di Tonino Bucci

Le amministrative l'hanno confermato. Il sistema della Seconda repubblica è in dissoluzione. L'astensionismo dà la misura del divario tra istituzioni e cittadini e, stando ai dati, il Movimento 5 stelle è quello che meglio interpreta questa crisi del quadro politico.

La crisi del sistema politico e l'analogia col '92-'93
Nel '92 entrava in crisi la Prima Repubblica.

Da lì a un paio d'anni più tardi non sarebbe rimasto in piedi neppure uno dei partiti che avevano segnato la vita pubblica del paese dal dopoguerra in poi. Scompaiono la Dc e il Psi, il Pci si è sciolto nel Pds, l'Msi cambia nome e diventa An.

Il settanta per cento dei professionisti della politica, tutti uomini di potere navigati, ne vengono estromessi. Nel primo anno della legislatura iniziata nel '92 le richieste di autorizzazione a procedere contro parlamentari ammontano a ben 540. Nuove forze politiche faranno irruzione sulla scena, partiti con caratteristiche che sino ad allora non si erano mai viste. Le principali novità si registrano nella destra, più attenta a cogliere nell'aria il passaggio di egemonia che si sta consumando. È strabiliante il boom elettorale della Lega Nord, che alle politiche del '92 ottiene il 23 per cento in Lombardia, il 18 per cento in Veneto, il 15 per cento in Piemonte. Un partito a base territoriale, in grado di esprimere istanze materiali (la piccola impresa, la provincia produttiva), in sintonia con un certo senso comune xenofobo e razzista, con una identità fortemente incentrata sul localismo. E poi Forza Italia, il partito di plastica, il partito-azienda di un imprenditore self made man che coniuga egoismo proprietario e strategia comunicativa. Diventerà in breve il referente di poteri vecchi e nuovi. La Seconda repubblica nasce con il baricentro in due nuovi partiti che con quelli precedenti, quelli che avevano scritto la Costituzione, non hanno più nulla in comune. Ad essi si aggiungerà An, erede del vecchio Msi nato e cresciuto fuori dell'arco costituzionale. Anche oggi, come nel '92-'93, il sistema politico italiano si sta disarticolando. Gli schieramenti che hanno caratterizzato la Seconda Repubblica sono in via di scomposizione e, al loro interno, i partiti che fino a pochi mesi fa erano i protagonisti della scena, oggi perdono quota. I casi più eclatanti riguardano il centrodestra: alle amministrative sia il Pdl sia la Lega hanno subìto un tracollo. Ma c'è di più. Hanno perso di significato anche gli schemi e le linee di frattura che agivano nella Seconda repubblica. Oggi, per esempio, non ha più senso parlare di competizione tra berlusconismo e antiberlusconismo e persino il bipolarismo maggioritario che ha governato l'Italia per vent'anni è in fase di declino. Si intravedono, invece, altre frontiere possibili di antagonismo nello spazio della politica: quella tra i partiti che sostengono il governo Monti e i partiti che vi si oppongono, per esempio, o tra quelli che aderiscono alla linea dell'Ue e della Bce e quelli che invece la contestano, o ancora tra i partiti ritenuti interni al sistema e chi si chiama fuori. A seconda della linea di divisione dello spazio pubblico che di volta in volta prevarrà, si costruiranno fronti variabili di forze politiche in competizione reciproca. I rapporti di egemonia che si instaureranno da qui alle prossime elezioni politiche dipenderanno molto da quale questione – o campo di questioni – si imporranno nell'agenda pubblica. A seconda se avrà più importanza la questione sociale o la critica al sistema istituzionale, la crisi economica o la contestazione ai partiti, vedremo nascere fronti variabili tra loro antagonisti.

