di Daniele Nalbone
In almeno diecimila hanno dato vita a una parata, nel giorno della parata ‘ufficiale’ delle forze armate, per urlare tutta la loro rabbia contro una Repubblica che, nel suo giorno di festa, “non ferma il carrozzone in segno di lutto per il terremoto che ha colpito l’Emilia”.
E così è il popolo dell’acqua e dei beni comuni a ricordare, con quello che è stato lo striscione più fotografato di un corteo colpevolmente oscurato dai media televisivi, che “in solidarietà con le popolazioni colpite dal sisma, dai terremoti ci si difende con la difesa dei territori”. Davanti a tutti, nel lungo serpentone di gente che sotto un sole quasi agostano ha unito piazza della Repubblica con piazza San Giovanni, padre Alex Zanotelli. In testa, l’immancabile cappello a forma di rubinetto con sopra incollata una moneta da un euro. Nelle sue parole, la voglia di non arrendersi: “Un anno fa 27 milioni di persone hanno preferito andare alle urne anziché ‘andare al mare’ e 26 milioni di quei 27 votarono a favore dell’acqua pubblica e fuori dalle regole del mercato. Oggi, un anno dopo, siamo nuovamente in piazza - e nuovamente lontano dalle spiagge - per rivendicare quel voto, per chiedere che quella due giorni elettorale di alta democrazia non venga cancellata da governi subalterni alle multinazionali e alla logica del profitto”. Un anno fa…. Parlando con la gente in piazza, con i portavoce dei vari coordinamenti territoriali che compongono “il popolo dell’acqua”, con i nomi più noti di questa marea, da Paolo Carsetti - portavoce del Forum nazionale - a Marco Bersani di Attac fino ad arrivare a Giuseppe De Marzo di A Sud, tutti iniziano il loro pensiero così: “Un anno fa…”. In fondo, per capire cosa è avvenuto in un caldo sabato di giugno, non si può non tornare con la mente a “un anno fa…”. Allora, come ha ricordato don Zanotelli, 26 milioni di persone misero due croci su due caselle. Votarono su una scheda che tutti ricordiamo rossa in merito alle modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali “di rilevanza economica”, come recitava il quesito numero uno. E votarono “Sì” per abrogare la norma che consente di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a soggetti privati. E sempre in 26 milioni votarono “Sì” su una scheda gialla per abrogare la norma che stabilisce la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, nella parte in cui prevede che tale importo includa anche la remunerazione del capitale investito dal gestore. Due sì per dire “no” alla gestione dell’acqua come un qualsiasi bene di mercato. Come un qualsiasi bene sul quale fare profitto. Per raccontare un simile corteo si potrebbe scegliere di fotografare con le parole i tanti striscioni dei nodi locali del Forum per l’acqua giunti da tutta Italia. Si potrebbe, in alternativa, scegliere di far parlare i vari portavoce delle singole componenti della marea blu. Potremmo anche sottolineare le forze politiche presenti ed assenti da una manifestazione prova di democrazia (presenti Federazione della sinistra, Sel, Sinistra critica, Verdi, Movimento 5 Stelle). Ma c’è un’immagine che più di ogni altra può far capire l’importanza del corteo di sabato 2 giugno. A Roma faceva caldo. Caldissimo. Ma di gente ‘a margine’ del corteo ce n’era molta. Nonostante il giorno festivo, i negozi erano aperti. I turisti in giro per la città eterna erano tantissimi. Ed è proprio fra gli esercenti e il popolo dell’acqua, fra i turisti (italiani) e il popolo dell’acqua, fra chi si dilettava nello shopping festivo e il popolo dell’acqua che abbiamo potuto ascoltare i confronti più interessanti. La ‘gente’ si chiedeva perché “ancora quelli dell’acqua” a manifestare. “Ma non abbiamo vinto il referendum? Perché ancora in piazza?” la domanda più frequente. Ed ecco la testuale risposta di una signora di mezza età che da Pistoia è arrivata a Roma in macchina: “Perché il governo Monti e i poteri forti stanno facendo finta di niente, come se il referendum non ci fosse stato”. Il Governo Monti. Il nemico numero uno del popolo della democrazia. Un’altra persona si aggiunge alla discussione. E’ un romano con bandiera No Tav arrotolata intorno al collo. “Per non parlare della Bce, dell’Europa, delle banche che con la scusa della crisi vogliono imporre, a prescindere dal voto di un anno fa, che i beni comuni vengano privatizzati. Perché, dicono, ‘dovete fare cassa sennò finite come la Grecia’”. Parole semplici ma che, provenendo da un popolo come quello dell’acqua, che festeggia non la Repubblica in cui viviamo ma la Res-Publica in cui tutti vorremmo vivere, assumono un’importanza ‘capitale’. Perché, lo abbiamo scoperto un anno fa, la battaglia per l’acqua pubblica e fuori dalle regole del mercato non è una battaglia ‘politica’. E’ una battaglia ‘di popolo’. E ieri, nonostante la voglia di mare in un giorno di festa, un bel pezzo di quel popolo è sceso in piazza per ricordare in primis ai 26 milioni di italiani che un anno fa hanno detto “Sì” all’acqua pubblica che c’è qualcuno, “ai governi”, che sta lavorando per far sì che quel voto resti carta straccia. Per questo alla fine del corteo, in piazza San Giovanni, non si assistito al classico comizio di fine manifestazione, bensì a una vera e propria assemblea di coordinamento. Per tutti, infatti, il corteo del 2 giugno è stato il luogo in cui organizzare la due giorni del 12 e 13 giugno quando, a un anno esatto dal referendum, si tornerà in tutte le piazze italiane per ribadire che l’acqua è una cosa pubblica.