negli ultimi anni, ha visto la liquidazione di oltre 45.000 posi letto, oltre 20.000 a partire dal 2009. Bene ha fatto quindi Paolo Ferrero a denunciare ieri con forza la vergogna di questo ulteriore colpo di scure. Se poi si analizza più in dettaglio la notizia si vede che, se possibile, lo scandalo diventa ancora di più insopportabile. Si apprende infatti che ad essere falcidiati saranno soprattutto posti letto per acuti che risultano, sul piano nazionale, relativamente eccedenti rispetto a quelli per postacuzie, se riferiti agli standard arbitrariamente rintracciati e imposti dalla spending review.
Questo standard prevede che ci debbano essere 3 posti letto per acuti ogni mille abitanti e lo 0,7 per post-acuti (malati che hanno subito una malattia acuta ma che ancora sono instabili clinicamente), quindi complessivamente 3,7 posi letto ogni mille abitanti. Ora, la prima cosa che vorremmo far osservare ai nostri governanti cosiddetti tecnici è che questa percentuale nella media europea supera abbondantemente il 5% e raggiunge in alcuni paesi, come la Germania, cifre anche molto superiori. E allora, scusate onorevoli tecnici ma a noi viene naturale domandarvi, a nome di tutti gli italiani di buon senso: “ma i governi di tutti gli altri paesi europei sono del tutto incompetenti e dissennati?”. Noi pensiamo proprio di no.
Ci si obietterà che in Italia ci sono sprechi e corruzione. E’ vero e di questo sono vittime sicuramente i più deboli. Ma è altrettanto vero che, nonostante gli sprechi, la percentuale di PIL che si spende in Italia per la Sanità Pubblica è del 7,1% mentre quella media europea è del 9,2. C’è da dire poi che molti dei soldi spesi in Sanità nel nostro paese se ne vanno in corruzione, per cui quello che arriva a destinazione in termini di capitali effettivamente impiegati è ancora meno. Tradotto: la nostra sanità pubblica, grazie all’abnegazione la competenza e l’inventiva dei suoi operatori, in questi anni è stata eccezionale se è vero che nel recente passato (ora crediamo non lo sia più), veniva collocata al secondo posto nel mondo dalla OMS, nonostante lo scarso sostegno economico dallo Stato.
Questo risultato è stato ottenuto, fatta la tara delle diversità regionali che rendono il nostro paese pazzescamente disomogeneo. Si tratta di una semplice constatazione che dimostra il valore del personale medico e non medico a cui è affidata la sanità pubblica che, con relativamente pochi mezzi, ha ottenuto fino ad oggi grandi risultati. Sono evidentemente queste performances che vogliono essere abbattute dal governo dei tecnici. E sapete perché? Per una ragione semplice: promuovere la privatizzazione progressiva del sistema sanitario, calpestando i principi solidali e universalistici che ne sono alla base su indicazione perentoria della nostra carta costituzionale.
Si tratta evidentemente di un passaggio parziale (ma decisivo) nel perseguimento di un disegno di espoliazione progressiva dello stato sociale, a sua volta tappa fondamentale di una progressiva trasformazione antidemocratica del nostro Stato nazionale. La cancellazione di diritti fondamentali come quello alla salute mina, infatti, alla base la nostra stessa democrazia, entro la quale l’uguaglianza dei cittadini è un valore costitutivo essenziale.
Come possono essere ritenuti uguali dei cittadini che possono curasi se hanno i soldi per farlo e ne sono impediti se non li hanno? La denuncia vibrante che a “Servizio Pubblico” ha fatto un medico sullo stato della Sanità Pubblica e sul velleitarismo demagogico del Decreto Balduzzi è stata una chiara dimostrazione del punto a cui siamo arrivati. Quel medico non difendeva il suo salario (cosa per altro legittima) ma difendeva la sopravvivenza in vita del SSN, denunciando, fra l’altro, come la grande manifestazione che ha raccolto a Roma, a difesa di questo sistema, oltre 30.000 persone è totalmente passata sotto silenzio. Noi quella manifestazione l’abbiamo non solo segnalata ma anche sostenuta con tutte le nostre forze. Ma evidentemente non basta. Bisogna fare di più. Molto di più.