 

Il successo del M5S e l'invenzione di un nuovo spazio politico
Prendiamo l'esempio del M5S. L'impressione è che non si tratti di un fenomeno di superficie, bensì di un movimento che si sta manifestando dopo un periodo più o meno lungo di incubazione nella società italiana. Il che non significa che si possa fin d'ora prevedere se sarà un fenomeno politico di lunga durata. Non è affatto scontato. Dipende da come il movimento di Grillo reagirà alla prova dei governi locali, se saprà selezionare un nuovo gruppo dirigente, se riuscirà a costruire un rapporto nuovo tra amministratori e cittadini non più fondato sulla delega. Se e come il M5S si strutturerà come forza politica nazionale è ancora un'incognita. Al momento sembra di poter dire che il M5S è il sintomo di una crisi di sistema. Fatte salve le debite distinzioni, oggi i grillini interpretano la crisi del sistema politico esattamente come seppero fare Forza Italia di Berlusconi e la Lega Nord nel '92-'93. All'epoca la nascita fulminea del partito berlusconiano e la crescita elettorale del Carroccio rappresentarono la risposta più efficace al vuoto politico che si era prodotto con Tangentopoli. Anche lo scenario nel quale cresce il Movimento 5 stelle presenta al suo interno spazi vuoti. A destra come a sinistra. Sul versante della prima, i soggetti che fino a poco tempo fa dominavano – Lega e Pdl, per l'appunto – diventano oggi minoritari e periferici, mentre sul versante opposto il fronte della sinistra di alternativa, comunista e antagonista, è frammentato, senza peso politico. Dell'uno e dell'altro vuoto il M5S dimostra di saper approfittare, occupandone i rispettivi spazi. Dai primi dati disponibili sui flussi di voto tra il primo e il secondo turno per Parma, ad esempio, il neosindaco Pizzarotti avrebbe raccolto consensi da tutto l'arco politico. E, in effetti, il M5S si candida a poter pescare in bacini elettorali fra loro anche molto eterogenei, tra gli elettori delusi di Pdl e Lega, ma anche nel voto di protesta e giovanile. Ma non è del tutto esatto spiegare il terremoto politico in atto come fosse un sistema idraulico di spazi che si svuotano e si riempiono a seconda delle alterne fortune. Il M5S non si è limitato a un'operazione di semplice eclettismo, sommando a caso temi diversi, presi secondo le convenienze un po' a destra, un po' a sinistra. Al contrario, i candidati grillini ripetono spesso che il proprio movimento non è «né di destra né di sinistra» e che la chiave del successo ottenuto starebbe nell'avere inventato un «nuovo» spazio politico. In un certo senso è vero, gli spazi politici non si “trovano” bell'e pronti, ma si costruiscono, si inventano. Come? Nella società italiana hanno preso corpo negli ultimi anni una serie di domande sociali inascoltate che il sistema istituzionale della Seconda repubblica non è stato in grado di soddisfare in modo “differenziale", ognuna separatamente dalle altre. Il risultato è che quelle domande si sono accumulate. Non a caso, il livello dell'investimento collettivo nella politica e nei partiti non è mai stato così basso e che il divario tra popolo e sistema istituzionale si è talmente allargato da non poter essere riassorbito nelle formule del passato. Il M5S ha saputo rappresentare questa nuova frontiera tra “popolo” e “potere” e aggregare tra loro le tante domande finora inascoltate dai partiti in un'unica domanda di antagonismo.

 

«Né di destra né di sinistra»
Destra e sinistra, «le ha già travolte la fine della prima repubblica. I partiti di oggi sono degli ibridi tremendi, centrodestra, centrosinistra, dentro c'è di tutto. Le distinzioni astratte non servono più. L'ideologia è finita, restano le idee». Parole del sindaco Pizzarotti. Lo slogan “né di destra né di sinistra” è il più gettonato dai grillini. Eppure non si può liquidare del tutto come qualunquismo o come indecisione sulle scelte di fondo. Di fatto l'alternativa destra/sinistra esiste, eccome. Prima o poi arriva sempre il momento in cui bisogna decidersi se mettere prima il mercato o il pubblico, le merci o i beni comuni, il lavoro o l'impresa, i pensionati o i proprietari di rendite. Semmai, le categorie destra e sinistra sono state svuotate nella pratica politica, da partiti sempre più omologati nei programmi e nelle idee. A giudicare dai valori il M5S non ha pregiudiziali verso i temi di sinistra: l'ecologismo, le battaglie contro gli inceneritori e a difesa dell'acqua pubblica, la questione morale, la trasparenza nella gestione della cosa pubblica, la critica ai poteri forti – solo per citarne alcuni – non sono temi di destra e tantomeno del berlusconismo o della destra tecnocratica. Nelle prime indiscrezioni su chi farà parte della giunta a Parma sono usciti fuori i nomi di Paolo Berdini per il ruolo di assessore all'urbanistica («ha studiato e combattuto il consumo del suolo», dice Pizzarotti) e quello di Loretta Napoleoni per l'assessorato all'economia partecipata - personalità appartenenti all'orizzonte culturale della sinistra. E se proprio si deve stabilire una genealogia del personale politico del M5S si trovano molte più parentele con la sinistra che non con la destra. Lo stesso Pizzarotti  ha ammesso di aver votato in passato anche per Rifondazione, «a destra no, mai».

