di Ilvo Diamanti
Il post-berlusconismo, oggi, ha due eredi, due volti, due modelli. Monti e Grillo. Diversi e anche di più. Quasi alternativi. Eppure complementari, simmetrici. Interpretano le due principali risposte alla crisi della "democrazia del pubblico" all'italiana. Dove il rapporto con la società è mediato dai media tradizionali, in primo luogo la televisione.
Dove i partiti sono "personali", più che personalizzati. Prolungamenti del leader. Dove il leader si presenta ai cittadini, pardon: al pubblico e agli "spettatori", in modo "immediato", più che diretto. Imitandone i vizi assai più delle virtù. Dove, nella selezione della classe politica e dirigente, non importano le qualità etiche. Semmai quelle estetiche. Conta l'immagine. Contano i rapporti - professionali, di interesse, personali e di varia natura - con il "Capo". Conta la fedeltà al leader, ben più della competenza. Il PMM: il Partito Mediale di Massa, creato da Berlusconi. Ha rimpiazzato la partecipazione sociale con i sondaggi. I valori e l'identità con il marketing politico.
Questo modello non funziona più. Perché la distanza fra la realtà mediale e quella reale è divenuta insostenibile. La narrazione della vita ha perso il contatto con la vita. E, alla fine, i cittadini si sono stancati dello spettacolo della politica. Non sopportano più di essere spettatori e attori, al tempo stesso, di un irreality show frustrante. Così è finito il Berlusconismo.
Abbandonato dai fan. Ma dal suo declino non ha tratto grande vantaggio l'opposizione. I partiti di centrosinistra. Troppo invischiati nel passato e nel presente. Come nel 1992, dopo Tangentopoli.
Sono emersi, invece, due soggetti (in parte) nuovi. Monti, anzitutto. Una risposta politica "dall'alto". Perché interpreta la domanda di competenza e di autorevolezza delle classi dirigenti. È il governo degli esperti, voluto dal Presidente e legittimato dal Parlamento a causa dell'impotenza dei partiti. Monti. Non imita la "gente comune". Non ne sarebbe capace. Anche se cerca la complicità dei talk tivù Pop-olari, non è facile assumere un profilo Pop annunciando misure imPop-olari. Monti: interpreta la Politica senza - in qualche misura "contro" - i partiti. E senza i Media. Non a caso a capo della tv pubblica ha posto tecnici. Con poche esperienze televisive. (Sollevando il risentimento del PMM, per cui la tv è tutto). Monti. Il suo potere è legittimato dalle competenze e dalla fiducia di cui dispone presso i mercati. Internazionali. Che pesano anche sul consenso popolare.
Grillo e il Movimento 5 Stelle (M5S) costituiscono la risposta "dal basso". Alla crisi politica del Berlusconismo, ma anche ai limiti del Montismo. Dal Basso, perché il M5S veicola la domanda di partecipazione espressa dai movimenti e dai comitati, sorti intorno a rivendicazioni locali e sociali legate ai beni comuni. Perché promuove nuovi leader, giovani, attivi nella società. Perché intercetta la contestazione e la protesta contro "l'Alto": i Partiti e i loro gruppi dirigenti. Contro le oligarchie dei partiti e contro i partiti ridotti a oligarchie. Grillo e il M5S sono "alternativi" al Berlusconismo, anche se ne ereditano alcuni tratti. Anzitutto, la capacità di gestire la comunicazione e la personalizzazione. Grillo è un professionista, un attore della scena mediatica - e teatrale. Da molto più tempo di Berlusconi. Ma ha abbandonato la televisione. Per necessità oltre che per scelta. È andato nelle piazze. E ha sperimentato la rete e i Social Network, che realizzano una comunicazione "orizzontale". Servendosi della consulenza di "esperti" e professionisti della Rete, come Casaleggio. Il M5S è una sorta di nuovo modello di Network politico. Che mette in comunicazione molti, diversi luoghi - o meglio, "siti" - sociali e locali. Ma Grillo e il M5S sono l'antipartito - oltre che l'Anti-Berlusconi.
Alternativi al Montismo. A sua volta, espressione della Politica dall'Alto. In mano ai tecnici. Ai poteri economici e finanziari. Interni e internazionali. Mentre i giovani del M5S, come ha sostenuto Grillo, intervistato da Gian Antonio Stella: "Hanno dietro i più bravi consulenti della rete. Fiscalisti, urbanisti, geologi, esperti di bilanci. Tutta gente che si mette a disposizione gratuitamente. Con un entusiasmo che gli altri se lo sognano". Monti e Grillo: sono entrambi "dentro" e "fuori" la democrazia rappresentativa.
Dentro. Monti, ovviamente. Perché occupa ruoli istituzionali importanti, già da molti anni. Prima e dopo l'avvento del Berlusconismo. E perché la sua azione, oggi, è legittimata dai partiti e dal Parlamento degli eletti (o, meglio, dei "nominati"). Grillo e il M5S: perché agiscono mercato politico. Competono alle elezioni - oggi amministrative e domani legislative - per eleggere i loro candidati. Nelle istituzioni rappresentative. Perché danno visibilità e rappresentanza a domande politiche e a componenti sociali, altrimenti escluse, comunque ai margini. Fuori. Perché entrambi sono emersi "fuori" dai canali tradizionali della democrazia rappresentativa. I partiti e la classe politica. Fuori dai media che caratterizzano la "democrazia del pubblico". Di cui Monti sottolinea l'incapacità di governare. Grillo e il M5S: l'incapacità di "rappresentare" - e di far partecipare direttamente - i cittadini.
È il Grillo-Montismo. Diagnosi e denuncia del male che oggi affligge la Politica e la "democrazia rappresentativa". Entrambi anti-partitici e post-berlusconiani. Due risposte, peraltro, anch'esse parziali. Perché le istanze partecipative espresse da Grillo devono dimostrare di essere in grado di "governare" e di aggregare le diverse componenti e i diversi interessi della società. Perché l'aristocrazia di governo espressa da Monti e dagli esperti deve, comunque, guadagnarsi il consenso dei cittadini, oltre a quello, incerto, dei mercati. E il consenso dell'opinione pubblica, misurata dai sondaggi, resta elevato. Ma è instabile e in sensibile calo, rispetto a due mesi fa. Mentre il consenso elettorale - l'unico che conti nelle democrazie rappresentative - dipende dalla disponibilità dei tecnici di "mettersi in gioco" alle prossime politiche. In una lista - nuova o tradizionale. Così, ad oggi, Monti deve affidarsi al "consenso" del Parlamento dei - vecchi - partiti.
Il Grillo-Montismo annuncia, dunque, cambiamenti profondi. Come e forse più dei primi anni Novanta. Una stagione instabile, dove le fratture e le idee politiche tradizionali rischiano di essere fuori tempo. E all'alternativa fra destra, centro e sinistra o fra liberismo e laburismo si sostituisce quella, fluida e indefinita, fra vecchio e nuovo. Che non è certamente nuova, ma resta quanto mai attraente e dirompente.
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