elezionisindaconapolidi Gianluigi Pegolo

Esiste un'analogia evidente fra ciò che sta accadendo a Palermo, in vista delle elezioni comunali, e ciò che è accaduto a suo tempo a Napoli. In entrambi i casi le primarie del centro sinistra si risolvono in imbrogli perdendo legittimità. In entrambi i casi, la divisione che si apre nel fronte democratico muove da un'idea diversa sia della società sia dei referenti politici che si assumono come centrali.

Da un lato, il Pd e i suoi alleati puntano a un'alleanza che guarda al centro e ai poteri forti, dall'altro componenti progressiste e di sinistra rifiutano tale impostazione e fanno della rottura con il sistema di potere locale il loro obiettivo fondamentale. Alla fine queste differenze si coagulano sulla scelta del candidato sindaco con il prodursi di un'alleanza moderata a guida PD, da una parte, e di una coalizione alternativa, dall'altra. A Napoli sappiamo come si è conclusa la vicenda: ha prevalso De Magistris che guidava una coalizione IdV, FdS, e liste civiche. A Palermo non sappiamo come finirà, ma certamente la candidatura di Orlando lascia aperta la speranza che si possa ripetere il successo della coalizione alternativa, che in questo caso è formata sempre dall'IdV e dalla FdS insieme ai Verdi e a presenze importanti della sinistra. Un'altra analogia è riscontrabile nella divisione che si è aperta in entrambi i casi fra le forze che si collocano esplicitamente a sinistra del PD e cioè FdS e SEL. Anche nel caso di Palermo, come prima in quello di Napoli, SEL dopo un dibattito interno sofferto, sceglie a maggioranza di collocarsi con il PD. La presenza di tante analogie fra le principali città del Mezzogiorno ci dice molto di quello che sta avvenendo nel sud, ma anche più in generale nel paese. Ci dice, per esempio, del tratto distintivo che connota ormai la politica del PD nel mezzogiorno e cioè il tentativo di realizzare un'alleanza via via più organica con i settori centristi che costituiscono una parte essenziale del sistema di potere locale, ma ci dice anche dell'insuccesso di questa politica nel momento in cui stride con una domanda sociale alla quale il sistema affaristico clientelare non ha saputo dare risposte. Nasce anche da qui quella fluidità nel corpo elettorale che spiega il successo di candidature più radicali. Al tempo stesso, ci dice della drammaticità della situazione nel mezzogiorno che non solo è testimoniata – come dimostrano le innumerevoli statistiche – dalla condizione sociale in peggioramento, ma anche dall'estrema vulnerabilità politica del corpo elettorale e dalla manipolazione cui è esposto. Il fallimento al sud delle primarie ben riflette una corruzione che tocca nel profondo il sistema politico locale. Queste dinamiche presentano differenze rilevanti rispetto al nord del paese, dove certamente vi è una maggiore coesione politica e sociale, per quanto messa a dura prova dalla drammaticità della crisi. Le diverse dinamiche delle primarie e, in primo luogo, la mancanza al nord di apprezzabili contestazioni sulla loro legittimità, riflette parzialmente questo dato. Vi sono, tuttavia, analogie anche fra le due parti del paese nei comportamenti politici. Il grande quesito è se alla fine le scelte che si stanno compiendo dal PD al sud non costituiscano il laboratorio della costruzione di un'alleanza organica con le forze centriste in tutto il paese. La vicenda del governo Monti, il dibattito interno al PD, gli stessi intendimenti che si colgono dietro le proposte di modifica della legge elettorale, sono a tale riguardo molto indicativi perché mettono all'ordine del giorno la possibilità di un drammatico slittamento del PD verso il centro. Che, peraltro, a un'alleanza con il centro dopo le elezioni politiche guardi l'insieme del gruppo dirigente di quel partito è noto. Inoltre, la maggior pressione che viene dal PD anche nel centro nord a costruire alleanze locali con settori di centro è assai indicativa. Naturalmente lo scenario è in forte movimento e la vicenda dell'articolo 18, con le lacerazioni che sta provocando nel PD, dimostra che la partita è ancora in parte da giocare. Le tendenze, tuttavia, di una ricollocazione più a destra del PD sono visibili ed è per questo che a sinistra occorre porsi degli interrogativi. Il primo soggetto che dovrebbe interrogarsi è SEL. Fino a che punto la scelta d'internità al centro sinistra e di alleanza organica con il PD può consentire di assecondare scelte che entrano in contraddizione palese con la difesa di alcuni valori? Il caso di Palermo è da questo punto di vista clamoroso dopo la sconfitta subita alle primarie dalla Borsellino a causa dei brogli e del voto inquinato e la vittoria di un candidato sostenuto dallo schieramento che vorrebbe estendere e consolidare l'esperienza centrista del governo regionale. Come può SEL in questa situazione appoggiare un simile schieramento? E' il prezzo che si paga per una scelta strategica sempre più scricchiolante. Se qualcosa di buono è venuto in queste amministrative è che le alleanze a sinistra si sono ampliate, in alcuni casi dando vita a vere e proprie liste unitarie. Il punto è che questo non si configura come l'opzione coerente di una sinistra che si voglia alternativa. Si tratta di episodi. Occorre invece una politica ed è su questa che occorre lavorare. I Tempi sono maturi e, anzi, si è già in ritardo.

Lunedì 26 Marzo 2012

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