di Yousef Salman

Martedì 23 ottobre, il professor Hanna Nasser, Presidente della Commissione Nazionale delle Elezioni, ha annunciato i risultati delle elezioni amministrative in Cisgiordania del 20 ottobre. Organizzate solo in Cisgiordania per il rifiuto di Hamas di svolgerle anche a Gaza. Alle elezioni  hanno partecipato tutte le organizzazioni dell'Olp: Fatah, il Fronte Popolare, il Fronte Democratico, Al Mubadarah. Hamas ufficialmente ha boicottato le elezioni, per le ragioni che tutti noi conosciamo: eventuali nuove elezioni possono far perdere Gaza ad Hamas, determinando la sua fine politica.

Hamas le ha quindi boicottate, ma praticamente ha fatto di tutto per far sentire la sua voce, attraverso l'appoggio intestino alle liste degli indipendenti o le varie tribù e famiglie (anti Fatah).

La convocazione delle elezioni è un diritto dei cittadini, politico e istituzionale, è un diritto che tutti i palestinesi devono difendere e rivendicare, ancor più oggi a due anni dalla scadenza di tutti gli incarichi istituzionali, dal governo alla presidenza. La mancata organizzazione delle elezioni avrebbe voluto dire sottostare al ricatto di Hamas, che più di una volta negli ultimi anni ha imposto la sua volontà per mantenere il vantaggio avuto a Gaza nelle passate elezioni, non consentendo così ai cittadini palestinesi di potersi esprimere democraticamente, nel timore stavolta di un ben diverso risultato che non li premierebbe.

Le elezioni in Cisgiordania del 20 ottobre sono state difficili, svolte in un momento difficile e particolare per la Palestina. Organizzarle è stato però anche un atto necessario e ci ha liberati da una serie di ostacoli e da una pratica politica dannosa e pericolosa per la causa palestinese. Fatah si trovava tra l'incudine e il martello: non farle voleva dire correre dei rischi: essere per sempre prigionieri del ricatto di Hamas, tenere per sempre il vuoto politico-legislativo e privare i centri e i cittadini palestinesi di molti diritti e servizi necessari per i vari aspetti della vita quotidiana; organizzarle voleva dire correre altri rischi: confermare e approfondire le divisioni interpalestinesi.

Organizzare delle elezioni in una situazione come quella palestinese, sotto occupazione e dove il processo di pace con lo Stato israeliano è bloccato dalla politica coloniale dei governanti israeliani, all'ombra della crisi economica serrata che dagli Usa e dai Paesi suoi alleati dilaga in tutto il mondo e tocca anche la Palestina, con in più il rifiuto di Hamas a qualsiasi accordo interpalestinese e il peso e il ruolo che hanno giocato i rapporti interfamiliari nella politica locale: tutti questi fattori hanno influenzato le posizioni all'interno di Fatah, da sempre sotto un duro e pesante attacco, e sotto enormi pressioni esterne e interne. Sono stati questi i fattori essenziali che hanno determinato la nascita di spaccature e  divisioni nel corpo dello storico e grande Movimento palestinese. Nonostante tutti questi problemi abbiamo voluto rischiare, conducendo questa nuova sfida per far svolgere queste elezioni e dando quindi la giusta possibilità al popolo palestinese in Cisgiordania di esprimere la sua volontà.

Più del 55% degli aventi diritto ha espresso, attraverso lo scrutinio segreto delle urne, il suo voto: 69 importanti comuni su 93 sono stati vinti da Fatah (41 comuni sono stati vinti dalla lista ufficiale di Fatah e gli altri 46 dalle liste non ufficiali o da alleanze di Fatah con altre organizzazioni). Fatah si è aggiudicata 222 su 272 consigli di villaggi e piccoli centri senza procedere alle elezioni (per mancanza di altre liste). Fatah attraverso le liste ufficiali, quelle non ufficiali e attraverso anche i suoi  “ribelli” (rientrati tutti oggi), praticamente ha ottenuto più dell'80% dei voti (area Fatah).

La lista di Fatah capeggiata dalla professoressa Vera Baboun, ottenendo 10 seggi su 15, ha strappato il Comune di Betlemme al Fronte popolare (2 seggi). A Hebron, roccaforte degli islamisti, Fatah ha strappato il Comune (9 seggi), contro gli indipendenti appoggiati dagli islamisti e le sinistre (6 seggi). Il segnale più triste di questa tornata elettorale è il fallimento delle organizzazioni della sinistra palestinese (il Fronte Popolare a Jenin  zero seggi, un seggio a Nablus e 2 a Betlemme). La sinistra palestinese ha perso un'occasione: non ha saputo sfruttare questi tempi di crisi fra Fatah e Hamas per crescere e rappresentare un peso e una speranza nel mondo palestinese. Ma evidentemente non hanno convinto il popolo palestinese.

Il Presidente Abu Mazen, ha espresso la sua soddisfazione per la tornata elettorale, dichiarando al seggio di El Bireh: “Non esiste modo per governare se non attraverso la democrazia e le urne elettorali”. Ha inoltre detto: “Spero di poter concludere un accordo con Hamas per organizzare al più presto le elezioni presidenziali e legislative in tutta la Palestina”.

A prescindere da tutti i risultati, Fatah ha di nuovo dimostrato di poter essere una garanzia e una speranza per il popolo palestinese. Ora abbiamo il dovere morale e politico di rinnovarci e organizzarci per le prossime battaglie che dovremo affrontare e condurre, particolarmente quella politica, che affronteremo il prossimo mese a New York, nel seno dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per il Riconoscimento dello Stato di Palestina come Stato non membro (la votazione è prevista verso la metà di novembre).

Oggi, dopo la conclusione di questa tornata elettorale, la nostra attenzione e tutti i nostri sforzi devono essere non tanto verso il risultato elettorale - che pure ci soddisfa e che è stato un passaggio importante per la democrazia interna - ma verso il destino della causa palestinese e l'unità dei palestinesi. Yasser Arafat ha sempre affermato: “l'Unità Nazionale è la roccia sulla quale si romperanno e falliranno tutti i complotti dei nemici del popolo palestinese, è la garanzia del sogno e del futuro della Palestina” e aveva pienamente ragione Mr. Palestine!

Ora, oggi, il nostro primo dovere è insistere sulla strada della riconciliazione nazionale per far nascere un governo d'unità nazionale con l'obiettivo di indire nuove elezioni politiche-parlamentari e presidenziali, dando la parola decisiva al popolo sovrano. Solo allora potrà esserci la vera Festa della sperata Palestina libera, laica e democratica.

 

Yousef Salman

Segretario Al Fatah Italia

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