 

«Riprendiamoci il paese»
E' uno degli slogan più ripetuti in campagna elettorale dallo stesso Grillo. Nei suoi discorsi pubblici («non chiamateli comizi») il leader e proprietario del marchio del movimento parla di «rivoluzione disordinata», di «rivoluzione culturale». Se la prende con la democrazia rappresentativa, definisce il parlamento una «istituzione superata», dice che è insensato che un migliaio di parlamentari nominati da cinque segretari di partito gestiscano tutto il potere e che l'intera popolazione sia tagliata fuori. E' per questo che la preoccupazione principale dei sindaci del M5S riguarda molto più il criterio con cui sceglieranno gli assessori che non i singoli nomi. «Lo capite che le cose qui sono cambiate? Da oggi si condivide tutto. Come abbiamo sempre promesso», dice sempre Pizzarotti. Anche a Comacchio il neosindaco grillino Marco Fabbri è impegnato nelle selezioni per formare la giunta. «Punteremo sicuramente ai giovani - dice - perché i miei assessori dovranno dedicarsi ad amministrare Comacchio a mille euro al mese e non potranno effettuare altre attività». Il cuore del messaggio politico è la critica all'affarismo, ai partiti, indicati nel loro complesso come un sistema di occupazione e di gestione del potere. Senza fare distinzioni. Ciò che viene messo in discussione è il meccanismo della delega, il limite di una democrazia che non riesce a rappresentare, il divario tra amministratori e cittadini, il conflitto di interessi di governanti e governati. Ma se il punto di partenza è chiaro - il rifiuto della democrazia delegata e della distinzione tra eletto ed elettore - ancora tutto da scoprire è il “metodo" per arrivare all'obiettivo di una condivisione del governo della cosa pubblica. Non è un caso che in questi giorni i neosindaci del M5S ripetano, come in un leit motiv, di essere semplici portavoce, che nel modo di amministrare dovrà cambiare tutto e che ogni decisione dovrà essere presa in una consultazione permanente dei cittadini. Del resto, il M5S è un movimento dalla struttura leggera. A Parma, per esempio, gli iscritti non vanno oltre i cinquecento, non c'è una sede, alla bisogna ci si appoggia a un appartamento prestato dall'amico. «Nella scelta delle candidature in Comune Grillo non mette bocca - dice una neoconsigliere eletta a Parma - si limita a controllare che i certificati penali siano puliti, il resto lo decide l'assemblea sulla base delle competenze». Il guaio, però, è che per rendere la politica alla portata di tutti mancano le procedure, le esperienze, le regole, che sono ancora tutte da inventare. Per il momento, come va ripetendo Pizzarotti, ci si affida al web. Si punta a fare di internet il luogo di un'assemblea permanente destinata a prendere decisioni su qualunque materia, anche su chi ha più titoli per far parte di una giunta. «Possiamo prendere quasi tutte le decisioni all'unanimità, se lavoriamo per il bene della città». I pirati in Germania ci stanno già provando. E, in fondo, qualcosa del genere la pensava anche il vecchio Lenin quando auspicava che pure la cuoca avrebbe imparato come dirigere lo Stato.

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