di Gianluigi Pegolo*
Nelle prossime elezioni amministrative una partita decisiva si gioca al nord, dato che la rottura dell'asse PdL - Lega è destinata a rimettere in discussione l'equilibrio politico amministrativo di molti comuni.
I dati sono in sé più che significativi: su dodici comuni capoluoghi della "Padania" ben otto erano governati dal centro destra con coalizioni Pdl-Lega e solo 4 dal centro-sinistra. La rottura fra i due partiti rende agevole al centro-sinistra capovolgere i precedenti risultati in una serie di amministrazioni. E' ampiamente prevedibile che al di sotto di questa fascia di comuni, e in particolare in quelli superiori, ma non capoluoghi, il fenomeno si riprodurrà, anche se sulle sue proporzioni c'è da essere cauti. Sulla rottura fra Lega e PdL nelle prossime amministrative c'è di che riflettere. Essa appare, con evidenza, il portato di una rottura politica che nasce non solo dalla scelta del Pdl di appoggiare Monti. Questa motivazione, oggi ripresa dal gruppo dirigente leghista, suona in parte come un alibi, rispetto a un elemento ben più sostanzioso, e cioè l'insoddisfazione profonda vissuta dal corpo della Lega rispetto alla parabola del governo Berlusconi. Lo scontro Bossi – Maroni, esploso prima della nascita del governo Monti, cosa ha rappresentato se non una divaricazione profonda di linea intorno all'alternativa fra mantenere un'alleanza moribonda per sperare nel proseguo di una collocazione di governo e liberarsi dell'ormai insostenibile fardello berlusconiano, separando le proprie responsabilità da quelle del PdL? Il passaggio del governo Monti ha fatto saltare ogni incertezza. Peraltro come avrebbe potuto la Lega essere acquiescente rispetto a una linea di governo che ha alzato i prelievi fiscali, ha fatto saltare ogni speranza di federalismo (si pensi alla vicenda dell'IMU), ha colpito duramente il sistema previdenziale? Alla fine è prevalsa l'unica linea possibile e cioè quella della separazione dal PdL e la collocazione all'opposizione, con un indubbio successo di Maroni nella lotta interna, ma anche con il riconoscimento (seppure tardivo) dello stesso Bossi che diversamente non si poteva fare. Per questo oggi Bossi grida nelle piazze che alle elezioni si va da soli, e così fanno gli altri dirigenti della Lega. L'obiettivo è di conquistare il ruolo di prima forza del nord nelle amministrative, anche a scapito della rinuncia a un ruolo di governo in diverse amministrazioni locali. Il punto è capire se tale scommessa è alla portata della Lega? Se cioè sia essa in grado di intercettare un pezzo del consenso dei delusi del centro destra e anche di quanti, pur gravitando sul centro sinistra, mal sopportano la politica del governo Monti. Se ciò avvenisse, molte amministrazioni verrebbero comunque perse, ma la Lega avanzerebbe elettoralmente. Vi sono speranze che ciò avvenga? Il punto di massimo dei consensi elettorali della Lega si è collocato – a stare ai sondaggi – nel gennaio del 2011, periodo nel quale era stimata intorno al 13%. Oggi oscilla intorno al 10%. La rimonta, quindi, ancora non c'è stata. Ci sarà ora con le amministrative? E' perlomeno dubbio per almeno due ragioni. La prima è che l'opposizione al governo Monti e alle politiche di austerità non è priva di difficoltà per un partito che nella sua recente esperienza di governo ha condiviso politiche ugualmente ispirate a logiche liberiste. La seconda è che la rivendicazione della difesa delle comunità locali contro il disegno centralista è anch'essa scarsamente efficace nel momento in cui la Lega presenta con il governo Berlusconi un bilancio molto magro sul fronte della difesa dell'autonomia locale e del federalismo. Si pensi alla partita dei servizi pubblici locali o al taglio dei trasferimenti agli enti locali. Ed è per questo che Bossi di fronte a questa necessitata nuova collocazione politica introduce alcune accentuazioni e cautele tattiche. In primo luogo, cavalca l'identitarismo padano nutrendolo, come al solito, di spacconeria e radicalismi vari, per rinsaldare lo spirito di corpo in un partito in difficoltà. In secondo luogo, si riserva la possibilità di accogliere delle "eccezioni" rispetto alla linea della presenza solitaria nelle elezioni locali, tenue filo di collegamento con il PdL, utile al fine di ridurre le perdite nei governi locali. Né poteva mancare la prova di forza con Tosi, operazione debole in sé e impopolare nella Lega, ma funzionale a rinsaldare, o tentare di farlo, una leadership ormai precaria.
*Resp. Naz. Democrazia e Istituzioni (12 Marzo 2012)