Intervista a Dimitri Vayanos di Federico Simonelli
«Questi prestiti sono un po’ come un’aspirina per curare il cancro». Ha le idee piuttosto chiare Dimitri Vayanos, sull’effi - cacia di quei 31 miliardi di euro che l’Euro - gruppo di oggi, forse, accorderà alla Grecia. L'economista della London School of Economics, tra i fondatori del movimento Greek economists for reform, quasi chiede scusa mentre parla dello stato di salute dell'economia del suo Paese «Mi dispiace suonare così pessimista, ma la situazione è proprio brutta. E se la recessione procede a questo ritmo, i prestiti saranno sempre meno efficaci».
Vayanos non è l’unico a pensarla così, ma Atene di quei soldi ha bisogno come l'aria, perché in cassa non ha più un centesimo. Per ora ha preso tempo con una emissione straordinaria di titoli di Stato, ma all'ombra del Partenone tutti guardando alle trattative che oggi si tengono a Bruxelles. Le speranze sono per un ok all'ultima tranche di prestito, e per un accordo almeno parziale sull'allungamento dei tempi per portare il rapporto debito/Pil al 120%, dal 2020 al 2022. La distanza tra i membri della Trojka e all'interno dell'Unione tuttavia è massima. Un ginepraio, in cui alla fine a rimetterci sono i cittadini greci, ormai tornati a standard di vita da immediato dopoguerra. Professore pensa che ci sia una strategia a breve termine per salvare la Grecia? Alla Grecia servono strategie a lungo, non a breve termine. Le cose non funzionano, la situazione nel Paese continua a peggiorare. Il Pil è calato del 25% e l'anno prossimo le previsioni sono di un ulteriore calo del 4- 5%. La disoccupazione è oltre il 25%. Qui stiamo parlando di una grande depressione, non di una semplice crisi. Tutto questo sta colpendo la società in maniera pesantissima: un quarto della popolazione è sotto la soglia di povertà, crescono populismo ed estremismo, il partito fascista Alba doratanei sondaggi è terzo a livello nazionale. Tutto questo impone un ripensamento dell'approccio assunto dalla Trojka composta da Fmi, Unione europea e Bce.
Che tipo di cambiamento?
Concentrarsi sulle riforme invece che sull'austerità e poi riduzione del debito. Partiamo dal primo punto. Nonostante le riforme siano state menzionare nei memorandum internazionali, l’enfasi è stata tutta posta sul rigore e sul raggiungimento degli obiettivi fiscali. Alcune delle riforme proposte dalla Trojka erano serie, ma non sono state monitorate e i politici greci non le hanno messe in pratica.
Un esempio?
Riforma del sistema di raccolta fiscale, per esempio. Adesso è tutto in seno al ministro delle Finanze, con un direttore di nomina politica che cambia ogni volta che cambia ministro e un apparato molto protetto di assunti che sono lì da una vita. L’Fmi propose un'agenzia sul modello dell'Internal Revenue Service americano, con un capo di nomina governativa, ma con voto parlamentare, e uno staff assunto con contratti a breve termine, che non viene rinnovato se non raggiunge gli obiettivi fissati. Il governo greco non ne ha voluto sapere e la Trojka non ha insistito. Se avessero insistito, ora l'evasione fiscale sarebbe molto minore.
Il debito. Crede che sarà inevitabile un altro taglio? Ci sono grandi resistenze a livello internazionale...
Un taglio è inevitabile, il debito è insostenibile, l'anno prossimo saremo al 190% del Pil. Non sarà mai ripagato. E con il Pil che si contrae ai ritmi che dicevo prima questo rapporto aumenterà ulteriormente. La Germania e altri Paesi europei sono contrari. Pensano: se tagliamo il debito questi non rispetteranno gli impegni. Ecco, io credo che ciò non sia vero. Con alcuni colleghi l'anno scorso abbiamo pubblicato una proposta: taglio graduale del debito condizionato alle riforme. Vi dimezziamo il debito da qui al 2020, per dire, solo se viene creata un'agenzia fiscale indipendente, se viene riformato il sistema giudiziario e vengono liberalizzate alcune professioni. Obiettivi
specifici con chiari paletti temporali da rispettare. E crede che i leader europei accetterebbero una proposta del genere?
Allora la pubblicammo sul principale quotidiano greco, Kathimerinì , e non venne considerata. Una decina di giorni fa questa stessa proposta era il succo di uno degli editoriali dell ’Economist . Non perché l'abbiano copiata da noi, ma perché in passato è già stato fatto, con alcuni Paesi africani. Il programma si chiamava Hipc (Heavily Indebted Poor Countries, ndr), ed era pensato dall'Fmi. Se le riforme proposte sono ragionevoli e utili può funzionare. Ma il fatto è che per la Grecia non c’è più molto tempo.
Pubblico - 20.11.12